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Italia tra gli ultimi posti in Ue sul riutilizzo, ma le metodologie vanno allineate
Nel 2021 abbiamo riusato più di 230mila tonnellate di beni, in particolare mobili, apparecchi elettrici ed elettronici e tessili, secondo l’Osservatorio. Passaporto digitale e realtà aumentata rivoluzioneranno il settore. 25/6/24
Nonostante il riutilizzo sia centrale nella lotta alla riduzione dei rifiuti, c’è ancora tanta strada da fare. La sfida, soprattutto per chi lo promuove e lo anima, è quella di “evolvere il proprio lavoro, allargare e promuovere la trasparenza delle filiere di approvvigionamento, di vendita e di smaltimento, innovare ed espandere le pratiche di raccolta e distribuzione dei beni usati, rivendicando la propria anima sociale e ambientalista, senza perdere le caratteristiche di piccola (a volte micro) e media imprenditorialità”.
Lo dichiara il “Rapporto nazionale sul riutilizzo. Dalla nicchia al mainstream” presentato a maggio dall’Osservatorio sul Riutilizzo di Occhio del riciclone Italia Onlus in collaborazione con Rete Onu (Operatori nazionali dell’usato), Labelab e con il patrocinio dell’Ispra.
Giunto alla sua ottava edizione, il Report scatta una fotografia del riuso nella nostra Paese, basata sui dati raccolti dai negozi dell’usato conto terzi. “I dati sono il risultato di un accurato lavoro di analisi compiuto da Ispra con l’aiuto di Rete Onu” ha dichiarato Alessandro Stillo, presidente di Rete Onu, precisando che “quando i dati sono errati e superficiali, le politiche sono per forza di cose sbagliate e inefficaci”.
Il riutilizzo in Italia e in Europa
Nel 2021 sono stati riutilizzati 231.714 tonnellate di beni, di cui: 13.933 tonnellate di tessili, 63.434 tonnellate di apparecchi elettrici ed elettronici, 119.067 tonnellate di mobili, 35.280 tonnellate di altre frazioni merceologiche. Questi numeri, evidenzia il Rapporto, non tengono conto delle innumerevoli microimprese ambulanti che, spesso in modo informale, contribuiscono in modo decisivo alla prevenzione dei rifiuti nel nostro Paese. Se riuscissimo a far emergere anche questo settore, stima il Rapporto, probabilmente l’Italia supererebbero le 500mila tonnellate annue.
Grazie all’Energia europea per l’ambiente (Eea), che ha fornito i primi dati ufficiali, è possibile confrontare i dati dell’Italia con gli altri Paesi Ue. Il risultato non è incoraggiante: rispetto ai 94 kg pro-capite di beni riutilizzati in Norvegia, degli 88 dell’Estonia, dei 53 del Belgio e 36 della Germania, ogni italiano riutilizza solo 4 kg pro-capite di beni, un dato che relega l’Italia ad uno degli ultimi posti in Europa.
Tuttavia, sottolinea il Report, esiste un problema di allineamento metodologico, ad esempio in molti Paesi contano gli scarti di costruzione riutilizzati nel settore edile, che l’Italia per ora non include e in Paesi come la Germania e il Belgio rappresentano circa il 50% del volume dichiarato. Ci sono i Paesi Baltici, che registrano medie superiori ai 70 kg pro-capite, dove però influiscono i flussi transfrontalieri informali ricevuti da zone dell’Europa più ricche e poi triangolati al mercato russo, che assorbe enormi volumi di usato europeo, sottolinea il Rapporto.
La criminalità nel mondo del riuso tessile
Questo settore, sottolinea il Rapporto, è contraddistinto da una forte presenza della criminalità organizzata. Un tema spesso trascurato nel dibattito pubblico che, in vista dei fondi Pnrr e delle risorse allocate dai sistemi di responsabilità estesa del produttore, necessita di essere affrontato. Il ministero per la Transizione ecologica, continua il Report, alla luce dell’esistenza di attività criminali evidenti, dovrebbe valutare l’opportunità, per quanto riguarda questo specifico settore, di non vincolare i produttori a coinvolgere nelle governance dei loro organismi collettivi gli operatori della raccolta e del recupero. Al contrario, occorre contrastare la costituzione di cartelli territoriali che limitino, o inibiscano, la possibilità di scelta di fornitori e filiere da parte degli organismi collettivi dei produttori.
Il futuro del riuso
Passaporto digitale del prodotto e realtà aumentata sono due esempi di soluzioni che potrebbero favorire la diffusione del riuso. Il Passaporto digitale è un elemento chiave della nuova direttiva sull’ecodesign. Associato ad ogni prodotto, conterrà: informazioni che riguardano gli operatori economici coinvolti nella produzione, distribuzione e gestione; informazioni sulle prestazioni ambientali e tecniche del prodotto; informazioni ai consumatori e ad altri utilizzatori finali sulle modalità di installazione, uso, manutenzione e riparazione del prodotto, al fine di ridurne al minimo l’impatto sull’ambiente e di assicurarne una durabilità ottimale. Uno strumento che aiuterà i consumatori a valutare il livello di sostenibilità dei prodotti e a compiere di conseguenza le loro scelte d’acquisto.
Quanta plastica sul fondo degli oceani? Arriva la prima stima
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Negli ultimi anni la realtà aumentata ha avuto un impatto significativo sul settore dell’e-commerce. Molte aziende stanno sperimentando questa tecnologia per offrire ai loro clienti un’esperienza di acquisto sempre più coinvolgente e interattiva. Secondo voci non confermate, riporta il Report, alcuni big della compravendita online di prodotti di seconda mano stanno pensando di usare la realtà aumentata per affrontare uno dei grandi problemi di questo business: l’alto tasso di restituzioni. La realtà aumentata permetterebbe agli utenti di visualizzare in modo più realistico i prodotti che desiderano acquistare, come se fossero già presenti in casa o nell’ambiente di lavoro, riducendo così il rischio di fare acquisti sbagliati.
di Tommaso Tautonico
Fonte copertina: 9dreamstudio, da 123rf.com