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Più sostenibili vuol dire più produttive, l'Istat sulla competitività d’impresa
In Italia è altamente sostenibile il 17,6% delle imprese, la maggior parte al Nord. Più investimenti su ambiente e impatto sociale, meno su economia circolare. La sostenibilità aumenta la produttività del lavoro fino al 10,2%.
Nell’indagine sulla fiducia delle imprese manifatturiere di novembre 2017, l’Istituto nazionale di statistica ha voluto analizzare la diffusione di comportamenti di sostenibilità e responsabilità sociale tra le aziende italiane. I risultati dello studio vengono presentati all’interno dell’edizione 2018 del Rapporto Istat sulla competitività dei settori produttivi, che valuta le dinamiche strutturali e congiunturali delle imprese italiane.
Ai fini dell’analisi, l’Istat ha introdotto nell’indagine di novembre quesiti su temi come gli investimenti in economia circolare, le attività aziendali che caratterizzano lo sviluppo sostenibile (come l’inclusione di esternalità nella catena del valore dell’impresa, la riduzione degli impatti ambientali e l’importanza degli effetti sociali derivanti dall’attività aziendale oltre gli obblighi di legge, il coinvolgimento dei portatori di interesse nelle decisioni aziendali, la pianificazione strategica di lungo periodo) e le motivazioni che hanno portato ad adottare iniziative di sostenibilità. I quesiti sono stati sottoposti a un panel di circa 4mila imprese attive con almeno cinque addetti appartenenti al settore delle attività manifatturiere.
Dai risultati è stato derivato un indicatore di sostenibilità delle imprese che ne misura il grado di intensità sulla base del numero di attività intraprese per lo sviluppo sostenibile. L’indicatore varia tra 0 (nessuna attività) e 1 (tutte le attività), consentendo di classificare le imprese in non sostenibili (0-0,25), lievemente sostenibili (0,25-0,5), mediamente sostenibili (0,5-0,75) e altamente sostenibili (0,75-1). Ecco alcuni dei dati emersi:
- Il 52,3% delle imprese manifatturiere considerate non è sostenibile, il 15% lo è lievemente, il 15,1% è mediamente sostenibile e il 17,6% è altamente sostenibile.
- All’aumentare della dimensione delle aziende (in termini di addetti), tende ad aumentare il grado di sostenibilità, anche se questo dato è spiegabile alla luce della recente introduzione della normativa che impone alle grandi imprese l’obbligo di redigere rendicontazioni non finanziarie.
- Le imprese altamente sostenibili sono soprattutto quelle del Nord ovest e Nord est, mentre quelle non sostenibili sono distribuite uniformemente sul territorio nazionale.
- Per quanto riguarda il rapporto tra sostenibilità e competitività, lo studio dimostra che esiste un “premio di sostenibilità”. All’aumentare del grado di sostenibilità di un’azienda, infatti, aumenta il livello di produttività del lavoro misurato in termini di valore aggiunto per addetto. Rispetto alle imprese a sostenibilità nulla, quelle lievemente sostenibili presentano una produttività superiore del 4,5%, quelle mediamente sostenibili del 7,9% e quelle altamente sostenibili del 10,2%.
Lo studio evidenzia inoltre come sia l’impatto ambientale e sociale l’elemento maggiormente preso in considerazione dalle aziende tra gli aspetti che ne caratterizzano la sostenibilità. Quasi il 56% delle imprese manifatturiere, infatti, adotta misure per la salvaguardia dell’ambiente, mentre il 49% adotta strategie che tengono conto dell’impatto sociale. Pratica meno diffusa è l’investimento in processi di economia circolare, che riguarda il 13,4% delle imprese.
Nella maggior parte dei casi, ad animare i comportamenti sostenibili sono considerazioni reputazionali. Lo studio sulle motivazioni delle attività rivolte alla sostenibilità, infatti, dimostra che il 77,6% delle imprese adotta questi comportamenti per migliorare l’immagine e la reputazione del proprio marchio. Secondo fattore motivazionale è la riduzione dei costi (60,4% delle imprese), mentre il 49% delle aziende rivolge le proprie attività allo sviluppo sostenibile per individuare nuovi segmenti di mercato o adempiere a prescrizioni di legge. Il 45%, infine, lo fa per sperimentare progetti innovativi.
Consulta:
di Lucilla Persichetti