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L’Italia e il Goal 4: dispersione scolastica e disuguaglianze in aumento
Cresce il numero di early leavers e i profondi divari territoriali si stanno rafforzando. Rapporto ASviS: bisogna indagarne le cause e continuare la diffusione dell’educazione alla sostenibilità e alla cittadinanza globale. [VIDEO] 23/10/2019
Il Goal 4 (Istruzione di qualità) in sintesi
Il Rapporto ASviS 2019 mostra un netto miglioramento per il Goal 4 in tutte le regioni, in particolare per quelle del Nord e Centro Italia. Permangono, però, ancora forti disuguaglianze tra le regioni italiane, dovute principalmente al divario del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale, particolarmente evidente per la quota di laureati tra i 30-34 anni (21,6% nel Mezzogiorno, rispetto alla media nazionale del 26,9%), e per l'uscita precoce dal sistema di formazione che nel Mezzogiorno si attesta al 18,5% rispetto al 14% dell’Italia.
Negli ultimi 12 mesi è aumentata la quota di dispersione scolastica, soprattutto per la componente femminile. Si sono rafforzati i divari territoriali, con esiti insoddisfacenti da parte delle scuole meridionali. La Legge di Bilancio, inoltre, è stata l’occasione per realizzare dei passi indietro rispetto l’Alternanza scuola-lavoro e i percorsi triennali di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (Fit).
Promuovendo una prospettiva almeno decennale, l’ASviS ha da tempo individuato per l’Italia cinque priorità: qualità degli apprendimenti, contenimento della dispersione scolastica, precedenza all’inclusione, apprendimento permanente e diffusione dell’educazione alla sostenibilità e alla cittadinanza globale.
Guarda la video intervista a Stefano Molina, Coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 4
L’indicatore composito per l’Italia
L’indicatore composito elaborato dall’ASviS per il Goal 4 presenta un sensibile miglioramento tra il 2010 e il 2017. In particolare, dal 2010 in poi si osserva un deciso aumento sia della quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario sia della quota di persone di 25-64 che hanno completato almeno la scuola secondaria di 2° grado (scuola media superiore). Da sottolineare poi come la percentuale di studenti di 15 anni che non raggiungono il livello di competenze matematiche di base sia diminuita nel corso del tempo. Peggiora invece, nell’ultimo anno, il tasso di abbandono scolastico, in controtendenza con gli anni precedenti, attestandosi al 14%.
Le regioni italiane e il Goal 4
Il Goal 4, rispetto alla media dell’Italia nel 2010, mostra un netto miglioramento per tutte le regioni, in particolare per quelle del Nord e Centro Italia. La Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Trento e l’Emilia-Romagna sono le regioni che mostrano l’incremento maggiore dal 2010 al 2017, grazie all’aumento della percentuale di persone di 25-64 anni che hanno partecipato ad attività di istruzione e formazione nelle quattro settimane precedenti e della quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario. Nonostante il miglioramento diffuso registrato su tutto il territorio nazionale, permangono forti disuguaglianze tra le regioni italiane. Queste sono dovute principalmente al divario del Mezzogiorno rispetto alla media nazionale, particolarmente evidente per la quota di laureati tra i 30-34 anni (21,6% nel Mezzogiorno, rispetto alla media nazionale del 26,9%), e per l'uscita precoce dal sistema di formazione che nel Mezzogiorno si attesta al 18,5% rispetto al 14% dell’Italia.
Il resoconto degli ultimi 12 mesi
Negli ultimi dodici mesi sono emersi alcuni sintomi preoccupanti: la dispersione scolastica segnalata da Eurostat, con la quota di early leavers (giovani che abbandonano il sistema di istruzione e formazione senza aver conseguito un diploma o una qualifica) che dal 2017 al 2018 cresce dal 14% al 14,5%, interrompendo così un percorso decennale di lenta convergenza verso i più bassi valori medi europei. È soprattutto la componente femminile a mostrare una netta inversione di tendenza le cui cause sono ancora tutte da decifrare.
Un secondo campanello di allarme è squillato in occasione della consueta presentazione estiva dei risultati delle prove Invalsi: anziché ridursi, i profondi divari territoriali si stanno rafforzando, con esiti assolutamente insoddisfacenti da parte delle scuole meridionali e dei loro studenti. I vertici dell’Invalsi hanno affermato che “in larghe parti del Sud ci sono adolescenti che affrontano l’esame di terza media avendo competenze da quinta elementare”. Tali risultati fallimentari non possono peraltro far trascurare le performance poco soddisfacenti delle regioni del Centro Italia. Almeno con riferimento al Goal 4, quindi, non è priva di fondamento la conclusione che le aree del Paese stiano purtroppo muovendosi in ordine sparso verso gli Obiettivi dell’Agenda 203026, contraddicendo il suo motto “che nessuno resti indietro”.
