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Crisi climatica: l’80% della popolazione mondiale chiede azioni più incisive
Dal sondaggio Undp condotto su 77 Stati emerge che solo il 49% è soddisfatto di come il proprio Paese sta affrontando il cambiamento climatico. L’Italia tra i primi dieci a chiedere una rapida transizione energetica. 3/7/24
Emerge un consenso dalla portata definita “sorprendente” dal Peoples' climate vote 2024, la seconda edizione del sondaggio sul cambiamento climatico promosso dal Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), i cui risultati sono stati pubblicati il 20 giugno. L’indagine, più ampia della precedente nel 2021, ha coinvolto oltre 73mila persone in 77 Stati che rappresentano l’87% della popolazione mondiale, raggiungendo anche cittadini mai interrogati prima sulla questione e gli Stati più poveri del mondo.
Le interviste, raccolte tra settembre 2023 e maggio 2024, rilevano come le persone stanno vivendo la crisi climatica, le opinioni su come i Paesi l’hanno gestita finora e come vorrebbero la affrontassero. Leader e politici di tutto il mondo sono invitati a prenderne atto, sottolinea l’Undp, in vista della scadenza a febbraio 2025 quando dovranno presentare i loro piani d’azione sul clima, i cosiddetti “contributi determinati a livello nazionale”, aggiornati e allineati con l’Accordo di Parigi, che impegna a limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C rispetto all’era preindustriale. Le nuove promesse dei Paesi serviranno a definire le strategie di contrasto alla crisi climatica nel corso della Cop 30, prevista entro il 2025, tenuto conto che il cambiamento climatico sta accelerando più rapidamente del previsto.
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Ansia crescente e impatto sulle decisioni importanti
Oltre la metà delle persone intervistate (53%) ha dichiarato di essere più preoccupata per il cambiamento climatico rispetto all'anno precedente, con un dato ancora maggiore in Italia (65%). L'ansia è cresciuta maggiormente nei Paesi meno sviluppati (59%), e i più vulnerabili, rispetto ai membri del G20 (50%), e in tutte le fasce d'età, incluse quelle più anziane che in passato risultavano meno consapevoli sulla problematica. Le donne ne sono più colpite (55%) rispetto agli uomini (51%), soprattutto in America Latina e nei Caraibi. La maggioranza dichiara di pensare al cambiamento climatico regolarmente e per oltre due terzi (69%) sta influenzando decisioni importanti, come scegliere il luogo dove vivere o lavorare e cosa acquistare, una tendenza più evidente nei Paesi meno sviluppati di America Latina, Caraibi, Africa sub-sahariana, Europa centrale, Asia e Pacifico. Il 43% percepisce un peggioramento negli eventi meteorologici estremi rispetto all'anno prima, soprattutto nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (53%), che contribuiscono solo per l'1% alle emissioni di gas serra.
Gestione e ruoli decisivi nella sfida climatica
Solo metà degli intervistati (49%) ritiene che il proprio Paese stia affrontando molto bene il cambiamento climatico. In Italia lo pensa appena il 5%, prevalendo una valutazione complessivamente negativa. I più ottimisti si trovano in Arabia Saudita (81%), Bhutan (80%) ed Etiopia (78%), mentre i più pessimisti sono ad Haiti (73%), Brasile (60%), Iran e Spagna (55%). Le donne e le persone più istruite tendono a essere meno soddisfatte degli sforzi dei loro Paesi. A livello globale, il maggior impatto nella lotta al cambiamento climatico viene attribuito al governo (43%). In Italia solo il 9% gli riconosce questo merito, preferendo i gruppi di attivisti (30%), seguiti dall'Unione europea (20%) e le Nazioni Unite (10%). Per quanto riguarda il ruolo delle imprese, la fiducia nei loro sforzi è limitata. La quota di coloro che ritengono stiano svolgendo un buon lavoro varia dal 48% in Asia e Pacifico al 18% in Europa occidentale e settentrionale.
Un appello mondiale per una rapida transizione energetica
Quattro intervistati su cinque (80%) chiedono ai rispettivi Paesi di intensificare gli impegni nell’ azione climatica, con un sostegno quasi unanime in Italia (93%). Ben 62 dei 77 Stati esaminati (85%), inclusi otto dei maggiori produttori di combustibili fossili, ha una maggioranza favorevole a una rapida transizione all'energia pulita, con l’Italia tra i primi dieci (89%). Quasi otto persone su dieci vogliono che il proprio Paese offra maggior protezione alle popolazioni più a rischio di eventi meteorologici estremi, ma con significative differenze regionali: in America Latina e nei Caraibi è il 92% a sollecitare più aiuti, contro il 58% nel Nord America, con gli Stati Uniti fermi al 57%.Circa l’80% dei partecipanti al sondaggio sollecita il proprio Paese a fare di più per proteggere e ripristinare la natura e di potenziare l’educazione sui cambiamenti climatici nelle scuole.
Nessun Paese deve affrontare il cambiamento climatico da solo
Una vasta maggioranza (86%) sostiene che le nazioni dovrebbero collaborare per affrontare la crisi climatica, nonostante i disaccordi su altre questioni cruciali. Oltre tre persone su quattro chiedono agli Stati più ricchi di aumentare gli aiuti a quelli più poveri. Una richiesta maggiormente sentita tra i Paesi a basso reddito (91%) e, in cinque Paesi del G20, tra le donne (80%), con gli Stati Uniti che presentano il divario maggiore (+18 punti percentuali in più per la componente femminile). A livello globale, il consenso ad aumentare gli aiuti ai Paesi più poveri cresce con il livello di istruzione: dal 77% di chi non ha mai frequentato la scuola all'88% di chi ha un’istruzione post-secondaria.
Leggi il Peoples'climate vote 2024
di Antonella Zisa