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Nell’attuazione dell’Agenda 2030 manca il “fil rouge” dei diritti umani
Il Rapporto Gcap Italia analizza gli SDGs alla luce di temi caldi che spaziano dalla gestione dei migranti alla violenza sulle donne. In Italia serve un piano per la coerenza delle politiche di sviluppo sostenibile.
Il Gruppo Gcap Italia ha pubblicato il primo rapporto “Sviluppo sostenibile: per chi? Una visione critica per la coerenza delle politiche italiane ed europee”. Si tratta di un monitoraggio realizzato dalla Coalizione italiana contro la povertà, sull’applicazione dell’Agenda 2030 in Italia. Il Rapporto è suddiviso in sei capitoli, ciascuno dei quali affronta temi scottanti con i quali la politica deve confrontarsi.
Per ciascuno degli argomenti trattati vengono evidenziati i limiti nelle politiche attuate, le contraddizioni, le connessioni con gli obiettivi di sviluppo sostenibile e ciò che ne ostacola l’attuazione. Ogni capitolo si conclude con suggerimenti, proposte concrete sia per il Governo italiano che per l’Unione europea. Proposte basate su un comune denominatore: mettere al centro di tutto la società civile, interlocutore attivo nell’applicazione dell’Agenda 2030.
Secondo il Rapporto la comunità internazione difficilmente raggiungerà gli obiettivi fissati al 2030. Dopo la crisi economica del 2008, la fase di ripresa ha generato una serie di problemi cronici e strutturali: aumento della fame, instabilità geopolitica, aumento della vulnerabilità. Tutti fattori che, accompagnati dall’aumento di frequenza di fenomeni climatici estremi, rimarcano la fragilità della condizione umana e il rischio per le future generazioni.
Manca, secondo il Rapporto, una strategia condivisa su come gli obiettivi debbano essere perseguiti; manca un fil rouge, una guida che, rimarca Gcap, potrebbe arrivare dai diritti umani, punto di riferimento per l’elaborazione del Rapporto.
Diseguaglianze di genere, catena di valore – made in Italy, trattati commerciali, migrazioni, giusta transizione e commercio delle armi sono i capitoli in cui è suddiviso il Rapporto.
Dall’analisi di ciascuno di essi emergono alcuni elementi comuni tra cui, così come già evidenziato da ASviS, la necessità di predisporre un piano per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Un piano definito dall’istituendo Comitato interministeriale per lo sviluppo sostenibile che, partendo dai problemi e dai conflitti emersi negli anni, sia in grado di individuare nuove misure e strumenti di monitoraggio che analizzino le connessioni tra gli SDGs.
Inoltre, conclude il Rapporto, occorre definire una visione sistemica che sia in grado di considerare in modo sinergico le regole sul commercio, sugli investimenti, sui flussi migratori, gli aiuti pubblici allo sviluppo e la dipendenza tra problemi locali, nazionali, europei ed internazionali. Serve una governance dal basso, che dia voce ai gruppi locali più deboli spesso tagliati fuori per far spazio ai poteri più forti.
Lo sviluppo sarà davvero sostenibile se sarà in grado di decentrare il potere e sanare gli equilibri strutturali.
di Tommaso Tautonico