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T20: cambiamento climatico e pandemia vanno affrontati come problemi globali
In un forum del think tank del G20, istituzioni, economisti ed esperti hanno delineato le sfide future poste dal clima. Tra i gap da colmare: lo sviluppo tecnologico, la resilienza dei sistemi alimentari, l’elettrificazione [VIDEO]. 19/05/21
“Il cambiamento climatico è percepito come la sfida decisiva del nostro tempo, in quanto mette in pericolo sia la vita che i mezzi di sussistenza del Pianeta. La crisi indotta dal Covid-19 ha reso questa sfida quantomai cruciale, e ci deve spingere a trovare il giusto equilibrio tra ripresa globale e obiettivi ambientali”.
Da queste premesse si sono mossi gli interventi dei partecipanti al Forum on climate change, l’iniziativa nata all’interno del ciclo di incontri organizzato dal T20 Italy, l’organizzazione che aggrega i principali think tank di tutto il mondo e supporta i leader del G20, fornendo idee e suggerimenti di policy per rispondere alle sfide globali. Queste attività – che si dividono in paper, forum e tavole rotonde – sono coordinate dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Tra i temi affrontati in questo forum: la conciliazione tra raggiungimento degli obiettivi climatici e la crescita economica, la resilienza dei sistemi alimentari al surriscaldamento globale, il finanziamento della green transition, le fonti rinnovabili, gli sforzi multilaterali di cui si deve prendere carico la comunità internazionale.
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“Stiamo colmando il gap per raggiungere una vera mobilità sostenibile”, è intervenuto in apertura del Forum del 10 maggio Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili. “Però dobbiamo risolvere alcuni problemi, primo tra tutti quello tecnologico, essenziale per il raggiungimento degli Obiettivi. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo deciso di investire molto nei trasporti, ma dobbiamo elaborare metodi innovativi per organizzare la mobilità, sennò le emissioni aumenteranno comunque”. Il ministro ha sottolineato poi che, oltre agli otto miliardi di euro già investiti, se ne sono aggiunti 3,5 assegnati specificatamente alla green mobility dei trasporti locali. Per il trasporto pesante, invece, gli ostacoli sono ancora molti. “Comprendiamo che la sfida non riguarda solo il settore pubblico”, ha aggiunto Giovannini. “Ma anche quello privato: investire 16,2 miliardi di euro nelle infrastrutture, da parte di questo settore, vuol dire mandare un messaggio chiaro. Ci sono compagni italiane che stanno facendo cose eccellenti”. La trasformazione deve essere equa, ha concluso poi il ministro, bisogna tenere conto delle diseguaglianze, investendo di più, ad esempio, nell’assunzione femminile. “Il cambiamento climatico influenza tutte le nostre politiche”.
“Abbiamo l’occasione di fare ottime cose o di rovinarle”. Jeffrey Sachs, economista statunitense e direttore del Center for sustainable development della Columbia university, ha delineato così le prospettive che ci attendono nel prossimo futuro. “La traiettoria per ora è abbastanza disastrosa: inquinamento, scarsa biodiversità, eventi metereologici estremi”. Inoltre, ha aggiunto, c’è bisogno prima di tutto di un investimento massiccio nella green e digital technology, alla base delle energie pulite e dei sistemi smart. “È possibile fare meglio, ma bisogna modernizzare”. Ci sono inoltre tre insegnamenti che, a detta di Sachs, possiamo apprendere dal Covid-19: “I Paesi asiatici hanno avuto successo nell’arrestare la pandemia, mentre noi, che dovremmo essere le nazioni più preparate, abbiamo fallito”. Secondo, le soluzioni elaborate dalla scienza non sono state approntate con celerità, a causa di un forte gap tecnologico e di ricerca scientifica. Terzo, la cooperazione internazionale si è dimostrata molto fragile, anche perché le istituzioni hanno problemi economici permanenti. “Il Covid-19 e il cambiamento climatico sono problemi globali”, ha concluso Sachs. “Non possiamo riaprire il mondo se il virus sta ancora mietendo vittime. Ma il cambiamento climatico è uguale: se non agiamo insieme i risultati non arriveranno”.
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“C’è inoltre un problema di misurazione della nostra crescita economica”, ha aggiunto Joyeeta Gupta, professoressa di Ambiente e sviluppo presso l’università di Amsterdam. “Parliamo di cambiamento climatico, degradazione del suolo, ma la nostra preoccupazione rimane solo il Pil. Dobbiamo discutere su quale tipo di società vogliamo abitare, quale unità vogliamo usare per comparare i Paesi tra loro. Quale ruolo la prosperità e il progresso debbano giocare nel calcolo del prodotto interno lordo”. Inoltre, ha affermato Gupta, se vogliamo rimuovere le fonti fossili entro il 2050, dobbiamo tenere conto di quella parte del mondo che, per svilupparsi, sta investendo ora in queste risorse. “Bisogna elaborare soluzioni che includano l’eguaglianza”.
Alla domanda sui fattori che influenzeranno o meno il successo della Cop26, Richard Kinley, presidente della Foundation for global governance and sustainability, ha risposto che, prima di tutto, la Cop dovrà adottare (e formalizzare) decisioni concrete per ridurre le emissioni al 2030 e al 2050. Bisogna inoltre completare le negoziazioni e irrobustire il regime di trasparenza. Inoltre, “il momento deve essere un momentum, ovvero uno spartiacque che mandi il segnale che il mondo sta cambiando”.
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Stéphane Hallegatte, lead economist del Climate change group della World Bank, ha ricordato invece che “bisogna rendere le popolazioni resilienti, attuando misure contro il cambiamento climatico a tutti i livelli – infrastrutturale, sanitario, di protezione sociale”, mentre Máximo Torero Cullen, Chief Economist dell’organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), ha aggiunto che è fondamentale costruire sistemi alimentari non solo resilienti al cambiamento climatico, ma che sappiano includerne le variabilità. “Quando parliamo di resilienza pensiamo solo alle infrastrutture, ma dobbiamo curare il sistema alimentare. Poi”, ha concluso, “dobbiamo chiederci: la resilienza va bene, ma qual è il suo obiettivo? Quali le sfide che dobbiamo affrontare? Cosa vogliamo ottenere? Perché la resilienza deve condurre a un miglioramento”.
Francesco La Camera, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), ha infine aggiunto che “una versione diversa di futuro sta fuoriuscendo”, e che questo futuro sarà caratterizzato da una profonda elettrificazione. Questa verrà assicurata tramite tre pilastri: energie rinnovabili, idrogeno verde e bioenergia. “Ci sono numerose finestre di opportunità, ma se non agiamo in fretta si chiuderanno presto”.
di Flavio Natale