Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Dasgupta: le tre transizioni necessarie per salvarci dal fallimento globale

Secondo il Rapporto commissionato dal governo inglese al noto economista, bisogna agire subito con investimenti nella conservazione della natura, modifiche alle misure di successo economico e trasformazione delle istituzioni. 25/02/21

“Siamo tutti asset manager”. Individui, aziende, governi e organizzazioni internazionali, gestiamo il nostro portafoglio attraverso le decisioni di spesa e investimento. Abbiamo, però, fallito nel gestire in maniera sostenibile il nostro portafoglio di beni naturali globali.

È quanto emerge dal rapporto “The economics of biodiversity: the Dasgupta review”, pubblicato a inizio febbraio dal noto economista Partha Dasgupta su commissione del Governo inglese, secondo il quale tra il 1992 e il 2014 il capitale prodotto pro capite è raddoppiato e il capitale umano pro capite è aumentato di circa il 13% a livello globale; al contrario, lo stock di capitale naturale pro capite è diminuito di quasi il 40%. Ancora oggi, porre l’attenzione sulla crescita dei primi due tipi di capitale è ciò che si intende per crescita economica e sviluppo di un Paese. Ma il valore reale dei vari beni e servizi che la natura fornisce per la prosperità del genere umano non si riflette nei prezzi di mercato perché gran parte di questo stock è disponibile senza alcun onere monetario.

Il documento definisce lo squilibrio tra la nostra domanda e l'offerta del sistema naturale "the impact inequality" (disuguaglianza di impatto). Mentre la richiesta di capitale naturale è influenzata dall’estensione e dalla composizione delle nostre richieste individuali, dalle dimensioni della popolazione umana e dall'efficienza con cui convertiamo i servizi della Natura per soddisfare le richieste e restituire i nostri rifiuti alla Natura, l'approvvigionamento di beni naturali è influenzato dallo "stock" di risorse naturali e dalla sua capacità di rigenerarsi.

Invertire la completa degradazione del capitale naturale, evitando che gli ecosistemi raggiungano i cosiddetti tipping points, richiede un'azione immediata. Agire ora sarebbe molto meno costoso di continuare a portare avanti comportamenti che ritardano questa trasformazione. Riusciremmo, inoltre, a raggiungere obiettivi sociali più ampi, tra cui affrontare il cambiamento climatico (uno dei principali motori della perdita di biodiversità) e diminuire i fattori di povertà.

Il Rapporto sottolinea che la distruzione del capitale naturale “non è semplicemente un fallimento del mercato: è anche un fallimento istituzionale più ampio”. Quasi tutti i governi aggravano il problema pagando le persone più per sfruttare la natura che per proteggerla, e per dare priorità alle attività economiche non sostenibili, dice il documento. Una stima del costo totale a livello globale dei sussidi che danneggiano la natura è tra i quattro e i seimila miliardi di dollari all'anno.

La scelta di un percorso sostenibile richiederà un cambiamento trasformativo, sostenuto da livelli di ambizione, coordinamento e volontà politica simili o addirittura superiori a quelli del Piano Marshall.

Secondo il Rapporto, il cambiamento richiesto dovrebbe essere orientato verso tre ampie transizioni:

  1. Garantire che la nostra domanda di capitale naturale non superi l’offerta, e aumentare la capacità di questa offerta rispetto al suo livello attuale.

    Si può accelerare il contrasto ai comportamenti dannosi a discapito del capitale naturale attraverso una serie di politiche che modificano i prezzi e le norme comportamentali, come ad esempio l'applicazione di standard per il riutilizzo, il riciclo e la condivisione e l'allineamento degli obiettivi ambientali lungo intere catene di approvvigionamento globali.

    Anche la crescita della popolazione globale ha implicazioni significative rispetto ai modelli futuri di consumo globale. Migliorare l'accesso alle donne ai finanziamenti, alle informazioni e all'istruzione, sostenere programmi di pianificazione familiare basati sulla comunità può modificare le preferenze e il comportamento e accelerare la transizione demografica. Vitale sarà investire per la conservazione delle risorse naturali. È meno costoso conservare la natura che ripristinarla una volta danneggiata o degradata, per riportarla alle condizioni iniziali. Ampliare e migliorare la gestione delle Aree Protette hanno, quindi, un ruolo essenziale nell’azione di conservazione.

    Investire su larga scala in soluzioni basate sulla preservazione dei beni naturali ci aiuterebbe ad affrontare la perdita di biodiversità e contribuirebbe in maniera significativo alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici, con benefici economici molto ampi che comprendono anche la creazione di posti di lavoro.
  1. Modificare le nostre misure di successo economico per guidarci su un percorso più sostenibile.

    Il capitale naturale deve entrare nel processo decisionale economico e finanziario allo stesso modo degli altri fattori. Per farlo è necessario modificare le nostre misure di successo economico. Il Pil, sebbene sia necessario per l'analisi e la gestione macroeconomica di breve periodo, non tiene conto del deprezzamento dei beni, compresi quelli naturali. Come misura principale del nostro successo economico, ci incoraggia quindi a perseguire una crescita e uno sviluppo economici insostenibili.
    Il Rapporto Desgupta dimostra che per giudicare se lo sviluppo economico è sostenibile, è necessaria una misura inclusiva della ricchezza che includa tutte le risorse, comprese quelle naturali. L'introduzione del capitale naturale nei sistemi di contabilità nazionale sarebbe un passo fondamentale per fare della ricchezza inclusiva la nostra misura del progresso. La standardizzazione dei dati, gli approcci di modellizzazione e il supporto tecnico renderebbero più facile incorporare la contabilità del capitale naturale nei conti economici nazionali e, soprattutto, utilizzare le informazioni per migliorare il processo decisionale su larga scala in tutto il mondo.
  1. Trasformare le nostre istituzioni e i sistemi, in particolare i nostri sistemi finanziari e educativi, per consentire questi cambiamenti e sostenerli per le generazioni future.

    Le informazioni necessarie per la gestione degli ecosistemi sono distribuite in modo asimmetrico a livello internazionale. Abbiamo bisogno di accordi istituzionali sovranazionali per superare questa asimmetria.

    Il sistema finanziario globale è, inoltre, fondamentale per sostenere un impegno più sostenibile con la natura. Occorre un sistema finanziario che canalizzi gli investimenti - pubblici e privati - verso attività economiche che valorizzino il nostro stock di risorse naturali, incoraggino il consumo sostenibile e le attività di produzione.

    Non basterà fare affidamento solo su istituzioni e sistemi finanziari per limitare gli eccessi della popolazione globale. È necessario che gli individui possiedano gli strumenti per fare scelte informate e richiedere i cambiamenti essenziali per attuare la trasformazione che ci auguriamo. È quindi fondamentale che i temi legati all’educazione ambientale siano istituiti nei programmi di istruzione. Lo sviluppo e la progettazione di programmi di questo genere potrebbero aiutare a ottenere un impatto tangibile, ad esempio concentrandosi su questioni locali e collaborando con scienziati e organizzazioni locali.

Scarica il Rapporto

 

di Giulia D’Agata

giovedì 25 febbraio 2021

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