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Gli attuali flussi finanziari non garantiscono l’eliminazione della povertà estrema
Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite segnala che i Paesi in via di sviluppo sono in difficoltà per la contrazione degli aiuti pubblici, il calo degli investimenti diretti e i trasferimenti finanziari illeciti.
Recenti e preoccupanti tendenze della finanza internazionale hanno implicazioni particolarmente problematiche, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Il rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato di recente sulla situazione economica mondiale e le prospettive per il 2017 (WESP 2017) riconosce questi problemi, che sono molto rilevanti per le esigenze di finanziamento per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Si prevede che la crescita del Pil nei Paesi meno sviluppati (LDC) rimarrà al di sotto del percorso degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) di almeno il 7 per cento. Il rapporto rileva, in particolare, che nella traiettoria di crescita attuale e non assumendo alcun calo delle disparità di reddito, quasi il 35 per cento della popolazione nei Paesi meno sviluppati potrebbe rimanere in condizioni di estrema povertà fino al 2030.
Gli investimenti diretti esteri (Ide) nei Paesi in via di sviluppo sono stati in aumento a partire dal 2000, con un picco di 474 miliardi di dollari nel 2011. Ma da allora, gli Ide sono in fortissimo calo, fino a 20 miliardi di dollari nel 2016. La maggior parte degli Ide verso i Paesi in via di sviluppo continua ad andare in Asia e in America Latina, ma il calo dei prezzi delle materie prime dal 2014 ha depresso gli Ide nei paesi sub-sahariani e sudamericani ricchi di queste risorse. Il calo dei prezzi delle materie prime sono anche in grado di ridurre i flussi di Ide verso i Paesi meno sviluppati, che più necessiterebbero di aiuti, ma invece ricevono solo una piccolo trasferimento netto positivo di risorse.
Il rapporto evidenzia anche che, se i flussi di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (Aps) sono aumentati, la quota di Aps sul Pil è diminuita dopo il 2009. L'aumento registrato di recente è dovuto in massima parte alle spese per i rifugiati. Se queste si escludono dall’Aps, il 6,9% di aumento registrato nel 2015 scende a un misero 1,7% per cento. In cinque Paesi che fanno parte del Dac, il Comitato di aiuto pubblico dell’Ocse, l’Aps è crollato una volta depurato dai costi per i rifugiati. Gli aiuti ai Paesi meno sviluppati sono in calo dal 2010.
Le erogazioni da parte delle banche multilaterali di sviluppo sono aumentate solo marginalmente nel 2015, mentre i nuovi impegni sono diminuiti. Gli impegni dell'International Development Association (IDA) che si basa sui contributi dei donatori per fornire crediti agevolati e contributi a Paesi a basso reddito, sono diminuiti in termini reali durante il 2014-2015.
I Paesi in via di sviluppo hanno anche perso una cifra stimata in 7,8 miliardi di dollari per flussi finanziari illeciti (Iff) tra il 2004 e il 2013 a causa dell'evasione fiscale, del transfer-pricing, della misfatturazione commerciale e dello spostamento dei profitti da parte delle società transnazionali. Negli ultimi dieci anni gli Iff sono spesso stati maggiori della somma di Aps e flussi di Ide verso i Paesi poveri.
WESP 2017 evidenzia la necessità di un completo rinnovamento del sistema finanziario internazionale per affrontare le questioni della finanza per lo sviluppo (SDG 17) e per garantire i trasferimenti di risorse necessarie ai Paesi in via di sviluppo. Il rapporto chiede inoltre una maggiore cooperazione politica internazionale e maggiore coordinamento, in particolare nei settori del commercio e degli investimenti. E’ necessaria anche una migliore cooperazione internazionale per accelerare il trasferimento di tecnologie pulite, per raccogliere finanziamenti per il clima, per rafforzare la cooperazione fiscale internazionale contro l’evasione e per affrontare le sfide poste dai grandi movimenti di rifugiati e migranti.
Il Rapporto è stato prodotto congiuntamente dall’United Nations Department of Economic and Social Affairs (UN/Desa), United Nations Conference on Trade and Development (Unctad) e le cinque commissioni regionali dell’Onu: Economic Commission for Africa (Eca), Economic Commission for Europe (Ece), Economic Commission for Latin America and the Caribbean (Eclac), Economic and Social Commission for Asia and the Pacific (Escap) and Economic and Social Commission for Western Asia (Escwa).
di Gemma Arpaia