Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Luisa Leonzi
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Editoriali

Il paradosso del Natale perfetto: la serenità va ritrovata superando il dovere

Consumi, sprechi, aspettative. È il peso nascosto del periodo natalizio, che ogni anno ci travolge, tra corse e obblighi. Per ritrovarne il senso serve alleggerire: meno eccessi, più relazioni autentiche, semplicità e tempo lento. 11/12/25

Le persone stanno in fila alla cassa del supermercato con i carrelli pieni di panettoni, pandori, torroni, tranci di salmone. Le strade sono trafficate, c’è la corsa pazza alla ricerca dei regali. Soprattutto all’ultimo. Ci sono le famiglie che litigano per decidere se stare insieme il 24 o il 25. Ci sono le mille chiamate e i messaggi per organizzare tutto.

È l’atmosfera pre-natalizia che si respira ogni anno, generando stress e tensioni. Anche se questo 2025 si caratterizza per le preoccupazioni e le paure frutto dello scenario globale incerto e segnato dalle guerre. Certo, c’è anche il bicchiere mezzo pieno: finalmente la famiglia al completo (o quasi) che si riunisce, i bambini e le bambine gioiscono, si sta insieme. Il Natale è gioia, è condivisione. Ma è anche stress. E quello che ci stressa di più sono il consumismo e la necessità di rispondere alle aspettative di creare un Natale perfetto. Con conseguenze ambientali, ma anche per la nostra salute mentale.

Il Natale dovrebbe essere un tempo lento e invece, nonostante le buone intenzioni, ci risucchia in una frenesia collettiva. È una stagione che promette magia, ma spesso distribuisce stanchezza, come se l’incantesimo fosse diventato compito e il “fare festa” un dovere più che un desiderio. I regali vengono fatti spesso come obbligo anziché per piacere, con doni talvolta indesiderati perché poco pensati e magari capi di abbigliamento di cui non avevamo realmente bisogno che si aggiungono a tutti quelli che abbiamo già nell’armadio.

Come ci ricorda il Wwf, “dietro ogni nostro acquisto c’è un prezzo enorme e a pagarlo è la natura”. L’associazione parla in particolare del mondo dell’abbigliamento (per produrre una maglietta di cotone servono 2.700 litri d’acqua, la quantità che ognuno di noi beve in due anni), che genera montagne di rifiuti tessili con enormi impatti su comunità ed ecosistemi. Ci sono capi che pesano sugli animali, come molti piumini riempiti con piume d’oca o d’anatra, quando esistono alternative cruelty free (imbottiture sintetiche di nuova generazione o materiali riciclati). In tanti rossetti si nasconde lo squalene, un olio estratto dal fegato di squali, mentre esistono cosmetici plant-based e profumi formulati con oli sostenibili. E poi c’è il problema dell’e-commerce: ogni ordine online può emettere 1,5–3 kg di CO₂ per trasporto e imballaggi; per questo è importante raggruppare gli ordini, scegliere spedizioni green o acquistare da artigiani locali. Da ricordare anche il problema degli sprechi: tonnellate di cibo che nessuno mangerà.

Il problema sta soprattutto nel “troppo”. Ogni anno sappiamo che cucineremo troppo, che compreremo troppo, che impacchetteremo troppo, eppure ci caschiamo con la puntualità di una tradizione. Sappiamo anche che tutto questo pesa sulle tasche delle famiglie, spesso già messe alla prova dalle spese nel resto dell’anno. Non servono statistiche per ricordarcelo: basta aprire il frigorifero la sera del 26 dicembre, quando gli avanzi diventano la testimonianza muta dell’eccesso, o guardare lo scontrino della spesa, che sembra essersi allungato da solo, a nostra insaputa. Ma non è solo il pianeta a pagare gli eccessi delle feste, perché c’è anche il loro costo sociale, su cui riflettiamo poco. Perché anche noi siamo schiavi di questo meccanismo e questo si riflette nelle nostre relazioni e nelle aspettative che ci costruiamo addosso. C’è l’ansia da “regalo giusto”, quella che ci porta a comprare oggetti che non rappresentano nessuno, solo per non “presentarci a mani vuote”. C’è il peso mentale della lista dei parenti da accontentare. C’è la pressione di dover dimostrare di avere tutto sotto controllo: la cena perfetta, la tavola impeccabile, il sorriso di circostanza, la casa adeguata.

