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Italia Generativa: diventare adulti in Italia è più complicato che altrove
Inverno demografico, sistema formativo spesso inadeguato, difficoltà di accesso al mondo del lavoro e instabilità economica. L’Italia è in ritardo rispetto ai processi di modernizzazione che in altri Paesi hanno dimostrato di funzionare. 20/3/24
Oggi, diventare adulti in Italia è per molti aspetti più complicato che in altre parti d’Europa. Il crescente squilibrio generazionale da un lato e la mancanza di risorse, strumenti e accompagnamenti adeguati nel percorso verso la piena realizzazione di sé dall’altro, rendono poco chiaro il futuro delle giovani generazioni. È la sintesi dell’edizione 2023 del Rapporto “Italia Generativa”, presentato a marzo dalla Fondazione Unipolis, che attraverso l’analisi di alcuni dei principali fenomeni in atto che investono le nuove generazioni prova a delineare un percorso più definito.
Nel corso degli ultimi tre decenni, i tassi di crescita dell’economia italiana sono rimasti molto al di sotto della media europea. Una condizione che ha determinato la formazione dei quattro grandi debiti che l’Italia ha accumulato in questi anni e che ne costituiscono la pesante eredità: quello finanziario, con un debito pubblico che oggi si attesta intorno al 140% del Pil; quello educativo-formativo, con livelli di scolarità tra i più bassi d’Europa; quello ambientale, che si traduce nel diffuso dissesto idro-geologico che infragilisce il territorio italiano e infine, quello demografico, con un tasso di fecondità ai minimi storici e l’inizio di un processo di spopolamento. Da questo indebitamento strutturale deriva lo stato allarmante dell’equità intergenerazionale che per l’Italia registra un progressivo peggioramento.
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La “glaciazione” demografica
L’immagine di “inverno demografico” restituisce solo in parte le dinamiche involutive della popolazione italiana. Il numero dei giovani continua a calare e gli studi indicano che nel 2030, al netto dei flussi migratori, i giovani tra i 20 e i 34 anni saranno 580mila in meno rispetto ad oggi. Più che inverno, evidenzia il Rapporto, siamo davanti ad una “glaciazione demografica”. Oggi più che mai, la qualità e la coerenza dei percorsi educativi e formativi possono fare la differenza nell’affrontare con maggiore fiducia le sfide della crescita e della fioritura personale, a livello professionale, sociale, economico, culturale, civico, politico. Ma, continua il Rapporto, l’Italia è in ritardo nel confronto con i principali Paesi europei. Il mancato raggiungimento degli standard attesi in lettura, matematica e scienze coinvolge una “quota inaccettabile” di 15enni italiani. L’Italia si colloca al penultimo posto per numero di giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni che hanno conseguito almeno un titolo di studio terziario (dalla Laurea triennale o altri titoli equipollenti in poi). Non va meglio nell’area del digitale. Tra i giovani italiani tra i 16 e i 29 anni poco meno di un terzo raggiunge un livello di competenze digitali superiori a quelle di base.
Fig. 1 Ritardi nell’apprendimento di base
Giovani e lavoro
Il nostro Paese si colloca al penultimo posto per quota di giovani occupati a tre anni di distanza dal conseguimento del titolo di studio. Una condizione che vale sia per i laureati che per i diplomati. Un dato che si inserisce in uno scenario in grande trasformazione che vede i giovani italiani orientarsi nel mondo del lavoro sulla base di nuovi criteri che vanno presi in considerazione nel ripensare la transizione scuola-lavoro e, più ampiamente, la relazione giovani-lavoro. Altro tema trasversale del Rapporto è la questione femminile, che costituisce un elemento fondamentale della relazione tra l’universo giovanile e il futuro del Paese. Nel confronto europeo, l’Italia registra il più basso tasso di occupazione femminile: risulta occupata poco più di una donna su due di età compresa tra i 20 e i 64 anni, 15 punti percentuali al di sotto della media europea.
Fig. 2 Tassi di occupazione a tre anni dal titolo di studio
Lavoro e autonomia
Le difficoltà del mondo del lavoro, ma non solo, bloccano l’autonomia economica e abitativa dei giovani. A determinare questo fenomeno concorrono diversi elementi culturali e socioeconomici: il peso dei legami famigliari; l’organizzazione scolastica, in specie universitaria; le dinamiche del mercato del lavoro. Il blocco non riguarda solo i giovani che non studiano e non lavorano e che in linea generale vivono mantenuti dai genitori, ma anche coloro che, pur studiando o lavorando, non riescono ad essere autonomi. Un problema aggravato dall’instabilità lavorativa e dall’introduzione di criteri sempre più stringenti per l’accesso al mutuo della casa, che rendono molto difficile per le nuove generazioni investire sul proprio futuro.
