Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri.

L'Agenda 2030 dell'Onu per lo sviluppo sostenibile
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, un piano di azione globale per le persone, il Pianeta e la prosperità.

Goal e Target: obiettivi e traguardi per il 2030
Ecco l'elenco dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals - SDGs) e dei 169 Target che li sostanziano, approvati dalle Nazioni Unite per i prossimi 15 anni.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
Nata il 3 febbraio del 2016 per far crescere la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e per mobilitare la società italiana, i soggetti economici e sociali e le istituzioni allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Altre iniziative per orientare verso uno sviluppo sostenibile

Contatti: Responsabile Rapporti con i media - Niccolò Gori Sassoli.
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The Italian Alliance for Sustainable Development (ASviS), that brings together almost 300 member organizations among the civil society, aims to raise the awareness of the Italian society, economic stakeholders and institutions about the importance of the 2030 Agenda for Sustainable Development, and to mobilize them in order to pursue the Sustainable Development Goals (SDGs).
 

Notizie dal mondo ASviS

Il ruolo dei territori nei programmi di lungo termine e nelle politiche di sostenibilità

L’incontro, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile, ha affrontato il tema del contributo di Regioni, Province e Città di fronte alla sfida dei fondi europei. L’ASviS chiamata a collaborare ai processi di coesione. 1/10/20

Servono progetti strategici e politiche nazionali e territoriali integrate per vincere la sfida dello sviluppo sostenibile e rispondere concretamente agli Obiettivi dell’Agenda 2030. Digitalizzazione, riduzione delle emissioni, edifici scolastici e nuova didattica, periferie e rigenerazione urbana, lotta alla povertà e alle disuguaglianze e, soprattutto, coesione sociale e territoriale per ridurre le distanze tra Nord e Sud del Paese. La crisi epidemica spinge verso il cambiamento del modello di sviluppo e l’opportunità derivante dai fondi del programma Next Generation Eu, dai fondi europei della nuova programmazione 2021-2027 e da risorse nazionali, va utilizzata appieno, con una progettazione integrata di tutti i fondi. A tale scopo serve uno sforzo comune di soggetti pubblici, privati e della società civile: esponenti del Governo, delle Regioni e dei Comuni hanno chiesto all’ASviS di collaborare a progettare l’Italia del 2030, a partire dal disegno del “Piano di ripresa e resilienza” e dell’Accordo di partenariato che orienterà i fondi strutturali per gli anni 2021-2027.  

È questo in estrema sintesi il messaggio emerso stamane nel corso dell’evento “Territori come motore dello sviluppo sostenibile”, svoltosi nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile in corso fino all’8 ottobre, durante il quale amministratori pubblici e privati insieme a rappresentanti del Governo, delle Regioni, delle Province e delle Città si sono confrontati sul ruolo dei territori per programmare e realizzare politiche coerenti nella direzione dello sviluppo sostenibile come disegnato dall’Agenda 2030.

L’incontro si è svolto al Macro di Roma nella mattinata di giovedì 1° ottobre, con partecipazioni in presenza e on line e un pubblico virtuale che ha superato le 40mila persone. Il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini, in apertura, ha affermato che nella modalità territoriale si sviluppa una compartecipazione che può diventare un nuovo modo di intendere il governo della cosa pubblica. “La cura del territorio è importante per alzare il livello della tutela e anche per produrre una ulteriore capacità di innovazione sociale”.

