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L’estrazione di materie prime critiche può diventare sostenibile?
Il Rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia, oltre a sottolineare la crescita della domanda di minerali necessari alla transizione energetica, suona l’allarme per la mancata diffusione nel settore dei criteri Esg. 4/9/23
Per raggiungere gli obiettivi fissati dagli accordi di Parigi e la neutralità climatica nel 2050, sarà necessario un aumento considerevole del volume di materie prime critiche estratte, essenziali per costruire pannelli fotovoltaici, batterie, e altri strumenti legati alla transizione energetica. Ma il settore di estrazione mineraria e metallifera, in crescente evoluzione, riuscirà a rispondere ai criteri Esg (environmental, social and governance)? Questa è una delle domande a cui prova a rispondere il rapporto “Critical minerals market review 2023”, pubblicato a luglio dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea). Il documento, che disegna una panoramica sull’andamento dell’estrazione di materie prime critiche necessarie per una serie di tecnologie energetiche pulite, riporta anche un’analisi sugli impatti causati dall’industria mineraria e sulla sua effettiva capacità nel rispondere positivamente ai criteri Esg.
Il rischio è che il fallimento della gestione delle conseguenze sull’ambiente e sui diritti umani procurate dall’estrazione di materie prime critiche possa causare “profonde implicazioni per la transizione energetica, oltre che per l’ambiente e per le comunità residenti in prossimità dei giacimenti minerari”.
Le iniziative delle principali aziende estrattive a livello mondiale
Come viene riportato nel documento, il settore dell’estrazione mineraria e metallifera è comunemente associato a prestazioni negative per quanto riguarda i criteri Esg, tra cui “violazioni dei diritti umani, coinvolgimento in conflitti armati, inquinamento dell’ambiente, deforestazione e altre tipologie di danni”.
Per rimediare a questa situazione, alcune aziende estrattive di caratura mondiale, come per esempio Bhp, Glencore e Rio Tinto, hanno promesso di impegnarsi per raggiungere un livello di emissioni nette zero nel 2050 in tutte le loro attività e di “migliorare le informazioni pubbliche relative ai criteri Esg”, oltre a promuovere una forza lavoro diversificata e inclusiva e a ridurre il numero di infortuni sul lavoro. Inoltre, molte compagnie estrattive stanno cominciando a pubblicare i loro rapporti di sostenibilità ambientale, al cui interno sono contenute informazioni sulla quantità di gas a effetto serra emessi, sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori e su altri aspetti legati ai criteri Esg come il consumo di acqua, l’inquinamento dell’aria, la parità di genere. Ciononostante moltissime aziende non redigono alcun tipo di rapporto di sostenibilità.
Inoltre, per meglio dimostrare il loro coinvolgimento nel rispetto dei criteri di sostenibilità, molte compagnie stanno aderendo ad alcuni standard verificati da parti terze, come per esempio Towards sustainable mining (Tsm) e Initiative for responsible mining assurance (Irma), iniziative che negli ultimi anni si sono diffuse nel settore.
Le criticità legate alle iniziative delle aziende
Come viene affermato nel Rapporto, gli sforzi fatti dalle compagnie internazionali impegnate nell’estrazione di materie prime, tra cui anche le materie prime critiche, potrebbero non essere sufficienti. Per esempio, il documento sottolinea che “solitamente i dati vengono aggregati a livello aziendale, combinando informazioni relative a risorse minerarie diverse ed estratte in regioni del mondo diverse”. Risulta quindi difficile isolare le informazioni relative solamente ai minerali necessari alla transizione energetica, perché le aziende che estraggono unicamente questi ultimi sono molto poche, mentre le altre tendono a realizzare calcoli di impatto dove le implicazioni legate alle materie prime critiche vengono diluite all’interno delle informazioni relative a materie prime ad alto volume, come il minerale di ferro o il carbone.
Infine, come viene sottolineato dalla Iea, nonostante siano stati fatti progressi da parte delle 20 compagnie estrattive più importanti al mondo per quanto riguarda tematiche come gli investimenti comunitari, la sicurezza sul lavoro e la parità di genere, per molti altri aspetti i progressi sono stati molto più lenti. Questo riguarda soprattutto gli ambiti ambientali: per esempio le emissioni di gas a effetto serra rimangono molto alte, e tendono a rimanere di uguale volume anno dopo anno. Il consumo di acqua, dal 2018 al 2021, è invece raddoppiato, mentre la quantità di rifiuti generata dal settore era, nel 2021, di poco inferiore alle 5 gigatonnellate, poco di meno rispetto al 2018.
Investitori e start-up puntano sul riciclo
Una delle soluzioni messe in campo per rendere più sostenibile il settore dell’estrazione di materie prime è quella del riciclo, un segmento sul quale l’Europa è storicamente molto debole. Lo scorso anno, le start-up che hanno deciso di puntare sull’innovazione nel settore delle materie prime critiche hanno attratto investimenti per un totale di 1,6 miliardi di dollari statunitensi e, tra questi, più di 500 milioni di dollari sono stati collocati nella ricerca di nuovi metodi di riciclaggio. Le start-up europee sono riuscite a raccogliere fondi rilevanti per gli elementi delle terre rare, il riutilizzo delle batterie e la fornitura di materiale per le batterie.
di Milos Skakal