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La cooperazione italiana allo sviluppo necessita di un cambio di paradigma
Porre gli SDGs al centro delle politiche per abbracciare le nuove sfide in maniera integrata, coinvolgere le imprese, costruire società resilienti e rinnovare la raccolta e l’utilizzo dei dati. Ecco quanto emerso al convegno degli esperti di cooperazione.
“Accettare la sfida della complessità degli SDGs è un passo culturale difficile, ma è ciò a cui siamo chiamati”. Queste le parole del Portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini lo scorso 25 settembre in occasione del secondo meeting annuale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Il meeting è proseguito nei giorni successivi per trattare altri importanti temi come il ruolo della cooperazione nell'ambito della migrazione, il sistema contabile dell'Aics, le linee di programmazione dell'Agenzia e la trasparenza, concludendosi il 29 settembre. “Il mondo ha fatto dei progressi incredibili, eppure continuiamo ad essere sullo scenario business as usual. C’è un altro modo di guardare al futuro? Sono gli SDGs, un modo forse non per risolvere il problema, ma sicuramente uno strumento per affrontarlo in maniera diversa”, ha affermato Enrico Giovannini, invitando i partecipanti a integrare tutti gli SDGs nelle loro politiche, e non solo il Goal 17 “Partnership per gli Obiettivi”.
A seguito dell’introduzione del Direttore dell’Aics Laura Frigenti, del Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione Stefano Battini e del Vice-Direttore della Direzione Generale della Cooperazione Internazionale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luca Maestripieri, sono intervenuti due esperti: Simon Maxwell, Senior Research Associate dell’Overseas Development Institute, sul tema “Uno sviluppo disuguale e insostenibile? Nuovi attori, nuovi trend, nuovi pericoli”, ed Enrico Giovannini, con l’intervento dal titolo “Portare l’Italia su un sentiero di sviluppo sostenibile: utopia o dovere?”.
Al centro del convegno è stata posta la necessità di cambiare radicalmente l’approccio della cooperazione italiana allo sviluppo per abbracciare le nuove sfide in maniera integrata. “Dobbiamo fare delle politiche di cooperazione diverse”, ha affermato Laura Frigenti, evidenziando come l’Aics debba evitare di lavorare in silos, per assicurarsi che tutte le diverse componenti vadano nella direzione dello sviluppo sostenibile.
Tra le numerose sfide per il mondo, Maxwell ha segnalato quelle su cui occorre intervenire con tempestività. Le priorità sarebbero tre “mostri terribili” rappresentati dalle teste di Cerbero, il cane della mitologia greca: cambiamento climatico, globalizzazione e ripercussioni dell’automazione sul lavoro (fig. 1).
L’esperto ha evidenziato il ruolo del settore privato segnalando come i problemi possano essere affrontati cogliendo le opportunità. Ad esempio, la Cina per fronteggiare il cambiamento climatico ha investito molte risorse nei pannelli solari perché sapeva che la Germania li avrebbe acquistati. Infatti, le imprese hanno pienamente colto le nuove opportunità di business e stanno quindi molto avanti, come condiviso anche da Giovannini. Ecco perché è importante integrare il ruolo delle imprese e del privato nella cooperazione italiana, collaborando con le imprese più all’avanguardia sulle nuove sfide e istruendo quelle che sono ancora indietro.
Maxwell ha invitato anche a riflettere sulle ripercussioni della globalizzazione e dell’automazione sul lavoro. Il grafico (fig. 2) illustra il calo dell’occupazione nell’industria manufatturiera che ha colpito il Regno Unito dal 1995 al 2015, dovuto sia al primo fenomeno per via dell’importazione, sia all’utilizzo delle macchine, che possono portare a una riduzione del personale con basse competenze, aumentando tra l’altro le disuguaglianze sociali. E la situazione del Regno Unito riflette quella di gran parte dei Paesi nel mondo.
