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Ocse: “Profonde disuguaglianze nell’istruzione e nel mercato del lavoro”
Per una società più giusta occorre migliorare l'accesso all'educazione fin dalla prima infanzia e affrontare la carenza di insegnanti. In Italia le donne laureate guadagnano poco più della metà degli uomini. 16/9/24
Negli ultimi anni, l'istruzione e il mercato del lavoro hanno fatto dei passi avanti. Tuttavia, persistono profonde disuguaglianze che richiedono un ulteriore adeguamento, in particolare dei sistemi educativi. È quanto emerge dal rapporto pubblicato il 10 settembre dall'Ocse, dal titolo "Education at a glance 2024", che analizza i progressi compiuti e le sfide ancora presenti nel settore dell'istruzione.
I segnali positivi
Dal 2016 il numero di giovani tra i 25 e i 34 anni con un diploma di scuola secondaria superiore è aumentato dall'83% all'86% nei Paesi dell'Ocse. Allo stesso tempo, il tasso di giovani tra i 18 e i 24 anni che non partecipano al mercato del lavoro e ad attività di formazione è sceso dal 16% al 14%. Inoltre, secondo lo studio il tasso di occupazione tra i giovani adulti senza diploma di scuola secondaria è passato dal 59% al 61%, mentre per coloro che hanno un'istruzione almeno secondaria il tasso è salito dal 76% al 79%. "L’ampliamento dell'accesso e della qualità dell'istruzione consentirà ai Paesi di sfruttare il potenziale non utilizzato dei gruppi sottorappresentati, a beneficio delle società e delle economie”, ha evidenziato il segretario generale dell'Ocse, Mathias Cormann. “Tale processo aiuterà anche a garantire che gli studenti delle famiglie vulnerabili possano recuperare e siano dotati delle competenze giuste per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro".
Disuguaglianze di genere e socioeconomiche
Altro dato rilevante che emerge dal Rapporto riguarda il divario di genere nel settore educativo e lavorativo. Le ragazze e le donne continuano a eccellere in ambito scolastico, superando i ragazzi e gli uomini nei punteggi dei test, nei tassi di completamento degli studi e nella riduzione delle ripetizioni. Tuttavia, questi successi non si riflettono in pari opportunità lavorative. Per esempio, le donne tra i 25 e i 34 anni senza diploma di scuola secondaria superiore hanno un tasso di occupazione del 47%, ben 25 punti percentuali inferiore a quello dei loro coetanei maschi. Anche tra le donne con una qualifica terziaria, il divario persiste: l'84% di loro è occupato, rispetto al 90% degli uomini con lo stesso livello di istruzione.
Ma le disuguaglianze sono presenti già in tenera età, basti pensare che i bambini provenienti da famiglie a basso reddito sono in media il 16% meno propensi a essere iscritti a programmi di educazione e cura della prima infanzia prima dei tre anni. Gli studenti i cui genitori non hanno completato la scuola secondaria superiore hanno inoltre il 17% in meno di probabilità di completare con successo i propri studi rispetto ai coetanei provenienti da famiglie con una qualifica terziaria. Un divario che aumenta ancor di più per coloro che intraprendono percorsi universitari.
Per combattere questo genere di disuguaglianze, l’Ocse sottolinea che occorre intervenire durante la prima infanzia. L'accesso a servizi di qualità – anche in termini di infrastrutture - prima dell'inizio della scuola primaria aiuta infatti a colmare i divari di sviluppo tra i bambini e le bambine, garantendo un miglior punto di partenza per il loro percorso educativo.
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Il focus sull’Italia
I dati evidenziano un quadro complesso per l’Italia. Un Paese che, da un lato, vede progressi significativi nel numero di Neet (giovani che non studiano e non lavorano nè fanno formazione), ma che, dall’altro, continua a presentare gravi disuguaglianze di genere sia nel mondo del lavoro che nell’accesso all’istruzione e alla formazione.
Sulla differenza di genere nessun altro Paese dell'Ocse evidenzia un divario così marcato: le donne laureate in Italia guadagnano solo il 58% dello stipendio dei loro colleghi maschi. Questa disparità è particolarmente significativa se confrontata con la media degli altri Paesi, dove le donne percepiscono in media il 17% in meno rispetto agli uomini.
Un aspetto positivo riguarda invece i Neet. Dal 2016, la percentuale di giovani italiani in questa condizione è scesa significativamente, passando da circa uno su tre a uno su cinque (21%). Tuttavia, sebbene questo rappresenti un netto miglioramento, il Paese resta ancora lontano dalla media Ocse, che si attesta intorno al 15%.
Altro punto critico per l’Italia è dato dalla carenza di investimenti nell'istruzione. Con solo il 4% del Pil dedicato all'istruzione e alla formazione, l'Italia si colloca al di sotto della media Ocse del 5%. La maggior parte delle risorse è destinata alle scuole elementari, dove la spesa supera la media europea e Ocse. Tuttavia, andando avanti nei livelli educativi, dalle scuole medie fino all'università, gli investimenti si riducono drasticamente. Inoltre, gli stipendi degli insegnanti italiani restano tra i più bassi nell’area Ocse.
La carenza di insegnanti colpisce tutti i Paesi Ocse
Un'altra sfida evidenziata dal Rapporto tocca da vicino il numero di insegnanti qualificati. La difficoltà di reclutare nuovi docenti per sostituire coloro che vanno in pensione o lasciano la professione è un problema noto in molti Paesi. Nel 2022, 18 dei 21 Paesi per i quali sono disponibili dati hanno segnalato carenze di insegnanti, e molti posti vacanti non sono stati coperti. Per ovviare a tale problema l’Ocse raccomanda “misure più ampie, tra cui un maggiore supporto professionale e un riconoscimento pubblico del ruolo degli insegnanti, soprattutto nelle scuole situate in contesti svantaggiati”.