Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
Scopri di più sull'ASviS per l'Agenda 2030

The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie

Cesvi: il mondo rischia di non raggiungere l’obiettivo Fame Zero entro il 2030

Secondo l’Indice Globale della Fame, sono 37 i Paesi che non avranno un livello di fame basso e la pandemia potrebbe raddoppiare il numero di persone denutrite in tutto il mondo. Necessario adottare l’approccio “One health”. 14/10/20

A 10 anni dall’obiettivo Fame Zero dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, la riduzione della fame nel mondo rischia di non essere realizzata.

Per allora, si prevede che 37 Paesi non riusciranno a raggiungere un livello di fame basso nella scala di gravità; oggi, infatti, 11 Paesi registrano livelli di fame allarmanti e 40 appartengono alla categoria di fame grave.

A sostenerlo la 15esima edizione di uno dei principali rapporti internazionali sulla misurazione multidimensionale della fame nel mondo, l’Indice Globale della fame 2020, presentato il 12 ottobre, realizzato da Welthungerhilfe e Concern Worldwide e curato da Cesvi per l’edizione italiana.

Il dossier mostra che l’indice globale della fame 2020 (Ghi 2020) è in netto miglioramento rispetto al 2000, in cui si registrava un livello globale grave, ma in molte zone del mondo il progresso è troppo lento e la fame rimane acuta.

Al momento, la percentuale di persone denutrite nel mondo, cioè con insufficienti assunzioni caloriche, è stagnante, ma il numero assoluto è in aumento: secondo i dati Fao, nel 2019 la popolazione denutrita rappresentava l’8,9% della popolazione mondiale, invariata rispetto al 2018, ma nel 2019 questa percentuale corrispondeva a quasi 690 milioni di persone, ovvero 10 milioni in più rispetto al 2018 e quasi 60 milioni in più rispetto al 2014.

Le regioni del mondo più colpite dalla fame di livello grave sono l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana, rispettivamente con 230 e 255 milioni di persone denutrite, a causa dell’alimentazione insufficiente e dell’alto tasso di arresto della crescita infantile (1 bambino su 3). Inoltre, in Africa subsahariana si registra il più alto tasso di mortalità infantile al mondo e nel 2017- 2019 una persona su cinque, il 21,2% della popolazione totale, non assumeva calorie sufficienti. Questo tasso, in graduale aumento rispetto al 2014, è il più alto di qualsiasi altra regione al mondo.

In Asia meridionale, invece, si registra il più alto tasso mondiale di deperimento infantile e nel 2019 il 33,2% dei bambini di questa zona avevano un’altezza insufficiente per la loro età a causa della malnutrizione cronica.

In Ciad, Timor Est e in Madagascar, invece, si registrano livelli di fame allarmanti, come anche in Burundi, Comore, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Siria, Somalia, Sud Sudan e Yemen, mentre il livello è considerato grave ad Haiti, in Mozambico, Myanmar e Zimbabwe.

Dei Paesi che risultano, invece, tra i livelli di fame moderati, spiccano quest’anno i progressi incoraggianti fatti da Camerun e Nepal, che nel 2000 registravano livelli di fame allarmanti.

Al contrario, i livelli di fame in Europa e in Asia centrale, in America Latina e Caraibi, in Asia orientale e Sud-est asiatico, in Asia occidentale e Africa settentrionale sono bassi o moderati, anche se la fame è elevata tra alcuni gruppi all’interno di queste regioni.

I dati riportati, spiega il dossier, sono stati raccolti nel periodo precedente alla pandemia, che, insieme alla recessione economica da essa scaturita e la gravissima invasione di locuste del deserto nel Corno d’Africa, potrebbe raddoppiare il numero di persone colpite da crisi alimentare acuta, facendo aumentare di 80 milioni il numero di persone malnutrite nei Paesi importatori netti di alimenti.

Le condizioni di vita durante la pandemia, commenta il dossier, sono peggiorate in tutto il mondo, con conseguenze a livello alimentare per tutte le fasce di età: l’aumento dell’insicurezza alimentare e la limitazione dell’accesso ai campi e ai mercati in alcune aree, infatti, hanno causato brusche impennate dei prezzi e hanno diminuito i guadagni, mentre la chiusura delle scuole ha impedito a molti bambini di alimentarsi in modo sano e costante.

Alla luce di questi dati, raccomanda il dossier, per raggiungere l’obiettivo Fame Zero bisogna rimodellare i sistemi alimentari secondo l’approccio olistico “One Health, incentrato sull’aumento delle pratiche sostenibili in agricoltura e sul miglioramento della salute e del benessere generale degli esseri umani, degli animali e dell’ambiente” per “evitare future crisi sanitarie, risanare il pianeta ed eliminare la fame”.

In quest’ottica, spiega la presidente del Cesvi Gloria Zavatta, la lotta al cambiamento climatico è un provvedimento necessario a livello mondiale anche ai fini alimentari: “Dall’Indice Globale della Fame 2020 emerge che probabilmente dovremo affrontare altri shock e sfide da qui al 2030 - ha commentato - Se agiamo insieme contrastando il cambiamento climatico e ripensando i nostri sistemi alimentari in modo equo, sano, resiliente e rispettoso dell’ambiente, possiamo non solo fare fronte alle crisi attuali, ma anche tracciare un percorso verso il raggiungimento dell’obiettivo Fame Zero”.

Scarica il Rapporto

 

di Viola Brancatella

 

mercoledì 14 ottobre 2020

Aderenti