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Povertà: invertire rotta o 69 milioni di bambini sotto i cinque anni moriranno entro il 2030
I dati presentati dall'Unicef nel Rapporto annuale "La Condizione dell’Infanzia nel Mondo 2016 - La giusta opportunità per ogni bambino" mostrano che sebbene la situazione negli ultimi 25 anni sia migliorata, al centro dell'emergenza rimangono spose bambine, istruzione e conflitti armati.
Entro il 2030 tutti i Paesi insieme dovranno affrontare le maggiori cause di povertà nei bambini nel mondo per non arrivare alla drammatica proiezione dell'Unicef: 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno per cause facilmente prevenibili, 60 milioni di piccoli in età scolare saranno esclusi dalla scuola e 750 milioni di donne si saranno sposate da bambine.
Sono questi i dati presentati dall'Unicef il 28 giugno nel Rapporto annuale "La Condizione dell’Infanzia nel Mondo 2016- La giusta opportunità per ogni bambino".
La situazione è globalmente progredita e negli ultimi 25 anni molti passi avanti sono stati fatti grazie alla cooperazione e collaborazione internazionale: si pensi alla mortalità infantile sotto i cinque anni dimezzata e in alcuni Paesi ridotta a un terzo e di quella materna calata del 43%, o ai programmi di vaccinazione che hanno ridotto dell'80% i decessi per morbillo tra il 2000 e il 2014, salvando 1,7 milioni di vite.
Nonostante ciò, a livello globale le disparità che tutt'ora si registrano non devono far diminuire l'attenzione si queste emergenze umanitarie.
La zona nel mondo dove il quadro è più tetro è quella dell'Africa Subsariana, dove le donne corrono un rischio di mortalità materna nel corso della loro vita pari a 1 su 36, mentre negli stati ad alto reddito il rapporto è di 1 su 3.300.
In questa regione almeno 247 milioni di bambini, due su tre, vivono in condizioni di povertà multidimensionale: gli manca cioè la base di cui avrebbero bisogno per sopravvivere e svilupparsi.
E le prospettive delineate nel Rapporto a partire dalle tendenze attuali non sono più rosee. Metà delle morti tra 0 e 5 anni per cause prevenibili avverranno qui, si parla di circa 69 milioni di bambini per il periodo 2016-2030; saranno africani oltre la metà dei 60 milioni di bambini in età da scuola primaria che non potranno ricevere un'istruzione e il 90% di tutti i bambini in condizioni di estrema povertà abiteranno proprio nel continente africano.
Da sottolineare la relazione che l'Unicef stabilisce tra studi effettuati, condizione economica personale e ricchezza di un Paese. Infatti in media ogni anno di scuola in più per un bambino significa, da adulto, in un incremento del 10% della retribuzione e addirittura per ogni anno di scuola in più completato dai suoi ragazzi, il tasso di povertà di quel Paese diminuisce del 9%.
La situazione si aggrava da questo punto di vista nei Paesi in guerra, in cui ad esempio le bambine soffrono una probabilità 2,5 volte superiore di dover abbandonare la scuola rispetto alle coetanee che vivono in ambienti pacifici.
Preoccupanti le situazioni in Yemen, Siria, Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Iraq e Nigeria. In quest'ultimo Paese tra il 2012 e il 2015 il gruppo armato Boko Haram ha rapito centinaia di donne e ragazze, ucciso 314 bambini e 600 insegnanti nelle scuole.
"Non garantire eque opportunità a centinaia di milioni di bambini significa ben più che mettere a rischio il loro futuro. Significa alimentare i cicli di svantaggio intergenerazionale, mettendo in pericolo il futuro di intere società", commenta Anthony Lake, Direttore dell’Unicef, "Oggi siamo di fronte a un bivio: o investiamo per questi bambini adesso, oppure contribuiremo a rendere il nostro mondo ancora più diseguale e diviso".
di Elis Viettone