Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Luisa Leonzi
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Spazio civico sotto pressione: il nuovo allarme globale e il declassamento dell’Italia

Secondo Civicus Monitor solo 39 Paesi su 198 nel mondo garantiscono piena libertà. Il nostro Paese penalizzato per il Decreto Sicurezza, le restrizioni al diritto di protesta e la limitazione dell’attività giornalistica. 17/12/25

mercoledì 17 dicembre 2025
Tempo di lettura: min

Il quadro globale delle libertà democratiche continua a deteriorarsi. Lo rileva il rapporto annuale di Civicus Monitor, piattaforma di ricerca che valuta l’andamento di 198 Paesi e territori, assegnando a ciascun Paese un punteggio da 0 a 100 sulla base di segnalazioni verificate di violazioni, proteste represse, censura, detenzione di attivisti e limitazioni alla libertà di associazione.

Lo studio segnala un peggioramento in 18 Paesi rispetto allo scorso anno. Di questi, 15 Paesi hanno registrato un vero proprio declassamento di categoria, con Burundi e Sudan che scivolano nella categoria più grave di “spazio civico chiuso” e Madagascar che passa a “represso”. Nel complesso emerge una tendenza strutturale: solo 39 Paesi su 198 presentano oggi uno spazio civico “aperto”, mentre 83 sono classificati come “repressi” o “chiusi”, con una repressione sistematica delle libertà fondamentali. In termini demografici, oltre il 73% della popolazione mondiale vive in Paesi con spazio civico ristretto, e quasi il 31% in contesti dove è completamente chiuso. La quota di popolazione risiede in Paesi con spazio civico aperto o solo parzialmente limitato è scesa al 7,2%, in calo di 7,5 punti percentuali rispetto al 2024.


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Italia declassata

All’interno di questo scenario l’Italia viene declassata a “spazio civico ostruito”, quello in cui i diritti fondamentali di espressione, associazione e protesta risultano fortemente condizionati da restrizioni legali e pratiche. L’Italia si affianca così a 39 Paesi nel mondo, tra cui Ungheria, Brasile e Sudafrica, che condividono lo stesso livello di valutazione. Alla base del declassamento un insieme di scelte politiche e normative che secondo il Rapporto hanno inciso in modo diretto sui diritti di protesta e sulla partecipazione civica. Centrale è l’approvazione del nuovo “Decreto sicurezza” nel giugno 2025 nonostante le proteste di sindacati, organizzazioni per i diritti umani e manifestazioni diffuse nel Paese. Il pacchetto normativo introduce nuovi reati, inasprisce le pene per la disobbedienza civile non violenta e amplia i poteri di intervento e sorveglianza delle forze di polizia. Secondo Civicus, il risultato è un sistema sanzionatorio particolarmente severo. Il blocco del traffico può comportare fino a due anni di carcere, mentre le proteste contro progetti infrastrutturali possono essere punite con pene fino a sette anni. La resistenza o l’aggressione a un pubblico ufficiale può arrivare fino a vent’anni di reclusione. Anche forme di protesta non violenta, come la resistenza passiva in carcere o nei centri di accoglienza per migranti, sono ora oggetto di sanzioni più dure, così come l’occupazione di edifici legata a mobilitazioni contro gli sfratti.

Secondo il Rapporto, le mobilitazioni per il clima, contro la guerra e per il diritto alla casa hanno incontrato risposte sempre più ostili, che vanno dagli arresti fino all’uso della violenza. Le manifestazioni di solidarietà con la Palestina sono state etichettate come estremiste e liquidate con dichiarazioni pubbliche che ne hanno delegittimato le motivazioni. Parallelamente, giornalisti e attivisti risultano esposti a un clima di crescente pressione. Il Civicus Monitor segnala l’uso di azioni legali abusive, procedimenti penali e campagne diffamatorie nei confronti di chi critica il governo o svolge attività di monitoraggio e denuncia. A questo si aggiungono i rapporti emersi nel febbraio scorso sull’uso dello spyware Graphite, uno strumento di sorveglianza di livello militare venduto esclusivamente ai governi, utilizzato, secondo le ricostruzioni, per monitorare oppositori e critici dell’esecutivo, tra cui giornalisti investigativi e difensori dei diritti umani.

Il quadro europeo

Anche Francia, Germania sono state declassate da “spazio civico limitato” a “ostruito”, segnalando un ambiente sempre più complesso per l’azione della società civile. Nello stesso contesto, Georgia e Serbia scendono nella categoria “represso”, mentre la Svizzera passa a “limitato”. Secondo il Rapporto, particolarmente a rischio in Europa è il diritto di protestare, tra detenzioni, disordini e uso eccessivo della forza da parte delle forze di polizia.


Scarica il Rapporto

 

Copertina: Ansa

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