Maxwell ha concluso l’intervento invitando però a non mostrare solo il lato nero delle situazioni: si può presentare una questione sempre solo in maniera pessimistica, oppure talvolta comunicare con più ottimismo per illustrare i progressi raggiunti, come nel caso dell’Etiopia, Paese in cui grazie agli sforzi comuni si è riusciti a diminuire notevolmente la mortalità e il tasso di abbandono della scuola primaria.
Tra le altre tematiche al centro del convegno, la resilienza e la raccolta di dati. Giovannini ha evidenziato come il piano triennale per la cooperazione allo sviluppo abbia recepito gli SDGs ma, come suggerito anche nel nuovo Rapporto ASviS, bisogna lavorare su specifiche aree strategiche, mettendo al centro lo schema degli SDGs e la resilienza, intesa come capacità di reagire agli shock. “Dobbiamo accettare l’idea che il futuro è pieno di shock, non è possibile evitarli, quindi bisogna costruire società resilienti agli shock”, ha affermato il Portavoce dell’ASviS.
Ma come identificare le vulnerabilità su cui costruire la resilienza? La chiave è nella “Data Revolution”, secondo Giovannini: maggiore quantità e qualità rispetto alla raccolta e all’uso dei dati. Se l’Aics sviluppasse la capacità analitica riuscirebbe a cogliere meglio i punti deboli dei Paesi e comprendere se i Paesi con cui ha a che fare si stanno muovendo nella direzione giusta. Giovannini ha indicato tre possibili azioni trasformative a livello di governance per la cooperazione italiana:
- La coerenza delle politiche. È un problema presente nei Paesi in cui l’Italia opera all’estero, così come nel nostro stesso Paese. Da un lato, la cooperazione italiana può agire aiutando i Paesi in cui opera ad aumentare la coerenza delle politiche; dall’altro, serve coerenza tra le politiche italiane stesse, a partire dalle nuove Linee guida sullo sviluppo sostenibile di cui sia il Ministero dell’Istruzione, dell'Università e della Ricerca (Miur) che l’Aics vogliono dotarsi, affinché siano comuni.
- Sviluppare strategie per gestire i dati. La figura del Chief Data Officer, che secondo Giovannini sarebbe importante inserire, permette di definire strategie sulla gestione dei dati per capire ad esempio dove investire e su cosa lavorare. “Effettivamente dobbiamo costruire una capacità interna all’Agenzia di raccogliere i dati, analizzarli, taggarli e su quelli costruire la nostra pianificazione. La cooperazione non è un insieme di progetti alla rinfusa, ma deve basarsi su un’analisi accurata, perché questo impatta su come lavoriamo”, ha riflettuto Emilio Ciarlo dell’Aics sulla scia del dibattito. Altra possibile figura è quella del Data Scientist, che analizza e interpreta i dati, utilizzando sia quelli già disponibili che quelli che si possono raccogliere dalle nuove tecnologie. Non è possibile immaginare che ogni Paese si doti dei Big data, ma si potrebbero costruire dei centri regionali e modernizzare il sistema di raccolta dati, oltre a utilizzare nei Paesi all’estero database disponibili gratuitamente (come quello sugli SDGs).
- Valutare l’impatto ex-ante anziché ex-post. È importante non valutare l’impatto alla fine di un progetto, ma mentre lo si porta avanti. L’Aics potrebbe dotarsi di un Science Board esperto di foresight, per “anticipare le tendenze per valutare gli impatti anziché corrergli dietro”, come ha suggerito Giovannini.
In conclusione, una mattinata ricca di riflessioni e proposte di azione per la cooperazione, quella del meeting annuale dell’Aics. Spunti che si spera verranno colti, nello spirito condiviso da Giovannini: “io credo veramente che stiamo rischiando il collasso del mondo. Di fronte a questa consapevolezza non si può restare alla finestra”.
Di Flavia Belladonna