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Istat, primo studio su comportamenti d’impresa e sviluppo sostenibile
Interrogando un campione di aziende oltre i 50 dipendenti, l’Istituto rileva una “accresciuta attenzione all’ambiente naturale e sociale”. Significativa attenzione al benessere dei dipendenti ma “lieve sostenibilità ambientale”. 18/3/20
Il termine “sostenibilità” entra sempre di più nel linguaggio comune e si diffonde nelle imprese italiane sotto forma di una nuova strategia votata al rispetto degli Obiettivi dell’Agenda 2030. Per raccogliere informazioni sul fenomeno l’Istat ha avviato una iniziativa al fine di produrre nel prossimo futuro i primi indicatori che descrivono in che modo si modifica il tessuto produttivo italiano dopo aver intrapreso una scelta sostenibile.
“Comportamenti d’impresa e sviluppo sostenibile” è il nome dato a questa “statistica sperimentale” incaricata di fornire i primi dati capaci di fotografare le caratteristiche delle imprese in termini di sostenibilità ambientale e sociale e il loro rapporto con i parametri classici dell’economia.
Per comprendere meglio l’argomento, è utile riportare la distinzione che slo stesso Istat fa nel suo primo rapporto diffuso lo scorso due marzo.
Per sostenibilità ambientale delle imprese si intende qualsiasi comportamento volto a “ridurre gli impatti negativi sull’ambiente naturale derivanti dalle loro attività, quali ad esempio il controllo e la riduzione dell’uso di energia, l’aumento dell’uso di energia da rinnovabili, il controllo per la riduzione dell’uso dell’acqua, il riciclo e il trattamento dei rifiuti, la riduzione dell’emissioni in atmosfera, il riutilizzo di materie prime seconde, il riuso di materiali di scarto per nuova produzione di altri beni o degli stessi”.
La sostenibilità sociale, invece, è data dall’insieme “dei comportamenti delle imprese che si legano a effetti positivi sul benessere dei propri lavoratori, equamente distribuito tra classi e genere, valorizzandone le capacità e le competenze (in termini di sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia)”.
Secondo l’Istat le “grandi imprese” italiane mostrano segnali chiari di “orientamento allo sviluppo sostenibile e di accresciuta attenzione all’ambiente naturale e sociale, sia interno sia esterno”. Dall’indagine condotta finora, che si è focalizzata su oltre 15mila aziende con 50 o più addetti, risulta che il 91% delle imprese svolge attività di raccolta differenziata dei rifiuti, il 71% controlla attivamente l’uso dell’energia, il 56% è attento a non sprecare acqua, mentre un quinto utilizza materie prime seconde (materie derivanti dall’attività di recupero e riciclaggio dei rifiuti) e il 19% esegue un trattamento delle acque reflue. Inoltre l’80% delle imprese svolge attività di formazione continua su questi temi, il 73% promuove l’occupazione nel territorio, il 71% fa valutare ai propri dipendenti il benessere lavorativo, ma solo “il 18% delle imprese adotta programmi di marketing di buona causa e il 24% inserisce un incaricato in organico per la responsabilità sociale”.
Per la sostenibilità ambientale tutte le imprese analizzate registrano valori dell’indice compresi tra 0,25 e 0,50. Un punteggio che, in sostanza, l’Istat attribuisce a “imprese lievemente sostenibili”.
Nello specifico, il settore manifatturiero è quello che registra una migliore performance in rapporto alla sostenibilità ambientale, mentre è il settore di estrazione di minerali da cave e miniere a fare meglio nel campo sociale, che in generale presenta valori migliori in ogni comparto rispetto a quello ambientale (come mostrato dalla seguente immagine).
Per quanto riguarda, invece, la redazione di una qualche forma di documentazione ufficiale legata alla sostenibilità, le imprese che hanno risposto all’indagine dichiarano che quella maggiormente utilizzata è il bilancio sociale (in particolare quelle che possiedono tra 50 e 99 addetti), al secondo posto la rendicontazione non finanziaria (che ricordiamo è obbligatoria per le grandi aziende con oltre 250 dipendenti) e, al terzo posto, il bilancio integrato.
In generale, l’Istat certifica che la maggior parte delle aziende che registrano migliori prestazioni nella sostenibilità ambientale si trovano nel Nord est, mentre è il Nord ovest a fare meglio nella sostenibilità sociale. Il Mezzogiorno si distingue, infine, per due attività: in proporzione sono maggiori le aziende che hanno effetti positivi sull’occupazione locale e i rapporti presenti tra aziende e chi si occupa di solidarietà locale.
di Ivan Manzo