Simone Morandini, dell’istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia, ha trattato il tema dell'etica della sostenibilità per il governo dei territori, che ha compendiato in una frase: “cambiare rotta per custodire il futuro”. La fase storica che viviamo esige lungimiranza, per misurarci con una realtà che è in continuo cambiamento. Abitiamo l’Antropocene, cioè l'epoca in cui l’agire umano è diventato l'elemento determinante del cambiamento del Pianeta e il cambiamento climatico ne è forse la dimostrazione più chiara. Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi? Già questa generazione si dimostra profondamente esposta alle dinamiche in atto, basti pensare ai fenomeni metereologici estremi: sono le avvisaglie di un mutamento che sta solo iniziando a dispiegarsi. Sappiamo coltivare una umanità capace di guardare in avanti, alla costruzione di sostenibilità? Una umanità solidale, capace di modulare le proprie forme di vita alla responsabilità verso gli altri, incluse le prossime generazioni? Al momento non è questo il percorso che l'umanità sta seguendo, ha risposto Morandini. “Andiamo verso la tempesta perfetta dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche; abbiamo bisogno di cambiare rotta, mettere in atto quella che Francesco chiama ‘conversione ecologica’. Un'etica della sostenibilità esige mutamenti profondi, strutturali e chiede di realizzare tutto questo in una transizione giusta, perché il cambiamento sia di aiuto a tutti, in particolare ai soggetti più fragili e svantaggiati”. I territori sono gli ambiti in cui queste sfide prendono concretezza, ma sono al contempo i luoghi di una reazione creativa in cui le comunità locali fanno azioni di sostenibilità. Perché questo sia possibile occorre che in tutti i soggetti coinvolti si affermino nuove virtù, nuovi comportamenti positivi, quella capacità progettuale che si traduce in una nuova visione della politica, della economia, della società. Citando la “Laudato sì” Morandini ha concluso affermando che “la nostra preoccupazione per questo pianeta non deve toglierci la gioia della speranza e credo davvero che la speranza sia l'ultima qualificante componente di un'etica della sostenibilità, conferendole una forza imprevedibile”.

Vito Borrelli, vicedirettore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, ha ricordato che il tema dello sviluppo sostenibile è al centro degli incontri dell’Unione europea in questi giorni così come è stato al centro del discorso di Ursula von der Leyen sullo stato dell'Unione. La Comunità europea si è impegnata sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile sia nelle azioni interne che in quelle esterne e questo vale anche per le politiche dirette al territorio. La politica di coesione è uno strumento fondamentale per le politiche di sviluppo sostenibile e nel programma 2021 - 2027 la Commissione opererà per assicurare in ogni regione una transizione verde e digitale che non lasci indietro nessuno.

Si è aperta poi una tavola rotonda su “Il Piano nazionale di rilancio e le proposte dell’ASviS per territori sostenibili”, moderata da Monica Paternesi dell’Ansa. La relazione introduttiva è stata tenuta da Walter Vitali, direttore di Urban@it, e coordinatore del Gruppo di lavoro sul Goal 11 dell’ASviS. Per Vitali, la battaglia per lo sviluppo sostenibile si vince e si perde nelle città. Ha citato tre documenti: il pacchetto di investimenti elaborato dall’ASviS; le proposte avanzate dalla Commissione europea il 17 settembre; le linee guida per il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dal governo. Il pacchetto di investimenti dell’ASviS è traguardato alle tre fondamentali direzioni contenute nella strategia europea: transizione verde; trasformazione digitale; sanità e lotta alla povertà, il tutto in un quadro di stabilità finanziaria. L'Europa chiede di presentare insieme il Programma per la ripresa e la resilienza e il Piano nazionale di riforma, quindi occorre mettere insieme i piani del Next generation Eu, i fondi nazionali e quelli del settennato europeo. “Ho apprezzato le linee guida europee perché contengono obiettivi quantitativi fino al 2030” ha detto Vitali, segnalando però che nessuna città italiana si è proposta, come Stoccolma, Copenaghen Parigi, di raggiungere la neutralità climatica dieci anni prima degli obiettivi della von der Leyen, cioè al 2040.  In conclusione, al momento bisogna porre l'accento sul coordinamento delle strategie per raggiungere gli obiettivi europei. Dobbiamo vedere quale contributo possono dare città e territori al raggiungimento del piano. “È fondamentale avere un unico documento, tra Programma nazionale di ripresa e resilienza e Piano nazionale di riforma, che secondo noi potrebbe avere una durata uguale al Next generation Eu, cioè sei anni, e diventare un grande piano nazionale per lo sviluppo sostenibile”.

È poi intervenuto Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, che ha rivendicato la capacità dimostrata finora dal governo di costruire con Comuni e Regioni dei modelli di ripartenza. “Mattoncino dopo mattoncino abbiamo messo insieme un sistema che ci fa essere tra i Paesi meglio in grado di affrontare l'emergenza. Nel giro di tre mesi siamo passati da essere percepiti come un Paese di untori dopo la Cina, a un Paese virtuoso”. Il negoziato europeo chiuso a luglio ci pone di fronte a prospettive nuove. La sfida è ora come si pongono i territori. “Entro fine anno il ministro Amendola tirerà le somme. Nel comitato interministeriale che coordina ci sono Regioni ed enti locali e non si potrà prescindere dalle proposte che arriveranno dai territori”. Boccia si è detto a favore della proposta di Vitali di anticipare al 2040 le politiche di emissioni zero delle città e ha ricordato che in passato una sua proposta in questo senso era stata respinta in Parlamento, “Ma oggi siamo al governo e penso che ci siano tutte le condizioni per riprenderla: il Paese è più forte perché c’è una maggiore sensibilità ambientale e quindi potremo essere all'altezza della sfida”.  Siamo anche maturi per vincolare alcune politiche pubbliche al Bes, i parametri di benessere equo e sostenibile. “Quattro anni fa abbiamo inserito alcuni indicatori Bes nel Def, il Documento di economia e finanza, ed è stato un grande passo avanti, ma ora possiamo fare un passo in più usando gli indici di sostenibilità per misurare l'efficacia della nostra azione”.

