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Clima: la Cina può riempire il vuoto di leadership causato dal ritiro degli Usa
A due anni dalla Cop21, il GlobeScan-Sustainability Survey ha chiesto a esperti di sostenibilità di valutare i progressi realizzati dalla comunità globale. Il quadro è allarmante.
“Sviluppi recenti, come la decisione degli Stati Uniti di chiamarsi fuori dagli Accordi di Parigi e la diffusione (in Europa tanto quanto nel resto del mondo) di programmi nazionalistici e protezionistici, hanno alimentato il pessimismo sulle prospettive future e sulla capacità di azione collettiva nella lotta al cambiamento climatico”. Il rapporto del GlobeScan-Sustainability Survey pone immediatamente l’accento sulla situazione politica odierna, e su quanto questo quadro vada controcorrente rispetto agli sforzi richiesti dalla Cop21.
Lo studio è stato condotto su un campione di 398 esperti qualificati, che hanno completato un questionario online, nel periodo tra il 26 settembre e 13 ottobre 2017. Gli esperti in questione provengono da settori differenti: media (27%), multinazionali (26%), accademia e ricerca (22%), ong (12%) governo (6%), con un rimanente 8% appartenente ad altri campi di studio. Questi specialisti, residenti geograficamente soprattutto nell’America del nord (34%) e in Europa (38%), hanno grande esperienze nei temi di sostenibilità e sviluppo, essendo per il 76% dediti al campo di studio da oltre 10 anni.
Inoltre, “più della metà degli esperti di sostenibilità intervistati (55%), ritiene che i progressi sul clima non si verificheranno abbastanza velocemente da evitare danni irreversibili. Mentre tre esperti su dieci pensano che almeno alcuni progressi siano stati raggiunti rispetto agli obiettivi dell’Accordo; ma la valutazione generale è comunque negativa”.
Gli specialisti del settore chiamano in causa l’assenza di misure vincolanti da parte del governo globale e la mancanza di capitale come principali “sbarramenti” per il raggiungimento degli obiettivi di Parigi.
La pressante attenzione sulla crescita economica in luogo di altre priorità è vista anche quella come un importante ostacolo. Allo stesso tempo, gli esperti sono sempre più favorevoli agli strumenti economici per incentivare i progressi climatici rispetto ad altri approcci come regolamentazione, cooperazione internazionale o diplomazia.
Oltre alle domande sulle possibili sfide per il clima, il rapporto ha anche richiesto le opinioni degli esperti sulle possibili soluzioni a questo problema mondiale. In linea con la tendenza osservata nei sondaggi recenti del GlobeScan, i risultati evidenziano le aspettative crescenti riposte nei confronti del settore privato, degli attori non statali, dei governi regionali e città. Questi enti e organizzazioni sono percepiti come attori di primo piano, quasi quanto i governi nazionali, quando si tratta di guidare i progressi verso l'attuazione degli Accordi di Parigi. L'importanza degli attori non statali è ancora più pronunciata in merito all'agenda sul clima degli Stati Uniti, dove meno di uno studioso su dieci prevede che il governo federale svolgerà un ruolo importante nei prossimi cinque anni.
Inoltre, molte aziende hanno aumentato i loro sforzi per fornire soluzioni su mitigazione e adattamento. L’ultima classifica, elaborata sempre dal GlobeScan, sulla sostenibilità delle multinazionali riflette uno scenario completamente diverso da quello registrato circa un decennio fa. Il panorama delle aziende leader del clima è cambiato notevolmente dal 2009, quando gli esperti chiamavano genericamente “leader” società industriali come General Eletric, Toyota, BP e Shell. Professionisti della sostenibilità sono ora aziende come Unilever e Ikea, giganti della tecnologia come Google, Apple e Tesla, e molte altre multinazionali riconosciute nel 2017 come positivamente responsabili di un rialzo dell’asticella sugli obiettivi dell’Agenda 2030.
I professionisti della sostenibilità credono inoltre che una vasta gamma di strategie possa essere efficace per le aziende che cercano di agire sul cambiamento climatico, ma quelle che riguardano l’incremento delle energie rinnovabili e le loro catene di approvvigionamento per ridurre le emissioni di carbonio sono considerate leggermente più efficaci di altre.
Considerando gli sforzi per un futuro sostenibile anche come somma delle azioni di singole nazioni, gli esperti riconoscono il grande sforzo sostenuto da paesi campioni del clima e internazionalmente riconosciuti, come la Germania. Sorprendentemente, quando viene domandato agli studiosi di sostenibilità di nominare i leader in grado di affrontare la sfida sul clima, la Cina è al secondo posto tra le nazioni indicate. Dati i suoi ambiziosi obiettivi sull'elettrificazione del trasporto pubblico e l’atteso annuncio di un piano di scambio delle emissioni, questo Paese potrebbe riempire il vuoto lasciato dal ritiro dalla leadership degli Stati Uniti.
La Cina è inoltre l'unico paese asiatico tra le prime dieci nazioni leader nel cambiamento climatico, e il riconoscimento per i suoi sforzi nel campo supera di gran lunga quello degli Stati Uniti (nominati dal 5% degli esperti).
Quindi, “i nostri risultati confermano che le priorità fuoriuscite dalla Cop23 (collaborazione, contributi di attori non statali e necessità di aumentare le ambizioni) sono necessarie e altamente consigliate”, conclude il rapporto.
di Flavio Natale