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Caldo record nel Nord Europa, la colpa è del cambiamento climatico
Il riscaldamento globale fa raddoppiare la probabilità di ondate di calore intenso. Le attuali temperature in Artico non hanno precedenti nella storia delle rilevazioni e le morti riconducibili al fenomeno sono destinate ad aumentare nei prossimi anni.
Più di dieci gradi sopra la media del periodo: dai 34 gradi di temperatura registrati a Stoccolma, in Svezia, fino ai 33 gradi di Drag in Norvegia. La straordinaria ondata di calore che sta investendo i Paesi del Nord Europa non accenna a placarsi e pone in grave squilibrio anche il circolo polare artico, dove la fusione dei ghiacciai sta avvenendo a una velocità nettamente maggiore rispetto al passato.
Le temperature record a cui stiamo assistendo non solo in Europa ma a tutte le latitudini, dal Giappone alla California, rappresentano un vero rischio sia per la salute delle persone - si contano già diverse morti premature - sia degli ecosistemi, perché cresce il numero e la potenza devastante degli incendi e si moltiplicano i periodi di siccità.
Diversi studi e ricerche confermano che il fenomeno è direttamente riconducibile al cambiamento climatico. Il rapporto “Attribution of the 2018 heat in northern Europe” analizza proprio la stretta connessione che lega ondate di calore al surriscaldamento globale. Lo studio, a cura del team di World weather attribution, confrontando le attuali temperature dei Paesi del Nord Europa con i dati storici ricavati dal 1900 delle stazioni metereologiche di Finlandia, Danimarca, Irlanda, Norvegia, Olanda e Svezia, ha concluso che il cambiamento climatico influenza la durata e la portata di questo tipo di fenomeni e che l’attuale ondata di caldo sull’Artico non ha precedenti nella storia delle rilevazioni.
Per completare l’analisi, il gruppo di ricercatori ha dovuto in primis stabilire il singnificato del termine “ondata di calore”, definendolo come la permanenza della temperatura di una determinata zona sopra la media del periodo per almeno tre giorni consecutivi; in secondo luogo ha cercato di capire se fosse possibile prevedere quando e dove il fenomeno si sarebbe manifestato ancora. I risultati evidenziano che il cambiamento climatico originato dall’attività antropica fa aumentare del doppio la probabilità che si verifichi l’evento straordinario.
Secondo il World weather attribution è probabile che la Scandinavia del Sud sarà sottoposta al caldo eccezionale di questi giorni ogni dieci anni. In Olanda il fenomeno potrebbe ripetersi con questa intensità ogni cinque. Incertezza, invece, è emersa dall’analisi dei dati che interessano l’Artico e la zona del Nord della Scandinavia, “perché le temperature estive variano molto da un anno all’altro e quindi dalle osservazioni è stato impossibile stimare il trend”, ha dichiarato Friederike Otto dell’università di Oxford, tra gli autori dello studio. "Una cosa è certa però", ha proseguito Otto, “quello che una volta era considerato un clima insolitamente torrido diventerà comune e in alcuni casi lo è già”.
Il rapporto conferma infatti altri studi sull’argomento secondo i quali fra 20-30 anni il tipo di ondate di calore che stiamo vivendo ora potrebbe verificarsi addirittura ogni due anni.
Anche il recente studio “Quantifying excess deaths related to heatwaves under climate change scenarios: A multicountry time series modelling study” mette in relazione, sul piano globale, il numero di morti e il caldo inusuale. Pubblicato da un gruppo di ricercatori internazionali, rappresenta la prima ricerca che ha lo scopo di prevedere e prevenire i decessi futuri causati dalle ondate di calore.
Analizzando la situazione climatica di 20 Paesi nel periodo 2031-2080, i ricercatori hanno scoperto che saranno i Paesi equatoriali a subire le perdite maggiori anche se gli Stati più sviluppati non possono certo dirsi al sicuro, compresa l'Italia, soprattutto se non dovessero mettere in atto precise strategie di adattamento al cambiamento climatico. È il caso dell’Australia dove viene dimostrato che in città come Sidney, Brisbane e Melbourne le morti potrebbero aumentare del 471% rispetto ai livelli del periodo 1971-2010.
di Ivan Manzo