Chiara Appendino, sindaca di Torino, ha detto che le città sono chiamate a essere protagoniste. L'emergenza ci ha fatto comprendere che la transizione ha bisogno di un cambiamento radicale. Si stima che entro il 2030 il 70% della popolazione vivrà in un contesto urbano e questo richiama i sindaci a una enorme responsabilità. Occorrono infrastrutture materiali come le piste ciclabili, l'accelerazione della raccolta differenziata, ma occorre anche un aumento del senso di responsabilità dei cittadini: se i singoli individui non si sentono responsabili nell’utilizzo delle infrastrutture, il cambiamento non avviene. Lo stesso concetto di auto privata cambierà con lo sharing: la tecnologia sta cambiando le città con rischi e opportunità e le istituzioni locali devono governare il cambiamento per massimizzare le opportunità.

Virginia Raggi, sindaca di Roma, ha detto che la sua amministrazione ha cominciato subito a lavorare sul tema della mobilità sostenibile, perché a Roma il problema traffico è sempre stato presente. Il piano urbano della mobilità sostenibile prevede obiettivi a dieci anni per modificare totalmente la mobilità. Roma in passato aveva 400 chilometri di linee tranviarie che sono state smantellate, ma ora bisogna tornare indietro. “Siamo impegnati sul completamento della metro C, nella realizzazione della metro D, nel prolungamento delle metro esistenti, e nel potenziamento della flotta di superficie. Sarebbe bellissimo poter anticipare la decarbonizzazione al 2040, ma quando vado a ordinare autobus elettrici scopro che il mercato ancora non li produce in termini sostenibili dal punto di vista economico e quindi non posso realizzare l'obiettivo”. La chiusura dell'anello ferroviario cambierà completamente la mobilità a Roma. “Le periferie si sono espanse negli ultimi 50/60 anni senza servizi pubblici adeguati e quindi adesso dobbiamo raggiungerle col nuovo trasporto su ferro. A Roma non abbiamo bisogno di ulteriore consumo di suolo, ma abbiamo bisogno di riqualificare l’esistente”. Ci sono dunque tantissime azioni che si intersecano e il Recovery Fund è l’occasione per cambiare completamente modello.

Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e presidente dell’Unione province d’Italia, ha ammonito che “perderemo la sfida se non affrontiamo anche il problema dei territori più piccoli e marginali”. Negli ultimi 100 anni abbiamo fatto progressi incredibili ma con un impatto molto pesante sul Pianeta. Ora la sfida non è solo di essere green, ma di azzerare questo impatto ambientale senza fare un passo indietro dal punto di vista sociale.  È una sfida difficilissima, ma è stata ancor più difficile in anni nei quali sul discorso investimenti c'era una cortina di fumo e di nebbia che rendeva difficile qualsiasi iniziativa. Fino a poco tempo fa il tema di contrarre nuovo debito per fare investimenti sarebbe stato proibitivo. Invece, se sei dentro un grande dramma, o investi o sei condannato a perdere. Oggi abbiamo le tecnologie, abbiamo le risorse, mi sento di dire che c'è anche la volontà politica, forse più nelle città che nelle regioni, ma se non c'è una consapevolezza diffusa, un motore che parte dai cittadini, non si possono ottenere risultati”. Per esempio, nella Pianura padana, uno dei luoghi più inquinati del mondo, abbiamo la rivolta dei ceti popolari più deboli contro la possibilità di imporre veicoli meno inquinanti. Al tempo stesso, abbiamo avuto un movimento spontaneo di giovani in tutto il mondo legato ai cambiamenti climatici, “Quei ragazzi poi rientrano nelle loro scuole, che in termini di efficienza energetica sono una tragedia. Abbiamo proposto di fare in tutte le scuole un laboratorio per discutere come rendere l'edificio sostenibile dal punto di vista energetico e sismico, dando così un grande messaggio al Paese e formando una generazione intera. Questo sarebbe un progetto da presentare all’Europa che darebbe anche un messaggio alla nuova generazione”.