La Legge di Bilancio è stata l’occasione per realizzare due importanti passi indietro: rispetto alla metodologia didattica innovativa dell’Alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori, e rispetto ai percorsi triennali Fit di un nuovo sistema di formazione iniziale e reclutamento dei docenti delle scuole secondarie, entrambi previsti dalla Legge 107 del 2015. La nuova Alternanza - ridefinita “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” (Pcto) - non è decollata, anche a causa del ritardo nell’approvazione delle linee guida ministeriali, mentre il vecchio sistema ne è uscito delegittimato, con il risultato che l’anno scolastico 2018-19 è stato un anno perso, con un chiaro ripiegamento delle attività scolastiche verso l’autoreferenzialità.
Il varo da parte della 7a Commissione della Camera di un’indagine conoscitiva in materia di innovazione didattica rivela comunque la piena consapevolezza del Parlamento circa l’importanza della promozione nella scuola del 21esimo secolo di nuove modalità di insegnamento e di apprendimento.
Le proposte dell’ASviS
Con riferimento alle aree dell’istruzione e dell’educazione allo sviluppo sostenibile, l’ASviS ha da tempo individuato per l’Italia cinque priorità:
- qualità degli apprendimenti, con attenzione specifica alla diffusione tra tutti i giovani di competenze per l’occupabilità e per la vita;
- contenimento della dispersione scolastica, anche attraverso una concentrazione di risorse verso le aree territoriali e le situazioni sociali più a rischio;
- precedenza all’inclusione, consolidando la tradizione italiana di una scuola sensibile ai bisogni educativi speciali, accogliente e aperta a tutte e a tutti;
- apprendimento permanente, anche in risposta a un’evoluzione demografica che vede da un lato la contrazione delle giovani generazioni, dall’altro l’addensamento della popolazione nelle fasce di età adulta e matura;
- diffusione dell’educazione alla sostenibilità e alla cittadinanza globale, nella convinzione che essa costituisca una condizione imprescindibile per il conseguimento di tutti gli Obiettivi indicati nell’Agenda 2030.
Dal momento che i progressi in campo educativo sono il risultato di processi cumulativi necessariamente lenti, queste cinque priorità vanno lette in una prospettiva almeno decennale e come tali non possono che essere riconfermate anche in questa sede.
Poiché l’innovazione didattica legata all’uso delle tecnologie digitali viene intesa come una delle declinazioni possibili del rinnovamento metodologico in ambito formativo, è opportuno precisare che l’ingresso del digitale nel mondo della scuola riguarda sia l’organizzazione degli spazi e il rapporto tra ambienti fisici e “virtuali”, sia le metodologie che integrano l’uso delle tecnologie digitali, la presa in considerazione dei nuovi di stili di apprendimento, la diffusione del pensiero computazionale, la promozione delle competenze digitali per i docenti e studenti, lo sviluppo di soft skills che consentano di gestire anche gli aspetti etici ed emotivi legati all’uso delle tecnologie digitali.
Va contrastata l’opera di depotenziamento dell’alternanza scuola-lavoro e dei percorsi triennali di formazione iniziale per i docenti delle scuole secondarie. Anche negli studi universitari, andrebbe sviluppato con maggiore coraggio e con risorse adeguate il segmento professionalizzante, al momento quasi assente in Italia e invece presente nel resto d’Europa, che potrebbe garantire sbocchi occupazionali agli studenti meno interessati agli studi teorici.
Il nuovo aumento della dispersione scolastica richiede innanzitutto un supplemento di indagine per comprendere meglio quali siano i profili dei nuovi abbandoni e le loro ragioni. In particolare, che l’aumento più marcato riguardi la componente femminile è una novità preoccupante e merita di essere indagata allo scopo di individuare le misure di contrasto più opportune.
Sul terreno dell’inclusione degli alunni con disabilità, sono appena entrate in vigore le disposizioni integrative e correttive al D.lgs. n. 66 del 2017, che dovrebbero allargare la progettazione a tutti i docenti della classe, secondo un principio di corresponsabilità educativa. Peraltro, il disegno di riforma dell’inclusione è ancora incompleto perché mancano le cosiddette “misure di accompagnamento” di competenza del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (Miur), quali la formazione del personale scolastico e l’attivazione dei gruppi territoriali per l’inclusione, formati da esperti che devono supportare le scuole nell’elaborazione del piano di inclusione degli alunni.
Quasi inesistenti sono le misure a favore dell’apprendimento permanente e dell’istruzione degli adulti. In tale prospettiva, sarebbe interessante comprendere come si stiano realizzando e quali ostacoli incontrino i tentativi di ricollocamento dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza.
Sul terreno dell’educazione allo sviluppo sostenibile va segnalato che, a causa della pubblicazione tardiva in Gazzetta Ufficiale della riforma dell’insegnamento dell’educazione civica, essa non verrà attuata subito, ma rinviata al prossimo anno scolastico. È un vero peccato, in quanto la riforma fa esplicito riferimento all’Agenda 2030, che diventa così un punto imprescindibile, insieme alla Costituzione italiana, per un insegnamento che coinvolgerà gli studenti dalle primarie fino alla maturità per almeno 33 ore all’anno.
Leggi l’Analisi del Goal 4 nel Rapporto ASviS 2019 e le proposte dell’Alleanza su Capitale umano, salute ed educazione
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