Eppure, basterebbe un istante di riflessione per renderci conto che nessuno sta davvero guardando a questi aspetti, che vengono rapidamente dimenticati passate le feste. E mentre ci lasciamo travolgere dalla ricerca di un Natale senza difetti, rischiamo di dimenticarci delle cose più importanti: le persone, le loro fragilità, i loro silenzi, i loro bisogni semplici. E allora la domanda da farsi è un’altra: che tipo di relazioni vogliamo nutrire? Quelle che si reggono sui riti obbligati o quelle che si costruiscono nello spazio dell’autenticità? Che valore ha un gesto, se nato dalla fatica di doverlo compiere più che dalla volontà di offrirlo? Che valore ha una cena perfetta, se cucinata in mezzo alla stanchezza o al desiderio inconfessato di essere altrove?

Il Natale dovrebbe essere vicinanza, ascolto, accoglienza, specialmente nei confronti dei più piccoli, dei familiari più fragili e più distanti. Il Natale dovrebbe essere tempo condiviso, una conversazione che non abbiamo da tempo, l’ascolto che rimandiamo di mese in mese. Il regalo più prezioso è quello che non può essere scartato: un gesto gentile, una telefonata sincera, un invito improvvisato, un “come stai davvero?” detto senza timore di fermarsi ad ascoltare la risposta. A volte basta un pomeriggio senza fretta, un tè caldo condiviso, una passeggiata senza meta per restituire senso a una relazione. Eppure, lo dimentichiamo, abituati come siamo a sostituire il tempo con gli oggetti, la presenza con il pacco ben confezionato.

Non serve rinunciare alle luci, alle cene o ai doni per vivere un Natale più umano. Serve, semmai, alleggerire: togliere un po’ di aspettativa e aggiungere un po’ di verità. Ridurre l’eccesso per fare spazio a ciò che conta davvero. Trasformare il rito in relazione, il consumo in cura, la corsa in attenzione. Significa permettersi di dire “basta così”, di lasciare che la semplicità entri nelle nostre case senza sentirci in colpa. Significa accettare che la perfezione non esiste e che ciò che rimane, alla fine delle feste, sono le emozioni generose, non i piatti impeccabili o le confezioni scintillanti. Possiamo comprare addobbi più duraturi, possiamo portare anche noi da mangiare se siamo ospiti, possiamo usare app come “Secret Santa” per fare un regalo “segreto” a un solo parente adulto, che sia pensato su misura. Possiamo ricominciare anche a “fare” regali con le nostre mani, anziché comprarli. Possiamo invitare le persone con cui vogliamo stare davvero, e non per convenienza.

Forse così recupereremo qualcosa che abbiamo perso lungo la strada: la capacità di stare insieme senza performance, senza sforzi titanici, senza la fatica di essere perfetti. La capacità di essere presenti, senza altro da dimostrare che la nostra semplice, imperfetta umanità. La capacità di avere “fiducia” nel futuro, una parola scelta da Treccani per l’anno 2025. E allora sì, la serenità potrebbe finalmente arrivare. Non perché l’abbiamo costruita a forza, ma perché, smettendo di correre, le abbiamo lasciato una porta aperta. E la serenità, quando trova una porta aperta, non entra travolgendo, ma in punta di piedi. Specialmente in un momento storico in cui dominano le guerre, le tensioni e le paure.

 

Copertina: 123rf

giovedì 11 dicembre 2025
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