La seconda tavola rotonda, “La localizzazione degli SDGs e la politica europea di coesione 2021-2027” è stata moderata dal portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini. La discussione è stata introdotta da Flavia Terribile, presidente del Comitato per le politiche di sviluppo regionale dell'Ocse. “Siamo di fronte a una sfida di proporzioni storiche per il Paese perché il nostro futuro è già plasmato dalle azioni e anche dalle inazioni di questi mesi. L'Agenda 2030 è un potente strumento di riforma e di cambiamento perché fornisce un quadro per analizzare le politiche in modo integrato e per coinvolgere nel disegno delle politiche tutti gli stakeholder interessati”. È importante parlare di territori perché per alcune zone lo shock indotto dalla pandemia è stato molto più forte e ha colpito le fasce più vulnerabili della nostra società; alcuni settori produttivi, come il turismo, sono stati particolarmente danneggiati. I sistemi territoriali più fragili registrano i più pesanti impatti economici e queste differenze possono accentuare ulteriormente le disuguaglianze. Il secondo motivo che spiega la rilevanza di un approccio territoriale è l'attuazione delle politiche di investimento. È necessario promuovere una strategia condivisa per delineare le priorità in termini di benessere delle persone e individuare le fonti di finanziamento. L’Ocse ha rilevato che almeno 105 dei 169 target dall' Agenda 2030 non saranno raggiunti senza l'impegno dei governi locali. Secondo l’Ocse, l'Italia è tra i Paesi che presentano le maggiori differenze di genere nell’occupazione: è necessario promuovere un approccio multilivello ed è in questa direzione che si muove la politica di coesione. Con l'accordo di luglio sul quadro pluriennale e il Next generation Eu si sono poste le basi perché la politica di coesione possa svolgere un ruolo centrale per promuovere la transizione verso un'economia più verde e più inclusiva. La politica di coesione europea e il sistema di governance multilivello che la caratterizza rappresentano oggi il principale strumento per dare opportunità e voce alle persone nei luoghi. Sarà quindi importante coinvolgere cittadini, imprese e istituzioni in uno sforzo comune per realizzare una ripresa senza lasciare nessuno indietro.

Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e presidente di Ali, Autonomie locali italiane, ha detto che dall’emergenza Covid abbiamo ricavato tante incertezze ma anche alcune certezze; una di queste è la sfida ambientale che è uscita rafforzata. Si aggiunga anche la realizzazione del grande valore dello spazio terrestre: l'importanza di avere un giardino o un terrazzo. Come dicono gli agenti immobiliari, le persone stanno cercando case più grandi e questa è una grande opportunità di trasformazione delle nostre città. Per fortuna abbiamo ora degli incentivi molto forti per poterlo fare, ma abbiamo bisogno di normative urbanistiche più flessibili. La ricerca dello spazio può valorizzare anche i piccoli borghi e le aree interne. Abbiamo anche bisogno di ripensare la mobilità delle nostre città investendo sempre di più nella mobilità sostenibile. Una parte del Recovery plan deve essere investito nella riorganizzazione territoriale e quindi insieme all’efficientamento energetico e alla mobilità alternativa il riequilibrio territoriale può essere uno degli elementi centrali attorno ai quali investire, ovviamente accanto alla digitalizzazione delle nostre città.

Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna e presidente della Conferenza regioni italiane, ha detto che “la grande opportunità dei fondi europei va percorsa e determinerà un giudizio sulla classe dirigente”. Il green new deal indica molto bene le priorità per rimettere in moto una crescita che però deve essere sostenibile e lo dobbiamo fare con un occhio agli obiettivi indicati dall’Onu, con infrastrutture materiali sostenibili e immateriali come la digitalizzazione. Abbiamo bisogno di alcuni filoni strategici per realizzare la società della conoscenza: un sistema di welfare e di sviluppo sostenibile e di sanità pubblica. Le Regioni hanno preteso di essere coinvolte e abbiamo alcune settimane per indicare insieme le priorità. Anche le Regioni devono fare alcune scelte strategiche evitando un'enciclopedia di singoli piccoli progetti utili a prendere più voti alle elezioni invece di consegnare una prospettiva che valga per i prossimi dieci o vent’anni, recuperando i ritardi storici che le regioni hanno accumulato. È necessario ridurre i divari tra i più forti e i più deboli, ma nessun governo senza le Regioni e i Comuni ce la farebbe a realizzare oltre 200 miliardi di progetti. È necessaria una programmazione integrata di tutti questi aspetti, anche perché la tempistica dei fondi europei impone decisioni rapide che non sempre le Regioni sono in grado di rispettare. “In Emilia – Romagna indicheremo un piano per il lavoro e per il clima programmando il settennato sia per i fondi europei che per i fondi nazionali, ma guardando al 2030. Serve una robusta cabina di regia d'intesa con i territori e con l'Europa per evitare una dispersione di progetti”.

