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La lotta alla deforestazione e la crescita economica procedono di pari passo
Cambiamenti radicali nelle politiche finanziarie, forte leadership politica, calcolo, innovazione, trasparenza e responsabilità: secondo il Global Forest Report 2017 questa è la formula per promuovere la difesa delle foreste come profitto.
“Quest’anno abbiamo chiesto a 1303 tra le più grandi compagnie mondali di fornire dati sui loro sforzi per fermare la deforestazione. Hanno risposto in 272”, queste le parole di Morgan Gillespy, direttrice della sezione “Foreste” del Cdp, acronimo di Carbon Disclosure Project, organizzazione con sede nel Regno Unito che supporta compagnie e città nello svelare gli impatti ambientali delle maggiori corporation internazionali. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di rendere i report sulla gestione dei rischi ambientali vincolanti a livello di norme del business, in una strada verso un’economia sostenibile.
“Per raggiungere questo obiettivo”, continua la direttrice, “abbiamo bisogno di cambiamenti radicali nelle politiche finanziarie e di capitali, come anche di una leadership forte, calcolo, innovazione, trasparenza e responsabilità”. Il Global Forest Report 2017 ha ottenuto ottimi risultati in questo senso: infatti, per la prima volta, oltre a costituire una guida per gli investimenti istituzionali, otto organizzazioni private, con un portafoglio totale di 80 miliardi di dollari, stanno utilizzando i dati derivanti dal documento per condurre un’azione maggiormente coerente nella loro catena di produzione.
Combattere la deforestazione è naturalmente un punto focale della lotta al cambiamento climatico: “fino al 33% degli sforzi per la mitigazione climatica dipendono dalla preservazione delle foreste”.
I principali temi evidenziati dal Rapporto sono: in primo luogo, la mancanza di impegno nel fronteggiare la deforestazione maschera rischi evidenti per le stesse multinazionali, pericoli che ovviamente si ripercuotono sugli investitori (nel 2017, meno di un quarto (23%) delle compagnie entrate in contatto col Cdp hanno risposto alla richiesta di informazioni degli investitori, mostrando che la divulgazione sulla deforestazione non costituisce assolutamente la norma). In aggiunta, quando il Rapporto domanda a Leslie Samuelrich, presidente del Green Century Capital Management, perché la deforestazione possa costituire una preoccupazione, la presidente risponde: “Lo sfruttamento intensivo pone una serie di problemi materiali per gli investitori, incluso accesso ristretto ai mercati, svantaggio competitivo, danno alla reputazione”.
In secondo luogo, le multinazionali riconoscono che gli impatti sociali e ambientali causati dalla deforestazione minacciano di ridurre i profitti e aumentare i rischi. Infatti, l’87% delle industrie identifica almeno un possibile danno economico derivante da attività non sostenibili, e il 32% ha già sperimentato impatti significativi associati alla produzione e consumo di prodotti dannosi per le foreste.
Il terzo punto riguarda lo sviluppo di risorse sostenibili contro lo sfruttamento intensivo delle foreste, cambiamento capace di generare grandi opportunità economiche per le compagnie, e di conseguenza per gli investitori, per produrre ritorni finanziari attraenti, stabili e a lungo termine.
Le compagnie leader stanno producendo passi significativi per rimuovere la deforestazione dalla loro catena di produzione, ma le azioni delle società di capitali non hanno ancora raggiunto risultati soddisfacenti. Difatti, delle compagnie che si sono rese disponibili ad un’analisi nel 2017, solo sei hanno raggiunto il grado A. Al giorno d’oggi, inoltre, i prodotti derivanti dalla deforestazione, incluso soia, olio di palma, bestiame e legname, portano ancora a un fatturato di 941 miliardi di dollari.
I risultati prodotti per combatter il fenomeno sono però tangibili: “Da quando, nel 2012, Green Century ha cominciato l’attività per combattere la deforestazione (aiutando le compagnie a produrre piani per rendere sostenibili loro catene di produzione), solo il 5% di tutte le raffinerie da olio di palma erano coperte dalle politiche “zero-deforestazione”. Oggi siamo al 75%”, afferma Leslie Samuelrich.
Inoltre, il mercato di prodotti derivanti da produzioni sostenibili si sta sviluppando in modo esponenziale. L’87% delle compagnie riportano opportunità associate con la lotta alla deforestazione, e un 73% delle compagnie ha registrato l’impegno a ridurre o rimuovere lo sfruttamento intensivo delle foreste dalla propria catena di produzione. L’Alleanza Tropicale per le Foreste 2020 suggerisce che le opportunità d’investimento potrebbero arrivare a 200 miliardi annui.
Quest’anno, aziende come Bramble, L’Oreal, SCA, Tetra Pak, Unilever e UPM-Kymmene hanno raggiunto risultati ottimi e sono stati etichettate come “pioniere” nel campo, e inserite nella lista Cdp A 2017, elenco che riunisce le industrie internazionali maggiormente impegnate nella causa ambientale. Queste compagnie hanno intrapreso azioni significative, come Unilever, l’unica azienda a prendere un punteggio As (il più alto) in tutti i beni che potrebbero mettere a rischio le foreste, dimostrando che le buone pratiche sulla deforestazione possono andare mano nella mano con il guadagno a lungo termine. Oppure, la multinazionale L’Oreal che, con un impegno a ridurre a zero la deforestazione entro il 2020, produce risorse da olio di palma certificate come sostenibili al 100% dalla RSPO (tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile)
In conclusione, siamo a quello che il Rapporto chiama “Tipping Point” per le foreste mondiali, vale a dire il momento di punta della lotta a questo fenomeno. “Rimuovere la deforestazione dalle catene di produzione è possibile e conveniente”, conclude la direttrice del Cdp, “e coloro che agiranno prima ne trarranno enormi benefici”.
di Flavio Natale