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WeWorld Index: 182 anni per un’inclusione adeguata di donne e bambini
Un bambino su due e una donna su tre in tutto il mondo vivono una qualche forma di esclusione. Povertà, conflitti, cambiamenti climatici, migrazioni forzate e aumento dei rischi online rappresentano le principali barriere. 30/11/2022
In sette anni un leggero miglioramento (circa un punto e mezzo), non sufficiente per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030. È questa l’estrema sintesi dell’edizione 2022 del WeWorld Index, l’indice che dal 2015 misura i risultati dell’inclusione di donne e bambini in 166 Paesi, analizzando 15 dimensioni suddivise in tre sottoindici (contesto, bambini e donne), che afferiscono a quattro ambiti della vita: salute, istruzione, economia e società. Quest’anno, per la prima volta, oltre all’indice per singolo Paese, è stato possibile calcolare sia un indicatore globale sia una media dei tre sottoindici.
Migliori e peggiori. La classifica vede ai primi tre posti Norvegia, Islanda e Svezia, seguite da Danimarca e Finlandia. In coda, i tre Paesi peggiori sono la Repubblica Centrafricana (164°), il Sud Sudan (165°) e il Ciad (166°). Dal 2015, primo anno di pubblicazione dell’Indice, i Paesi in fondo alla graduatoria non sono mai progrediti. In particolare, l’Africa Subsahariana è l’area meno inclusiva per donne e bambini: i Paesi di questa regione sono colpiti da povertà cronica, instabilità politica e governi non democratici. L’Italia è in 28esima posizione, tra i Paesi con un livello “buono” di inclusione. Corea del Nord, Turkmenistan, Libia, Somalia, Bahamas, Micronesia, Siria, Guinea Equatoriale, Isole Salomone e Yemen non sono inserite nell’Indice perché dotate di un numero insufficiente di indicatori. La mancanza di dati è un segnale allarmante, segno che l'attuazione dei diritti di donne e bambini è molto scarsa, con gravi rischi di povertà e abusi.
Un punto e mezzo in sette anni. Nel 2022, sottolinea l’Indice, il 50,4% dei bambini e il 38,3% delle donne in tutto il mondo vivono in Paesi che sperimentano una qualche forma di esclusione. Analizzando un trend di medio periodo, nel 2015 l’Indice era di 62,2 rispetto a 63,6 nel 2022. Con questo ritmo, ci vorranno 182 anni per raggiungere un livello di inclusione adeguato per donne e bambini a livello globale. Più nello specifico, guardando le medie delle diverse aree geografiche, alcune regioni del mondo, come ad esempio Medio Oriente, Nord Africa e Asia meridionale, vivono cambiamenti e progressi più rapidi perché partono da condizioni più precarie. L'Europa occidentale, il Nord America, l'Australia e la Nuova Zelanda rimangono le aree con l'Indice WeWorld medio più alto, mentre l'Africa centrale e occidentale sono le peggiori. Va notato tuttavia che i progressi registrati dalle aree geografiche con i risultati migliori non sono particolarmente significativi. Il rischio è che una volta raggiunto un certo livello di sviluppo e di progresso, e una volta forniti diritti e servizi essenziali, i Paesi tendano a rallentare e riducano lo sforzo per garantire l'inclusione.
L’arretramento democratico. Analizzando i dati dei tre sottoindici, emergono alti e bassi. Nel 2022, la media globale del “Contesto” è stata di 66,1. Nel 2015 era 63,4. Questo significa che il contesto in cui vivono donne e bambini sta lentamente migliorando, almeno in alcuni aspetti. Guardando più da vicino, alcuni di questi contesti stanno diventando meno pacifici, sicuri e democratici. Migliorano, invece, le dimensioni ambiente, housing e accesso all’informazione.
Nel 2022, la media globale del sottoindice “Bambini” è stata di 68,5, mentre nel 2015 era 71,1, segno che dal lancio dell'Agenda 2030 il mondo è diventato meno inclusivo per i bambini. La dimensione “educazione dei bambini” è quella che ha subito il deterioramento peggiore, conseguenza di due anni di pandemia da Covid-19, con continui blocchi e lezioni online spesso inadeguate, fino ai casi più gravi di mancato accesso all'istruzione.
Il sottoindice “Donne” fa registrare il miglioramento più significativo: nel 2022 è di 56,8 punti, nel 2015 era 53,5. Tuttavia è il punteggio medio più basso dei tre sottoindici. I progressi più significativi si registrano nelle dimensioni “partecipazione decisionale” e “istruzione femminile”. La prima, evidenzia l’Indice, è una dimensione “molto volatile”, legata ai cicli elettorali e alle nomine dirigenziali nelle aziende, mentre la seconda, seppure importante, non si traduce in rilevanti opportunità economiche.
Le barriere per il futuro. Povertà, conflitti, migrazione forzata, cambiamento climatico e rischi on-line minano l’inclusione di donne e bambini nel mondo. Oggi un miliardo di bambini è in povertà multidimensionale. Ecco perché, sottolinea l’Indice, concentrarsi su un solo fattore, come il reddito, non è sufficiente per cogliere la vera natura della povertà.
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Nel 2020, un bambino su sei viveva in una zona di conflitto. Tra il 2005 e il 2020, più di 93mila bambini sono stati reclutati dalle parti in conflitto e sottoposti alle più gravi violazioni dei diritti umani. Una condizione che produce effetti immediati diretti, ma anche impatti a lungo termine sulla loro vita e sul loro futuro, compromettendone il pieno sviluppo.
E ancora, quasi un bambino su tre vive al di fuori del proprio Paese di nascita. Per gli adulti, la proporzione è inferiore, uno su 20. La migrazione forzata è legato a conflitti armati, violenze, violazioni dei diritti umani, disastri naturali o umani, determinati anche da progressivi mutamenti dell'ambiente e delle condizioni climatiche. Negli Stati più fragili e destabilizzati, la vulnerabilità dei bambini migranti aumenta in modo esponenziale. I percorsi migratori stanno diventando meno transitori e più radicati, sviluppandosi su periodi eccezionalmente lunghi.
Circa un miliardo di bambini corre un "rischio estremamente elevato" a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici. Innescato principalmente dai Paesi ad alto reddito, il cambiamento climatico avrà effetti catastrofici, in particolare sui Paesi a basso reddito e sulle fasce più vulnerabili come donne, bambini, adolescenti e comunità indigene.
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Ogni giorno, continua l’Indice, vengono identificate sette vittime di sfruttamento sessuale minorile online. Il 65% di queste sono ragazze, mentre il 92% dei trasgressori sono uomini. Le lacune nelle politiche e nella legislazione, la mancanza di formazione degli operatori di sostegno e la scarsità di conoscenze tra genitori, o tutori, privano i bambini di un sostegno adeguato per affrontare i rischi. La sicurezza online è fondamentale per prevenire e mitigare tali pericoli.
Un cambio di passo. Per garantire l'inclusione di donne, giovani e bambini, osserva il Rapporto, sarà necessario intervenire con politiche e misure mirate multisettoriali. Qualsiasi approccio adottato deve considerare l'intersezionalità della discriminazione. Occorre ascoltare le richieste di donne e bambini, rendendoli protagonisti e agenti di cambiamento, aiutandoli ad abbattere le barriere.
di Tommaso Tautonico