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L’Italia e il Goal 1: povertà in aumento, il Sud e i giovani i più penalizzati
Nel Mezzogiorno quasi la metà della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale. Rapporto ASviS: affiancare al Reddito di Cittadinanza misure sociali e occupazionali e avviare una politica di supporto alle famiglie. [VIDEO] 16/10/2019
Il Goal 1 (Sconfiggere la povertà) in sintesi
Il Rapporto ASviS 2019 evidenzia un sensibile peggioramento per quanto riguarda il Goal 1 in Italia, dovuto a un aumento della povertà assoluta e della povertà relativa, che registrano entrambe il valore più alto della serie storica 2005-2017 (rispettivamente, 8,4% e 15,6% della popolazione). Le disparità territoriali sono molto evidenti: quasi la metà (44,4%) degli individui residenti nel Mezzogiorno è a rischio di povertà o esclusione sociale, mentre al Nord il 18,8% della popolazione si trova in tale condizione. La situazione è particolarmente critica in Calabria, dove si registra un forte incremento dell’incidenza di povertà relativa familiare (passata dal 19% al 35%), e in Sardegna (dall’11% al 17%). I più penalizzati, secondo l’Istat, sono i più giovani: in Italia la quota di famiglie giovani povere è del 10,4% e il 12,6% dei minori vive in povertà assoluta.
Con la Legge di Bilancio 2019 è stato avviato il Reddito di Cittadinanza (RdC), strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno. L’istituzione del RdC è un fatto estremamente rilevante per il sistema di welfare italiano, a testimonianza del fatto che le politiche di contrasto alla povertà sono tornate al centro delle priorità dell’azione di governo, ma la formulazione e le modalità di realizzazione sollevano numerose perplessità, tra cui la scarsa attenzione ad alcuni aspetti fondamentali della povertà, come quelli sociali (inclusi l’accesso ad alloggi, cure e istruzione dignitosi) e quelli occupazionali.
L’ASviS ritiene fondamentale: che gli effetti del RdC vengano misurati con continuità, così da poter individuare le aree che richiedono ulteriori potenziamenti, con l’obiettivo di renderlo uno strumento effettivamente universale; che l’erogazione del sussidio sia accompagnata da un’adeguata offerta di servizi per l’avviamento al lavoro, con percorsi di educazione e di formazione mirati per ridurre non solo l’elevato tasso di disoccupazione, ma anche il tasso dei cosiddetti working poor (persone occupate che si trovano al di sotto della soglia di povertà); che sia attuata una seria politica di supporto ed empowerment diretta alle famiglie, specie quelle giovani e numerose, ponendo particolare attenzione ai minori.
Guarda la video intervista a Gianni Bottalico, Coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 1
L’indicatore composito per l’Italia
L’indicatore composito elaborato dall’ASviS segnala che, dopo un andamento stazionario nel periodo 2012-2014, la situazione è nettamente peggiorata nel corso degli anni successivi. Nel biennio 2016-2017, la dinamica negativa è dovuta a un aumento della povertà assoluta e della povertà relativa, che registrano entrambe il valore più alto di tutta la serie storica osservata (rispettivamente, 8,4% e 15,6% della popolazione). Tra gli individui in povertà assoluta si stima che i giovani di 18-34 anni siano 1 milione e 112mila, il valore più elevato dal 2005. Da segnalare che nel 2017 si registra una diminuzione dell’indice di grave deprivazione materiale, il quale resta comunque superiore di 3,5 punti rispetto alla media europea.
Le regioni italiane e il Goal 1
Rispetto al Goal 1 dal 2010 al 2017 il Centro Italia evidenzia un leggero miglioramento, il Nord non registra variazioni significative, mentre il Mezzogiorno mostra una forte tendenza negativa. Quest’ultima è dovuta al deteriorarsi della maggior parte degli indicatori elementari, in particolare peggiora l’incidenza di povertà relativa familiare e la percentuale di individui in famiglie a bassa intensità lavorativa. La Calabria e la Sardegna sono le regioni per cui la situazione si aggrava maggiormente. La performance negativa di queste regioni è dovuta al forte incremento sia dell’incidenza di povertà relativa familiare (passata dal 19% al 35% in Calabria e dall’11% al 17% in Sardegna) sia del numero di individui in famiglie a bassa intensità lavorativa. L’unica regione che registra un deciso incremento è la Basilicata, che deve questa variazione positiva al miglioramento di tutti gli indicatori elementari presi in considerazione.
Il resoconto degli ultimi 12 mesi
Nell’ultimo anno si è registrato un deciso aumento delle risorse destinate alla lotta alla povertà, anche se le modifiche frequenti delle misure in campo ha effetti negativi sull’efficacia delle stesse. Il “Rapporto SDGs 2019” dell’Istat indica che nel 2017 in Italia la popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale era pari al 28,9%, il 20,3% della popolazione si trovava in condizione di povertà di reddito e il 10,1% si trovava in condizione di grave deprivazione materiale. Inoltre, nel 2018 erano oltre 1,8 milioni (7%) le famiglie in condizioni di povertà assoluta, per un totale di cinque milioni di persone (8,4% dell’intera popolazione), dati che rimangono ai livelli massimi dal 2005.
