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Comunità energetiche in crescita in Italia, ma in pochi ancora le conoscono
Secondo un rapporto di Symbola, Tea e Ipsos, solo il 13% dei cittadini e il 32% delle imprese sanno bene che cosa sono. Risparmio e sicurezza energetica tra le ragioni per fondare una Comunità. Numerosi i ritardi burocratici. 5/1/2023
“Le comunità energetiche contro la crisi. Empatia, tecnologie e territori per un’economia a misura d’uomo”: questo il titolo del rapporto prodotto da Fondazione Symbola, gruppo Tea e Ipsos, che ha fatto il punto sulla diffusione delle comunità energetiche in Italia e sul ruolo che queste possono assumere nella lotta al caro bollette, all’emergenza climatica e alla povertà energetica.
Il documento, discusso a dicembre durante un evento di presentazione a cui hanno partecipato, tra gli altri, Ermete Realacci (presidente della Fondazione Symbola), Massimiliano Ghizzi (presidente del Gruppo Tea) e Raffaele Cattaneo (assessore Ambiente e clima della Regione Lombardia), ha analizzato il livello di conoscenza e diffusione delle Comunità attraverso una serie di questionari e interviste al mondo delle imprese, alla società civile e alle diocesi.
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Ma prima di passare ai risultati: che cosa si intende esattamente per Comunità energetiche rinnovabili (Cer)?
Le caratteristiche delle Comunità energetiche. Introdotte in Europa nel 2016 attraverso il Clean energy package (pacchetto di politiche adottate dall’Ue per trasformare in modo sostanziale il sistema energetico europeo), le comunità energetiche rappresentano quei gruppi di singoli cittadini e cittadine, enti locali o aziende e cooperative di piccole dimensioni che, associandosi e diventando comproprietari di impianti di energia rinnovabile “di vicinato” (fino a 200 chilowatt di potenza), producono energia per autoconsumo o, in caso di surplus di produzione, la immettono in rete, ricevendo in cambio incentivi dal Gestore dei servizi energetici (Gse), l’azienda pubblica che in Italia promuove le rinnovabili. Da qui il termine prosumer, che indica quella categoria di utenti che non si limita al consumo di energia, ma anche alla sua produzione.
Nel nostro Paese esistono a oggi 35 Comunità energetiche già operative (tra cui il Consorzio Pinerolo Energia in Piemonte, “Energia Agricola a km 0” in Veneto, la Comunità di Solisca in Lombardia o la più celebre Comunità di San Giovanni a Teduccio, a Napoli), 41 in progetto e 24 che stanno muovendo i primi passi verso la propria costituzione.
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I vantaggi delle Cer. Come ricorda Giuseppe Lo Verso, responsabile Comunità energetiche per Enel X, in un intervento pubblicato su FUTURAnetwork, le Comunità energetiche determinano numerosi benefici di tipo ambientale, economico e sociale per il territorio in cui nascono. I vantaggi ambientali sono legati all’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla limitazione dello spreco di energia in perdite di rete (che si verificano con il trasporto della stessa); quelli economici derivano dalla vendita dell’energia e dai meccanismi di incentivazione previsti dalla legge per promuovere la transizione energetica; quelli sociali, invece, sono collegati alla riduzione della povertà energetica, al miglioramento dell’ambiente in cui le stesse comunità vivono, alla promozione di una maggiore coesione tra gli individui.
“Le Comunità energetiche rinnovabili sono uno strumento formidabile per affrontare la crisi climatica, abbassare le bollette, rendere l’Italia più libera da ricatti energetici puntando sulle rinnovabili” ha dichiarato a proposito Ermete Realacci, che ha sottolineato però il grande lavoro che resta da fare “per far conoscere e rendere praticabili le Cer”, tra cui, in particolare, colmare il ritardo accumulato nell’approvazione dei decreti attuativi.
Il Rapporto ha rilevato che le Comunità energetiche rappresentano “un fenomeno in crescita nel nostro Paese”, sia a livello di conoscenza diffusa sul territorio che di investimenti e progetti. Secondo il documento, tre imprese su quattro (75%) e una persona su sei (15%) hanno sentito parlare di Comunità energetiche; tuttavia, è solo il 13% dei cittadini e delle cittadine a conoscere bene il concetto di Cer, il 32% delle imprese, ma ben il 47% dei referenti diocesani.
Perché partecipare a una Cer. Le principali ragioni indicate dalla popolazione per prendere parte a una Comunità energetica, secondo il Rapporto, sono il risparmio e la garanzia di indipendenza e sicurezza energetica sul territorio (tra i cittadini è il 65% a ritenere che le Cer possano essere uno strumento in grado di aiutarli nell’affrontare la crisi energetica, quota che sale al 70% per le imprese). Anche se numericamente più marginali, non mancano le aspettative positive in termini di impatti sulla società e sull’ambiente (l’adozione di un modello più sostenibile, la lotta alla povertà energetica, il rafforzamento dei legami di comunità). Tra le imprese le principali opportunità individuate sono i vantaggi sulla bolletta energetica (62%), il ritorno in termini di immagine (25%) e la possibilità di rendere più solido il legame con la comunità locale e il territorio (20%).
La propensione a partecipare a una Cer, secondo i dati emersi dal Rapporto, raggiunge quasi il 60% tra i cittadini e il 56% tra le imprese. L’85% dei referenti diocesani ritiene che le Cer possano incidere positivamente in termini di aumento dell’energia rinnovabile prodotta in Italia, ma è solo il 43% a sostenere che alcune parrocchie riusciranno effettivamente ad adottare lo strumento delle Comunità energetiche nei prossimi anni. Infine, sono soprattutto le imprese a vedere le Cer come uno strumento attuabile in tempi brevi (41% pensa che si affermeranno nei prossimi cinque anni).
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Ostacoli alla diffusione delle Comunità energetiche. Il Rapporto rileva anche una serie di impedimenti nel percorso verso la realizzazione di nuove Comunità: tra questi, la “scarsa informazione” sulle modalità e i tempi di realizzazione e sull’entità degli investimenti economici previsti per fondare una Cer, la difficoltà nel cambio di mentalità, l’incertezza sul quadro delle norme e i complessi adempimenti burocratici.
Nonostante gli ostacoli presenti ancora sul percorso, le Comunità energetiche possono promuovere una spinta significativa nel percorso verso la transizione verde, “un cambiamento rispetto all’approccio al consumo”, come ha sottolineato Massimiliano Ghizzi, che può diventare finalmente “condiviso, orientato al risparmio e al bene comune”.
Guarda il regolamento sulle comunità energetiche
di Flavio Natale
Fonte immagine di copertina: Shutterstock