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Dall'Ispra un database per scoprire dove si trovano le materie prime critiche del nostro Paese
Il sottosuolo italiano abbonda di materiali, anche “critici”, essenziali alla realizzazione della transizione energetica. L’obiettivo della Banca dati è di mappare i vari giacimenti presenti nel nostro Paese. 1/8/24
L’Italia fa un passo avanti verso la valorizzazione delle materie prime critiche (mpc), ovvero i metalli necessari per realizzare la transizione ecologica e digitale, presenti sul territorio nazionale. Pochi giorni fa l’Ispra ha presentato a Roma il database “GeMMA - Geologico, Minerario, Museale, Ambientale V. 1.0”, che ha la funzione di “armonizzare i dati minerari pregressi relativi a tutti i giacimenti coltivati in passato e i risultati delle varie campagne di ricerca, nazionali e locali, con un particolare focus sulle materie prime critiche”. All’evento ha partecipato anche Vannia Gava, viceministra dell’Ambiente e della sicurezza energetica: “L’obiettivo del governo e del Mase”, ha affermato, “è colmare il gap dell’approvvigionamento sostenibile delle materie prime critiche, anche semplificando gli iter autorizzativi”.
Il database evidenzia che in Italia sono ancora attive 76 miniere, di cui 22 estraggono materiali che fanno parte della lista di 34 mpc identificate dall’Ue all’interno del Critical raw materials act. Il documento, adottato dalle istituzioni europee l’11 aprile di quest’anno, impone agli Stati membri di elaborare dei programmi minerari nazionali la cui funzione è di mappare i giacimenti di risorse minerarie presenti nei territori e fornire tutte le informazioni necessarie per il loro sfruttamento, al fine di diminuire la dipendenza dell’Unione dalle importazioni di materie prime, soprattutto di quelle critiche. In seguito all’adozione di questo atto, con il decreto legge 84/2024 “Disposizioni urgenti sulle materie prime critiche di interesse strategico”, convertito in legge dal Parlamento solo pochi giorni fa, il governo ha dato a Ispra il compito di realizzare questo programma per quanto riguarda il territorio italiano.
L’estrazione di materie prime critiche può diventare sostenibile?
Il Rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, oltre a sottolineare la crescita della domanda di minerali necessari alla transizione energetica, suona l’allarme per la mancata diffusione nel settore dei criteri Esg. 4/9/23
La carta mineraria d’Italia
Il database GeMMA è un ponte tra il passato minerario italiano e il futuro dell’industria green europea. Infatti, per molti decenni nel nostro Paese erano attive centinaia di cave e miniere, che durante la fine dello scorso secolo sono state progressivamente chiuse, soprattutto per mancanza di redditività e per ragioni di salute pubblica e inquinamento ambientale. Il lavoro di Ispra è stato quindi di ricostruire, sulla base di documenti precedenti, la mappa delle miniere ormai chiuse, per valutare la possibilità di riapertura, ma anche di sondare i luoghi dove sono presenti depositi non ancora sfruttati. Per esempio, lungo la dorsale vulcanica tosco-laziale-campana sono presenti giacimenti di litio, un materiale fondamentale per la costruzione di batterie di ultima generazione. A oggi, però, le uniche due materie prime critiche che vengono estratte nel nostro Paese sono il feldspato (essenziale per la produzione industriale di ceramiche) e la fluorite, che viene invece usata nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.
Rifiuti estrattivi
Le risorse non sono però presenti unicamente nel sottosuolo, ma possono invece essere riciclate dagli scarti delle pregresse attività minerarie “lasciate in eredità”. Si tratta di rifiuti estrattivi, per una quantità pari a 150 milioni di metri cubi, spesso depositati in strutture fatiscenti, che mettono a rischio l’ambiente e le popolazioni circostanti. Nel portale del database GeMMA viene specificato che gran parte di questi scarti inquinanti “sono metalli che appartengono alle materie prime strategiche” e il cui recupero può sia risolvere un problema ambientale che generare un ritorno economico.
Le risorse nei fondali marini
Il lavoro di ricerca portato avanti dall’Ispra traccia anche delle stime sulla possibile collocazione dei giacimenti sottomarini. L’estrazione di metalli dai giacimenti marini, il cosiddetto deep sea mining, è però regolata da un quadro giuridico internazionale che lo rende sfavorevole, soprattutto per questioni legate all’inquinamento delle acque.
Gli accordi internazionali che limitano lo sfruttamento delle risorse sottomarine rischiano però di essere ridimensionati. In questi giorni, a Kingston in Giamaica, nel corso della 29esima sessione dell’Assemblea e del Consiglio della International seabed authority (Isa), gli Stati stanno discutendo di una possibile autorizzazione del deep sea mining in acque internazionali. Il Wwf, per mantenere alta l’attenzione su questo tema, ha lanciato una campagna per chiedere una moratoria.