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Il contributo dell’imprenditorialità sociale giovanile all’Agenda 2030
Le imprese sociali potranno creare 600 milioni di posti di lavoro nei prossimi 15 anni e supportare le sfide dello sviluppo sostenibile, sostiene il World youth report di Un Desa, ma diversi ostacoli ne rallentano lo sviluppo. 16/7/20
L’imprenditoria sociale può generare empowerment economico e soddisfare le esigenze occupazionali dei giovani. Lo dice “The World youth report: youth social entrepreneurship and the 2030 Agenda”, una pubblicazione di punta del Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni unite (Un Desa), rilasciata a luglio. Nata nel diciannovesimo secolo in Europa, l’imprenditoria sociale, definita come attività imprenditoriale intrapresa con l’obiettivo esplicito di affrontare i problemi della società, ha preso piede negli anni ’80 e ’90 con l’emergere delle scuole di pensiero legate all’innovazione sociale. Negli ultimi decenni, la crescente importanza del capitale sociale e la necessità di colmare le lacune delle istituzioni pubbliche hanno aumentato l’incidenza e la visibilità dell’imprenditoria sociale seppure con percentuali molto diverse sia all’interno che tra i diversi Paesi.
A livello globale, dichiara il Report, il 3,2% delle persone in età lavorativa nei 58 Paesi inclusi nell'indagine è impegnato nella fase di startup di imprese sociali, con cifre che vanno dallo 0,3% nella Corea del Sud al 10,1% del Perù. In Australia le imprese sociali hanno generato il 2-3% del Pil, creando posti di lavoro per 200mila persone e le stime indicano una crescita potenziale fino al 4% del Pil e 500mila nuovi posti nei prossimi 10 anni.
Per i giovani trovare un lavoro dignitoso può essere particolarmente difficile e l’attuale crisi sanitaria legata al Covid-19 (così come evidenziato anche dal Rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico “Youth and Covid-19”) può accentuare i rischi nei settori dell'istruzione, dell'occupazione, della salute mentale e della disponibilità economica delle nuove generazioni.
L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) stima che il 96,8% di tutti i giovani lavoratori nei Paesi in via di sviluppo sono impiegati nell’economia informale. La percentuale di giovani che non hanno un impiego né sono impegnati in percorsi di istruzione o formazione (Neet, not in education employment or training) è rimasta alta negli ultimi 15 anni, attestandosi al 30% per le donne e al 13% per gli uomini di tutto il mondo. In condizioni adeguate, l'imprenditoria sociale è in grado di sfruttare i talenti e le capacità dei giovani e può offrire loro una strada nella ricerca di un'occupazione sostenibile.
L'accesso limitato ai fondi per le startup è ancora l’ostacolo più importante per i giovani imprenditori sociali e il divario digitale tra i giovani e nelle popolazioni vulnerabili aggrava ulteriormente le disuguaglianze. I giovani riconoscono i meriti dell'imprenditoria sociale e il loro potenziale per creare lavoro, acquisire esperienza e ispirare gli altri ad agire diventando agenti del cambiamento. Ciò è particolarmente evidente in Medio Oriente e Nord Africa, nell'Africa sub-sahariana e in Europa occidentale, dove gli imprenditori sociali nascenti sono più numerosi dei neo imprenditori commerciali nella fascia di età compresa fra i 18 e i 34 anni.
In Giordania la Orenda Tribe, fondata nel 2016 da un giovane con poche centinaia di dollari, è un'impresa orientata alla valorizzazione dei bambini che vessano in condizioni di vulnerabilità attraverso l'arte e la narrazione. Impegnandosi in quello che viene chiamato “artivismo”, la tribù Orenda organizza seminari d'arte per bambini incentrati sulla promozione dell'empowerment, sulla rottura delle barriere e sullo sviluppo delle abilità di vita, aumentando la consapevolezza su diverse questioni sociali. Le entrate sono generate dalla vendita di prodotti lifestyle come magliette e borse con disegni ispirati all'arte creata dai bambini che frequentano i seminari. Ad oggi, Orenda ha intrapreso 31 progetti in 12 comunità in Giordania e in Libano coinvolgendo oltre 5.400 bambini, al punto da essere stata recentemente riconosciuta da Causeartist, un importante consorzio di investitori, come uno dei sette marchi più incisivi per migliorare le condizioni di vita dei rifugiati.
Le imprese sociali, evidenzia il Rapporto, costituiscono un meccanismo efficace per coinvolgere gruppi emarginati e creare opportunità per un'ampia gamma di attori economici. Una crescente attenzione viene rivolta all'imprenditoria sociale come mezzo per affrontare le principali sfide dello sviluppo sostenibile nei Paesi sviluppati e in via di sviluppo. Come indicato nel Goal 17 – Partnership per gli obiettivi - che si concentra sul rafforzamento dei mezzi di attuazione e sul rilancio del partenariato globale per lo sviluppo sostenibile, un approccio multi-stakeholder offre risultati economici, sociali e ambientali migliori rispetto a qualsiasi singola entità organizzativa che agisce da sola. In particolare il Target 17.17 incoraggia e promuove “efficaci partenariati pubblici, pubblico-privato e della società civile, basandosi sull'esperienza e sulle strategie di accumulazione di risorse dei partenariati”. In questo quadro, le imprese sociali offrono alle organizzazioni internazionali e ai governi nazionali un ulteriore partner per intensificare gli sforzi e raggiungere gli Obiettivi fissati dall'Agenda 2030.
Per questo, sottolinea il Report, alcune stime recenti indicano che per l'attuazione dell'Agenda 2030 è richiesto un livello di finanziamento molto più elevato di quanto previsto, pari a circa 6mila miliardi di dollari all'anno e 90mila miliardi di dollari in 15 anni, con modelli economicamente efficienti, che includano l'imprenditoria sociale e aiutino ad affrontare le principali sfide dello sviluppo sostenibile.
Il successo dell'imprenditoria sociale giovanile, conclude il Rapporto, dipende da una valutazione accurata dei meriti e delle opportunità e dalle sfide legate alle misure di attuazione e sostegno. Rappresenta, inoltre, un'opportunità di lavoro autonomo estremamente promettente e socialmente vantaggiosa per i giovani, anche se non è una panacea per lo sviluppo delle nuove generazioni e non libera in alcun modo i responsabili politici dall’obbligo di affrontare le esigenze dei giovani in modo globale e sostenibile.
di Tommaso Tautonico