L’impegno previsto dal “Contratto di governo” di avviare l’introduzione del Reddito di Cittadinanza (RdC) è stato attuato con la Legge di Bilancio 2019, misura che si configura come uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno. L’introduzione del RdC non ha cancellato il “Fondo povertà”, introdotto nel 2017, limitandosi a ridurne la dotazione, che rimane però cospicua per il triennio 2019-2021 (circa 347 milioni per il 2019, 587 milioni per il 2020 e 615 per il 2021).
L’istituzione del RdC è un fatto estremamente rilevante per il sistema di welfare italiano, a testimonianza del fatto che le politiche di contrasto alla povertà e di sostegno agli indigenti sono tornate al centro delle priorità dell’azione di governo. Tuttavia, la formulazione e le modalità di realizzazione del RdC sollevano numerose perplessità legate alle finalità dello strumento. Innanzitutto, un intervento improntato all’integrazione del reddito percepito non può sradicare la povertà come intesa dall’Agenda 2030, cioè come fenomeno multidimensionale che trascende il mero aspetto economico, ma al massimo può alleviare alcuni aspetti del fenomeno. Infatti, gli aspetti sociali, inclusi l’accesso ad alloggi, cure e istruzione dignitosi, sono quasi ignorati a favore dell’integrazione di reddito, peraltro erogata in forme così restrittive da poter esser attuata solo quando ormai gli effetti della povertà sulle persone abbiano raggiunto lo stadio più avanzato. In questo modo viene depotenziato l’aspetto di prevenzione o quantomeno di alleviamento dell’indigenza.
Anche la dimensione occupazionale, aspetto chiave per attenuare i disagi economici e di esclusione sociale, non riceve la giusta attenzione. Il RdC si limita a tentare di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, tramite il potenziamento dei Centri per l’impiego, ma sottovaluta l’assenza dell’offerta di lavoro, marcata specialmente in alcune zone del Paese, dovuta a una crescita economica stagnante da anni a livello nazionale, con forti divari territoriali non solo nel livello di occupazione, ma anche nella sua qualità. Non a caso aumenta il fenomeno dei “working poor”, cioè persone occupate, ma che non superano la soglia di povertà.
In conclusione, è evidente che i reali effetti del RdC non dipenderanno solo dalle risorse apportate, ma dall’efficacia dei decreti attuativi, dall’effettivo coinvolgimento degli organismi impegnati sui territori, da una forte motivazione dei beneficiari verso la ricerca attiva di lavoro, dal raccordo con precedenti e diverse misure di lotta alla povertà, e dalla sinergia con le misure di politica attiva del lavoro.
Infine, si segnala che il Governo ha prorogato e rifinanziato il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, al quale occorrerà prestare attenzione, in quanto pare profilarsi un indebolimento delle risorse disponibili. È importante, infatti, garantire continuità alle misure adottate per combattere questo fenomeno e realizzare percorsi di inclusione che vedano un coinvolgimento attivo dei minori stessi.
Le proposte dell’ASviS
Al fine di rendere il Reddito di Cittadinanza uno strumento effettivamente universale, è fondamentale che gli effetti del RdC vengano misurati con continuità, così da poter individuare le aree che richiedono ulteriori potenziamenti e coprire la totalità della popolazione in povertà assoluta.
L’erogazione del sussidio va accompagnata da un’adeguata offerta di servizi per l’avviamento al lavoro, con percorsi di educazione e di formazione mirati che inneschino un ciclo virtuoso che riduca non solo l’elevato tasso di disoccupazione, ma anche il tasso dei cosiddetti working poor (persone occupate che si trovano al di sotto della soglia di povertà). Una particolare attenzione va posta anche nei confronti dei minori, per i quali vanno rafforzate le misure di contrasto alla povertà economica ed educativa, nonché le misure di inclusione sociale, ed è necessario un investimento in infrastrutture, servizi e personale dedicati all’infanzia e all’adolescenza.
A queste va aggiunta una seria politica di supporto ed empowerment diretta alle famiglie, specie quelle giovani e numerose, che sono maggiormente esposte al rischio di esclusione sociale. Questa può essere unita a misure di sostegno alla natalità, genitorialità e conciliazione tra vita privata e lavorativa, riorganizzando con una strategia organica le numerose agevolazioni e misure di sostegno rivolte ai genitori attualmente frammentarie e poco incisive, per evitare così anche la “fuga” delle giovani generazioni all’estero per cercare migliori opportunità lavorative. Queste politiche devono sostenere le famiglie prima del parto, e dopo, accompagnando la vita dei nascituri nella prima infanzia, e poi nel percorso di educazione, garantendo l’accessibilità al diritto allo studio e ai servizi educativi a tutti i livelli, dall’asilo nido alle scuole di specializzazione post-universitaria.
Leggi l’Analisi del Goal 1 nel Rapporto ASviS 2019 e le proposte dell’Alleanza su Povertà e disuguaglianze
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