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Per l’industria italiana l’economia circolare è già un presupposto di sviluppo
Fare tanto con poco: per l’Italia non è una novità. Merito dell’innata capacità dell’industria di ridurre la produzione di rifiuti e reimpiegarli nei processi produttivi. Il documento di Confindustria. 8/11/2018
“L’industria italiana guarda, ormai da diverso tempo, al tema della sostenibilità come a una opportunità di sviluppo, piuttosto che come un vincolo alla crescita”. Così si legge nel documento di posizione di Confindustria “Il ruolo dell’industria italiana nell’economia circolare”, che è stato presentato a Roma il 31 ottobre alla presenza del ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
Il lavoro rappresenta il principale contributo di Confindustria al dibattito sul tema dell’economia circolare e sul processo di recepimento delle nuove direttive europee in materia. Proprio in questi giorni, infatti, la commissione Politiche Ue del Parlamento sta esaminando la Legge di delegazione europea 2018, approvata dal Consiglio dei Ministri il 6 settembre, che prevede la delega al governo per l’adozione delle direttive Ue. Tra queste figurano le norme relative al “Pacchetto sull’economia circolare”, approvato dal Parlamento e dal Consiglio Ue tra aprile e maggio di quest’anno.
Secondo il documento di Confindustria, la diffusa percezione di un’industria insensibile alla crescente domanda di sostenibilità non rispecchia la realtà del sistema produttivo italiano, che ha sempre investito su processi e prodotti in grado di ridurre l’impatto antropico sull’ambiente. Anzi, la capacità di innovare ci ha spesso portati ad anticipare gli orientamenti decisi a livello nazionale o europeo: “Dobbiamo infatti tener presente che l’industria italiana, povera di materie prime, ha sviluppato una dote innata nel ‘fare tanto con poco’, valorizzando quanto più possibile i residui produttivi e di consumo, consolidando performance che ci hanno portato ad essere leader europeo nel riciclo industriale, con evidenti effetti benefici indiretti, tra cui la minor dipendenza dall’estero nell’approvvigionamento di materie prime e minore impatto in termini di emissioni climalteranti, derivanti proprio dalla riduzione della fase di approvvigionamento”.
Per consolidare tali performance, tuttavia, occorre incentrare la crescita su meccanismi che incentivino condotte virtuose sotto il profilo ambientale, piuttosto che esclusivamente su un sistema di regolazione vincolante. Per questo, Confindustria formula nel documento alcune proposte rivolte ai politici. In particolare, le imprese chiedono di:
- abbattere le barriere non tecnologiche, che di fatto rendono conveniente la gestione dei residui di produzione come rifiuto anziché come sottoprodotto;
- favorire lo scambio di beni prodotti secondo i principi dell’economia circolare, tenendo presente che il crollo dei prezzi di alcune materie prime rende economicamente difficile la scelta di materie “seconde”;
- potenziare la capacità impiantistica “virtuosa” del Paese, favorendo l’efficienza degli impianti di riciclo e recupero esistenti, valutando la necessità di costruirne di nuovi e minimizzando la presenza di discariche sul territorio.
di Lucilla Persichetti