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La montagna tra smart working, seconde case e alberghi abbandonati
Nel suo report di primavera Legambiente affronta il tema di come sia cambiata la vita in montagna dopo la pandemia. Edifici fatiscenti e mercato immobiliare in ripresa offrono opportunità di rigenerazione. Preoccupa il consumo di suolo. 16/5/22
La montagna non è più soltanto una meta turistica: la diffusione dello smart working l’ha resa un rifugio perfetto dove coniugare i doveri professionali con il contatto con la natura. È quanto rileva Legambiente nel suo dossier “Abitare la montagna nel post Covid”. Il documento, pubblicato ad aprile, parte dal censimento di 66 strutture fatiscenti e in disuso, diffuse lungo le montagne d’Italia, per dimostrare come la crescita del mercato immobiliare montano rappresenti un’occasione unica di rigenerazione. Ma emergono elementi che destano preoccupazione, come l’aumento del consumo di suolo.
Tra le strutture censite, alcuni casi simbolo sono stati inclusi in una cartina: in Trentino-Alto Adige, le caserme austro-ungariche nella piana delle Viote, sul Monte Bondone, sono un pregevole esempio dell’architettura militare del primo Novecento e dal 2008 completamente abbandonate; in Piemonte il complesso alberghiero di Viù nella frazione di Tornetti (Città metropolitana di Torino), la cui realizzazione, iniziata negli anni ‘80, è rimasta incompiuta; in Veneto l’hotel “Passo Tre Croci” a Cortina d’Ampezzo (Belluno) è stato dismesso, così come l’hotel-residence “4 camini” a Laceno (Avellino) in Campania o in Abruzzo il complesso alberghiero “Campo Nevea” a L’Aquila. Sono esempi di strutture che hanno pagato il prezzo del cambio di domanda turistica per assenza di neve, necessità di ingenti reinvestimenti di ammodernamento, mancati adeguamenti tecnici, scelte mal ponderate rispetto ai flussi turistici.
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Il futuro degli edifici abbandonati. Di fronte questa situazione, evidenzia il dossier, è necessaria una riflessione sul futuro di questi edifici, individuando le soluzioni più adeguate che vanno dalla demolizione al riuso innovativo. La riqualificazione è la scelta da privilegiare, assumendo un importante significato in un contesto post pandemico in cui si manifesta uno slancio del mercato immobiliare in montagna. “Il riuso funzionale di queste ampie volumetrie può costituire un’occasione straordinaria per ripensare l’organizzazione delle comunità in un’ottica di sostenibilità e di sviluppo” commenta Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi Legambiente. “Un’occasione per migliorare i servizi e soprattutto rendere più efficiente questo straordinario patrimonio edilizio in un momento storico dove ogni azione è utile e importante al fine di uscire dall’era delle fonti fossili e dal consumo di risorse”.
Il consumo di suolo. Serve molta attenzione, raccomanda il Rapporto, al consumo di suolo. Fenomeno che in Italia continua a crescere e riguarda anche ambiti montani. A livello nazionale, in pianura, a quote inferiori ai 300 metri, il consumo di suolo è maggiore che in montagna e interessa l’11,3% della superficie. Nelle aree tra i 300 e i 600 metri copre il 5,4% del territorio e, oltre i 600 metri, il 2,1%. Nelle aree sotto i 300 metri, la regione con la maggiore percentuale di suolo consumato è il Trentino-Alto Adige, con il 23%. La Valle d’Aosta ha invece il primato del consumo di suolo per la fascia compresa tra i 300 e i 600 metri, con il 26,5% di suolo consumato.
Considerando i dati sull’incremento di consumo di suolo, in Trentino-Alto Adige, oltre i 600 metri di altitudine, nel 2019 sono stati consumati 54 ettari in più rispetto al 2018.
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Il mercato immobiliare delle seconde case. Dopo anni in cui il mercato delle seconde case in montagna è rimasto fermo, appaiono segnali di ripresa, sia per la vendita che per l’affitto, complice la diffusione dello smart working e del superbonus 110% per la riqualificazione energetica e antisismica. Secondo i dati dell’Ufficio studi Tecnocasa, citati nel dossier, nei primi sei mesi del 2021 la percentuale di chi ha acquistato una seconda casa in montagna è salita al 6,4%, a fronte di un livello pre-pandemia del 5,5%. Cresce la domanda e aumentano i prezzi nelle località più rinomate, come Cortina d’Ampezzo, ma anche in località meno note, dove la qualità ambientale è migliore che in città. Secondo l’analisi realizzata dall’Osservatorio nazionale immobiliare turistico 2021 della Federazione italiana mediatori agenti d’affari (Fimaa), Cortina d’Ampezzo è in cima alla classifica per valore degli immobili, con 13.500 euro/mq, al secondo posto Madonna di Campiglio con 13.000 euro/mq, terzo e quarto posto sono occupati da località marittime e al quinto si torna in montagna, a Courmayeur, con un valore di 11.000 euro/mq.
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L’opportunità della rigenerazione. La crisi sanitaria, conclude il Rapporto, ha generato un aumento di interesse verso le aree montane, luoghi in cui si ha la possibilità di praticare modi di abitare più sensibili alla dimensione sociale, ambientale e paesaggistica. Questo trend può rappresentare, per i territori montani, un’opportunità unica di innescare processi virtuosi di rigenerazione, attraverso nuovi sistemi di ricettività, capaci di favorire lo sviluppo sociale, economico e culturale delle comunità montane. La rigenerazione del patrimonio edilizio dismesso o sottoutilizzato è un tassello fondamentale per il rilancio di attività collaterali ma strategiche come l’agricoltura di montagna, lo sviluppo di strategie energetiche innovative, il potenziamento dei servizi di prossimità, la nascita di centri per la cultura e per la socialità. Questi processi possono incentivare nuove forme di abitabilità ed arricchire le comunità locali, diversificando gli usi del territorio, anche grazie al consolidamento delle possibilità offerte dalla digitalizzazione del lavoro e dei servizi.
di Tommaso Tautonico