Fig.3 Giovani che vivono con i genitori
Sette azioni concrete
Per favorire un futuro migliore alle nuove generazioni, il Rapporto si conclude con sette azioni concrete da adottare:
- Azione fiscale. La fiscalità è una grande leva strategica per indirizzare cambiamenti sociali. Una prima fondamentale riforma è la decisa rimodulazione del carico fiscale a vantaggio delle nuove generazioni. Tale azione può essere tradotta concretamente riducendo le tasse per i contratti dei neoassunti e per l’acquisto della prima casa; includendo le spese per la formazione nel computo delle spese scaricabili, incrementando il valore dell’assegno famigliare, ma anche riconoscendo alle imprese dei vantaggi nel momento in cui mantengono un contratto di lavoro con le donne che vanno in maternità.
- Azione elettorale. É difficile avere una politica orientata ai giovani quando il peso demografico è tutto spostato sugli anziani. È necessario trovare soluzioni per far pesare di più i giovani anche sul piano politico. Un obiettivo, questo, che potrebbe essere raggiungibile in vari modi: abbassando la soglia degli elettori ai 16 anni, oppure variando il peso del voto in base all’età; oppure introducendo una quota verde (riservata agli under 30) – simile alle quote rosa – nelle liste delle candidature.
- Azione educativa/formativa. L’Italia ha bisogno di un grande investimento nell’educazione e nella scuola che superi la contrapposizione tra i licei e le scuole tecniche. In una società avanzata, la dimensione formativa è essenziale e si sviluppa nell’intreccio tra apprendimento teorico ed esperienza pratica.
- Azione abitativa. È necessaria una strategia nazionale per l’accesso al bene immobile, obiettivo raggiungibile attraverso l’utilizzo di diversi strumenti: per quanto riguarda l’acquisto, si può pensare all’introduzione della possibilità di un contratto di mutuo (già esistente in altri Paesi come ad esempio la Svizzera) in cui per i primi 5/10 anni si restituiscono solo gli interessi e non la quota capitaria; oppure all’introduzione di garanzie pubbliche per l’accesso al mutuo, ad esempio ipotecando i tanti beni immobili pubblici in disuso.
- Azione di genere. Promuovere il lavoro femminile e insieme allestire le condizioni per cui la scelta di diventare genitori non sia una penalizzazione per le giovani donne italiane.
- Azione finanziaria. Aldilà dei suoi squilibri, l’Italia rimane un paese che dispone di una grande ricchezza privata. Sui conti correnti degli italiani si stima vi siano almeno 1.300 miliardi di euro in larga parte nelle mani degli ultracinquantenni, appartenenti al ceto medio/alto. Per rilanciare il Paese è necessario che queste risorse non si perdano nei circuiti della finanza internazionale, ma vengano orientate a livello locale per creare una nuova e più feconda relazione tra le diverse generazioni che abitano in questi territori.
- Azione di mobilità migratoria. Nessuno può pensare che l’immigrazione possa di per sé risolvere i problemi demografici del nostro Paese. Allo stesso tempo però, è impossibile, al punto in cui siamo, riuscire a riportare un equilibrio intergenerazionale senza il contributo di nuovi cittadini. La presenza di cinque milioni di stranieri costituisce già oggi una risorsa per l’Italia e ancora di più lo sarà nei prossimi anni.
- Azione di pianificazione della spesa pubblica. Diversi Paesi hanno adottato strumenti innovativi di governance per armonizzare i bisogni dei giovani. Tuttavia, l’adozione di valutazioni di impatto delle norme legislative per le politiche giovanili è ancora pratica ristretta.
- Azione legislativa. Infine, mettere al centro dell’azione politica i giovani significa anche dotarsi di cornici legislative adeguate. Non tutti i Paesi vantano una legge quadro sulle politiche giovanili. I dati confermano che le nazioni che ne dispongono hanno minori probabilità di avere carenze legate a mandati poco chiari. In Italia, l’attuale Strategia nazionale per la gioventù non prevede forme istituzionalizzate di partecipazione dei giovani nella sua formulazione.
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A questo proposito, in Italia non è stata ancora approvata una legge quadro sui giovani. Delle 20 regioni italiane, 16 (a cui si aggiungono le due province Autonome Trento e Bolzano) dispongono di una legislazione in materia di politica giovanile nel rispetto dei vincoli posti della Costituzione, dalle legislazioni europea e internazionale vigenti e dalla strategia nazionale per la gioventù.
di Tommaso Tautonico
Fonte copertina: edhar, da 123rf.com
di Tommaso Tautonico