Luca Bernareggi, presidente di Ancc – Coop, ha affermato che è necessario conciliare il giusto prezzo con la sicurezza e la tracciabilità e l'affidabilità. “Spesso come Coop abbiamo anche investito in questa direzione, ma oggi questo tema non è più rinviabile: i produttori della grande distribuzione devono offrire un prezzo congruo ma che sia anche figlio di politiche di sostenibilità. Riscontriamo però un aumento della cooperazione tra istituzioni, imprese e realtà locali”. Il prossimo autunno - inverno potrebbe tradursi in una crisi sociale importante, ma un atteggiamento di cooperazione con le imprese potrebbe cambiare le traiettorie. “Per esempio, il provvedimento sulla plastic tax va nella direzione contraria a questa esigenza. L'Italia è leader nei prodotti biologici nel mondo non perché il Parlamento ha punito le altre produzioni, ma ha incentivato chi si si è sentito di rischiare con produzioni improntate alla sostenibilità e alla tracciabilità. La plastic tax invece introduce un principio che sarà poi pagato dal consumatore. Se il governo riuscirà a porsi con un atteggiamento di inclusione istituzionale, anche con realtà locali di colore diverso, questo tema potrà fare la differenza rispetto al futuro”.  

Roberto Moneta, amministratore delegato del Gse, ha detto che “per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di diventare il primo continente a impatto climatico zero, noi del Gse abbiamo deciso di partire dai territori. Dobbiamo tenere d’occhio il fattore tempo e fare le cose meglio. Abbiamo tanti meccanismi per una transizione giusta, tanti strumenti a disposizione che impegneranno insieme istituzioni, amministrazioni centrali, regioni, comuni, enti territoriali e noi del Gse per lo sviluppo di un modello sostenibile di quei piccoli grandi tesori che sono le nostre città. Grazie a un approccio ispirato alle strategie di network governance abbiamo raggiunto più del 30% dei comuni italiani e siamo sul territorio per raddoppiare questo risultato nel 2021 con ogni risorsa, incentivo, dato, esperienza e competenza. Convinti che per dare un concreto supporto a pubblica amministrazione, imprese e cittadini nel liberare il valore e il potenziale del proprio territorio, la parola d’ordine sia semplificazione, tenendo sempre alta l’asticella della qualità e della legalità.”

Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, ha ricordato che “due terzi dei nostri cittadini, quelli che vivono a sud di Roma, producono un terzo del nostro Pil. Esiste un clamoroso problema di coesione, che ha molto a che fare con la sostenibilità”. Negli ultimi trent'anni, secondo Arcuri, la combinazione di due forze positive come il federalismo e il liberismo in realtà ha fatto crescere questi divari determinando il fallimento delle politiche di coesione, a coronamento del quale è arrivato il coronavirus. Un piano di investimenti straordinari non può che avere come obiettivo primario quello di colmare questo divario. Come si fa? “Dico solo tre cose. Primo, ogni volta che si offre sul territorio nazionale un'opportunità, questa va solo a vantaggio di chi è più avanti. Secondo, ogni volta che si offre un'opportunità frammentata a pioggia non si va a favorire chi sta più indietro. Terzo, a marzo l'Italia non era in grado di produrre nulla che servisse all’ emergenza. Oggi siamo l'unico Paese al mondo in grado di fornire 11 milioni di mascherine a 19mila istituti scolastici, grazie a una straordinaria operazione di reshoring, con una maggioranza di imprese collocate nel Sud. Quando le regole del gioco sono compatibili, la coesione può essere una forma di sviluppo realizzato. 

