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Europa centrale: l’ondata di calore del 2018 la peggiore di sempre per le foreste
La siccità estrema di due anni fa ha avuto un impatto senza precedenti sugli ecosistemi forestali, rivela uno studio internazionale diretto dall’Università di Basilea. Danneggiate anche le specie arboree considerate più resistenti. 30/7/20
L'Europa centrale nel 2018 ha vissuto una delle più gravi e durature siccità estive mai registrate, superando per impatti anche quella del 2003, anno spesso preso a esempio per aver ospitato “la peggior siccità” di sempre nella zona. Un nuovo record, dunque, che diventa di diritto “l’evento siccitoso più grave in Europa degli ultimi 500 anni”. A sostegno di questa tesi arrivano i primi dati dello studio “A first assessment of the impact of the extreme 2018 summer drought on Central European forests”, pubblicato alla fine di giugno su “Science direct”.
Il lavoro effettuato dal team di ricerca conferma che l’estate di due anni fa è stata “climaticamente più estrema” e ha avuto un impatto maggiore di quella del 2003 sugli ecosistemi forestali europei, in particolare su quelli di Austria, Germania e Svizzera. Lo studio internazionale, unico nel suo genere, è stato diretto dall'Università di Basilea e dimostra che le ondate di calore hanno colpito così duramente tanto da far soffrire anche le specie arboree più resistenti alla siccità, come faggi, pini e abeti d'argento.
Parte dell’analisi è stata effettuata nel sito di ricerca Svizzero “Canopy Crane II” di Basilea dove sono state portate avanti alcune indagini per comprendere in che modo gli alberi alberi vengono colpiti dalla mancanza di acqua, al fine di contrastare le conseguenze dei cambiamenti climatici grazie a misure di gestione forestale mirate. In genere, gli alberi tendono a perdere molta acqua dalle loro superfici, quando inizia a finire il serbatoio d’acqua presente nel terreno alla pianta rimane poco tempo per sopravvivere, fino a quando non si arriva alla disidratazione cellulare e quindi alla morte dell’albero. In seguito all’ondata di calore del 2018 molti alberi non hanno più generato nuovi germogli, a dimostrazione che questi risultavano parzialmente o totalmente morti. “L’abete rosso è stato fortemente colpito da questo periodo siccitoso”, ha affermato Ansgar Kahmen, ricercatore a capo dello studio, “ma è stata una sorpresa per noi che anche il faggio, l'abete d'argento e il pino siano stati danneggiati in modo significativo”. Il faggio, in particolare, era stato fino a questo momento ritenuto come "l'albero del futuro", poiché capace di resistere a condizioni climatiche estreme.
Secondo gli ultimi dati forniti dagli scienziati, le precipitazioni in Europa sono destinate a diminuire di addirittura un quinto entro il 2085. D’altro canto, eventi estremi siccitosi e ondate di calore saranno sempre più frequenti. “Per questo motivo una riprogettazione delle nostre foreste è quanto mai necessaria”, ha sostenuto Kahmen. “Spesso si spinge per la creazione di boschi misti, che certamente hanno molti vantaggi ecologici ed economici. Ma non è ancora chiaro se questi siano anche più resistenti alla siccità, dobbiamo ancora studiare quali combinazioni di specie di alberi siano più efficaci nel combattere tale fenomeno”.
Infine lo studio evidenzia che per approfondire questi impatti c’è bisogno di ulteriore tempo, dato che è “difficile trarre conclusioni per il futuro” sui danni che subiranno i nostri ecosistemi forestali per via di un clima sempre più caldo. Un aiuto potrebbe arrivare dalle rilevazioni satellitari, capaci di rintracciare la mortalità degli alberi su scala ridotta, per rispondere alla fondamentale domanda: “quali specie di alberi sono state pesantemente colpite, quando, in quali luoghi e quali sono sopravvissute senza danni?”. Un sistema di rilevazione del genere esiste già in alcune regioni degli Stati Uniti, “tuttavia l’Europa centrale è ancora priva di questa tecnologia”.
di Ivan Manzo