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Facendo leva sull’educazione si può dimezzare la povertà globale, dice l’Unesco
Secondo uno studio dell’Unesco e del Global Education Monitoring Report, se tutti gli adulti finissero le scuole secondarie sarebbero sottratti alla povertà 420 milioni di individui. Ma i dati indicano che siamo lontani dall’obiettivo.
Il dibattito su come porre fine alla povertà in ottemperanza agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sarà al centro dell’High Level Political Forum di quest’anno (10-19 luglio). È per questo che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (Unesco) e il Global Education Monitoring Report (Gem Report) hanno condotto un’analisi degli impatti dell’educazione sulla crescita economica e sui livelli di povertà a livello globale.
Il Rapporto “Reducing global poverty through universal primary and secondary education”, pubblicato il 21 giugno, rivela che se tutti gli adulti frequentassero le scuole per due anni in più, 60 milioni di persone sarebbero sottratte alla povertà, e se tutti gli adulti terminassero le scuole secondarie, sarebbero 420 milioni gli individui ad uscire dallo stato di povertà: più della metà delle persone povere del mondo, e quasi due terzi dei poveri nell’Africa sub-Sahariana e nell’Asia del sud.
L’educazione, infatti, impatta sia sulla crescita economica sia sulla povertà, fornendo alle persone capacità che permettono di aumentare le opportunità di impiego e i redditi. L’educazione aumenta anche la resilienza delle comunità, preparando gli individui a gestire i rischi (ad esempio quelli legati alla salute o ai fenomeni atmosferici estremi) e contribuendo a proteggere le persone dalle vulnerabilità socio-economiche. Un più equo accesso all’educazione, inoltre, è legato all’Obiettivo dell’Agenda 2030 sulla riduzione delle disuguaglianze.
Eppure i dati dell’Istituto di statistica dell’Unesco (Unesco Institute of Statistics, Uis) dimostrano che negli ultimi anni non vi è stato un grande progresso nella riduzione del numero di bambini che non frequentano la scuola. A livello globale, dopo un iniziale miglioramento negli anni successivi al 2000, i numeri sono rimasti pressoché gli stessi dal 2008 a oggi: viene ancora negato il diritto all’educazione al 9% dei bambini dai 6 agli 11 anni, e il tasso sale al 16% e al 37% rispettivamente per le fasce di età 12-14 e 15-17 anni. I dati più recenti presi in esame dal Rapporto indicano che nel complesso erano 264 milioni i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti che non frequentavano le scuole nel 2015.
Non mancano però gli elementi positivi: Secondo il Rapporto, infatti, il mondo si sta avvicinando alla parità di genere in relazione ai tassi di frequentazione scolastica. Sebbene storicamente le bambine e le giovani donne siano sempre state più soggette al rischio di esclusione dall’educazione, a livello globale i numeri di bambine e bambini che non frequentano la scuola sono ormai quasi identici. In alcuni Paesi, tuttavia, le disparità permangono: nei Paesi a basso reddito sono più di 11 milioni le bambine che non frequentano la scuola primaria, contro i 9 milioni di bambini.
La regione con i tassi più elevati di bambini che non frequentano la scuola è l’Africa sub-Sahariana: più della metà (57%) dei giovani tra i 15 e i 17 anni, oltre un terzo (35%) degli adolescenti tra i 12 e i 14, e un quinto (21%) dei bambini tra i 6 e gli 11 anni. Inoltre, soltanto sei Paesi ospitano oltre un terzo dei bambini del mondo che non frequentano la scuola primaria: Nigeria (8,7 milioni), Pakistan (5,6 mln), India (2,9 mln), Sudan (2,7 mln), Indonesia (2,6 mln) ed Etiopia (2,2 mln).
Il Rapporto termina con alcune raccomandazioni. Secondo l’Unesco, in molte zone del mondo bisogna migliorare la qualità dell’educazione e ridurne i costi diretti e indiretti per le famiglie. Alcuni Paesi, infatti, spendono ancora cifre troppo elevate per ogni bambino che frequenta la scuola: 87 dollari a bambino per l’educazione primaria in Ghana, 151 dollari in Costa d’Avorio e 680 in El Salvador.
di Lucilla Persichetti