A Marina Ponti, direttrice della SDG Action Campaign dell’Onu, Giovannini ha chiesto qual è la reazione delle persone e dei governi rispetto agli Obiettivi dell’Agenda 2030. “C'è stato un enorme pessimismo perché siamo in uno dei momenti più bui della storia recente. Abbiamo assistito a un momento di arresto della politica di sviluppo sostenibile e c'è il rischio di perdere alcuni passi avanti, con un peggioramento di indicatori fondamentali di salute, istruzione, parità di genere.  Tuttavia nei mesi recenti c'è un nuovo processo e cioè la presa di coscienza che siamo in un momento nel quale abbiamo le risorse finanziarie e la possibilità di delineare politiche nuove; questa pandemia puà offrire l'opportunità di raggiungere quella visione condivisa dai cittadini per un futuro che sia sostenibile e giusto”. I 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 possono essere riassunti nella sostenibilità unita alla giustizia sociale; altrimenti si rischia di ridurre le emissioni e l'inquinamento, ma di lasciare indietro la maggior parte della popolazione mondiale. Ci sono dibattiti globali molto forti, sul futuro del lavoro, della scuola, della partecipazione, dell’economia ed è fondamentale che tutti partecipino e che tutti facciano molto di più di quello che è stato fatto finora. Non è il momento di fare piccoli passi avanti, è il momento di voltare pagina.  

Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la coesione territoriale, ha ricordato che i temi della coesione e della sostenibilità sono temi di grande dibattito mondiale. La pandemia ci ha fatto capire la insostenibilità di un modello di sviluppo che ha creato una concentrazione di ricchezza in alcuni luoghi, unito alla insostenibilità sul piano ambientale e sul piano democratico.  La giustizia sociale e ambientale si persegue nei luoghi dove sono le persone e quindi nei territori. Questo modello di sviluppo genera infelicità per le relazioni con l'ambiente e per le disuguaglianze sociali che provoca, ma c’è un punto di svolta segnato dalla mobilitazione di tante associazioni e dei ragazzi dei Fridays for future, che ha portato alla maturazione di una consapevolezza nuova. “L'Europa si è affermata nel mondo con una sua identità grazie al welfare e alla costruzione dello Stato sociale; oggi la nuova posizione di leadership dell'Europa nel mondo può essere sulla sostenibilità”. Anche il Next generation Eu può contribuire a questa svolta storica. Il tema del nesso sempre più stretto tra giustizia sociale e ambientale ormai è maturo per essere trasformato in politiche. “Prima della pandemia avevo presentato un Piano Sud per il 2030, con politiche che oggi vediamo coerenti col Next generation Eu. Abbiamo capito che solo con il concorso di tutti i territori, il Mezzogiorno, le aree interne e le periferie marginalizzate è possibile realizzare un progresso. Il Sud ha beneficiato meno dei processi di industrializzazione, è l’area del Paese più esposta all’emergenza climatica, ma è anche un territorio che esprime una vitalità nella bioeconomia e nell’agroalimentare, anche senza una politica adeguata. La priorità resta quella degli investimenti per modificare il contesto. Abbiamo chiuso un quadro finanziario pluriennale che offre opportunità senza precedenti dal 2021 al 2027; abbiamo riattivato una leva di investimenti pubblici e proprio sul tema ambientale vogliamo insistere. Adesso stiamo lavorando sulla prospettiva di rafforzare la capacità di utilizzare i fondi anche attraverso il Recovery plan. Dobbiamo anche estendere la nostra attenzione alle città medie che sono la struttura portante del nostro Paese”.

“Siamo molto lieti dell’apprezzamento per le proposte che l’ASviS ha avanzato nel corso di questi anni e del lavoro di stimolo e sensibilizzazione sia a livello nazionale sia a livello locale verso politiche che avvicinino il Paese alla sostenibilità economica, sociale e ambientale”, ha sottolineato il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini a conclusione dell’incontro. “La disponibilità del ministro Boccia e del ministro Provenzano a rilanciare il Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu) nella direzione dello sviluppo sostenibile, così come la richiesta di contribuire al processo di programmazione delle risorse europee per il Mezzogiorno ci auguriamo divengano presto realtà”. L’ASviS è stata anche invitata dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a collaborare al lavoro dell’Associazione dei comuni e delle regioni europee, da lui presieduta, per spingere i territori europei a mettere in pratica l’Agenda 2030.

a cura di Donato Speroni

giovedì 1 ottobre 2020

Aderenti