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L’Ocse all’Italia: occorre fare di più contro la corruzione internazionale
Nonostante gli sforzi normativi del nostro Paese negli ultimi dieci anni, dice il Phase 4 Report, incidono negativamente l’alto tasso di archiviazioni, le basse sanzioni e le lacune sull’antiriciclaggio. 24/11/22
Gli avanzamenti normativi fatti negli ultimi dieci anni sono stati concreti, ma in Italia la maggior parte dei casi di corruzione internazionale vengono archiviati o prosciolti e le sanzioni penali sono applicate per patteggiamento. Questo è il messaggio che emerge dal Phase 4 Report – Italy redatto dal Working group on Bribery dell’Ocse, l’organismo che valuta l’attuazione della Convenzione sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali. Il Rapporto fa parte della quarta fase di monitoraggio del Gruppo di lavoro sulla corruzione, avviata nel 2016.
I progressi. Il report rileva che, rispetto alla valutazione precedente (Phase 3), l’Italia ha intrapreso un rafforzamento del quadro legislativo per la lotta alla corruzione internazionale, creando così la base giuridica per portare avanti le inchieste. I miglioramenti includono l’allungamento dei termini di prescrizione del reato, l’aumento delle pene detentive e delle sanzioni interdittive e l’introduzione di un sistema di tutela per gli informatori (whistleblower). Inoltre, è stato istituito il Dipartimento III presso la Procura di Milano, specializzato in affari internazionali e reati economici. Negli ultimi anni, evidenza il Rapporto, sono stati impegnati investimenti significativi per digitalizzare e modernizzare il sistema giudiziario. L’Italia ha aumentato le verifiche fiscali e la cooperazione tra le autorità fiscali e le forze dell'ordine italiane. Ha compiuto sforzi per rafforzare il proprio quadro giuridico e politico per l'assistenza giudiziaria reciproca e l'estradizione.
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Troppe archiviazioni. Il Gruppo di lavoro esprime tuttavia preoccupazione per il fatto che “quasi tutte le condanne per corruzione straniera sono garantite attraverso il patteggiamento, una forma di risoluzione non processuale”. Si fa notare, inoltre, che “spesso le corti dichiarano l’archiviazione del caso perché la totalità delle prove indiziarie non viene presa in esame simultaneamente”, dunque “Molti procedimenti che potrebbero dimostrare la presenza di casi di corruzione, se considerati nel loro complesso, vengono archiviati a causa di questo approccio ristretto”. Nei casi portati in tribunale, a parte una sentenza arrivata a condanna nel 2013, cinque degli ultimi sette processi per corruzione internazionale in Italia sono stati archiviati.
Un’altra nota negativa è la legislazione italiana in materia di holding responsabili di corruzione all'estero. Si rileva che “le multe aziendali sono così basse da essere inadatte allo scopo. Il termine di prescrizione è molto più breve per le società che per i privati”.
Le raccomandazioni. Il Gruppo di lavoro esorta l’Italia a intensificare i suoi sforzi nella lotta al riciclaggio di denaro “sporco” proveniente da affari illeciti. Il documento evidenzia anche che la corruzione all’estero dovrebbe essere specificatamente affrontata nella valutazione nazionale del rischio di riciclaggio di denaro in Italia e nelle linee guida fornite alle entità soggette alle normative anti-riciclaggio.
L’Ocse avanza una serie di ulteriori raccomandazioni, chiedendo all’Italia:
- l’adozione di una strategia nazionale completa per combattere la corruzione straniera;
- l’implementazione di un’efficace divulgazione delle attività e delle regole volte a combattere la corruzione internazionale;
- il miglioramento degli strumenti con cui viene rilevata la corruzione tra Stati;
- un rafforzamento nella protezione dei segnalanti nel settore pubblico e privato;
- l'incoraggiamento alle aziende ad adottare programmi anticorruzione conformi.
di Milos Skakal