Editoriali
Alla vigilia delle elezioni europee, il Rapporto Bes dell’Istat denuncia i punti deboli nel benessere collettivo, gli scienziati avvertono i politici sui rischi della disinformazione e si cerca di configurare una nuova Europa.
“Gli obiettivi della transizione ecologica prevedono una produzione e un consumo più sostenibili, disaccoppiando la crescita economica dall'uso delle risorse”, ma “le molteplici azioni messe in campo nel nostro Paese per avviare la transizione non hanno prodotto ancora i risultati auspicati”.
Con queste parole l’Istat commenta parte della propria analisi contenuta nel nuovo rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes), il documento che offre annualmente un quadro integrato dei principali fenomeni non solo economici, ma anche sociali e ambientali, che caratterizzano l’Italia, per valutare il progresso della società e la qualità della vita attraverso una visione più completa, al di là della sola misura del Pil.
Giunto alla sua undicesima edizione e presentato in un convegno a Roma il 17 aprile, il Rapporto fa il punto attraverso 152 indicatori sulla trasformazione del benessere nei 12 differenti domini che lo compongono, ovvero: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi.
Come procede dunque l’Italia? Partiamo dalle buone notizie. Innanzitutto, aumenta il benessere generale: circa la metà dei 129 indicatori (su 152) per cui è possibile il confronto, infatti, è migliorato rispetto all'anno precedente, mentre il 28,7% è su livelli peggiori e il 17,8% risulta stabile.
In particolare, sale la speranza di vita, pari a 83,1 anni e in aumento rispetto al 2022 (82,3), sebbene si riduca invece la speranza di vita in buona salute che raggiunge nel 2023 i 59,2 anni, rispetto ai 60,1 del 2022. Bene anche il lavoro, con più occupati tra i 20 e i 64 anni (+1,8% rispetto al 2022), ma con un lieve rallentamento rispetto all'anno precedente, e un tasso di occupazione che raggiunge il 66,3% (+1,5 punti percentuali rispetto al 2022). E ancora, progressi per la maggior parte degli indicatori relativi all’istruzione, in particolare si segnala l’incremento della popolazione con un titolo di studio più elevato, la riduzione della quota di giovani che non studiano e non lavorano (Neet) scesi dal 19% del 2022 al 16,1% nel 2023 e il calo dell’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione.
Il nodo più critico riguarda invece le questioni ambientali: soltanto 4 dei 16 indicatori del dominio “Ambiente” migliorano nell’ultimo anno, a fronte dei sette che peggiorano. In particolare, aumentano le emissioni di CO2, che tornano ai livelli del 2019, e si aggrava l’inquinamento atmosferico, che causa ogni anno 47mila morti premature da PM2,5 (una questione che richiede serie misure strutturali, come ho sottolineato in un mio precedente editoriale). Peggiorano anche le temperature e il conseguente rischio siccità, con 42 giorni di caldo intenso (+36 rispetto al periodo di riferimento 1981-2010) e 29 giorni consecutivi senza pioggia a livello nazionale (+5,5 giorni). Crescono il consumo di materia e quello di suolo, un fenomeno quest’ultimo che l’ASviS chiede da tempo di arrestare attraverso una normativa quadro di livello nazionale e altre misure (si vedano ad esempio i diversi Position paper del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili” e le proposte nel Rapporto ASviS 2023 del Gdl 11 e del Gruppo di lavoro sui Goal 6-14-15, ovvero acqua e biodiversità marina e terrestre). Non migliora la dispersione di acqua potabile dalle reti comunali di distribuzione (42,4% dell’acqua immessa in rete).
Proprio per chiedere un cambio di passo sulle questioni ambientali, 22 scienziati italiani hanno lanciato un appello alle forze politiche in vista delle elezioni europee affinché non neghino i risultati della ricerca scientifica e prendano posizioni chiare sul clima e i sistemi naturali: “Le attività umane hanno inequivocabilmente causato il riscaldamento globale, negare la conoscenza scientifica ci espone a rischi gravi ed evitabili”. Anche la società civile si sta mobilitando in questi giorni in difesa dell’ambiente: lunedì 22 aprile, infatti, sarà l’Earth Day, la Giornata mondiale dedicata alla tutela dell’unico Pianeta che abbiamo, con oltre 600 iniziative in tutta Italia. Dal 18 fino al 21 aprile è già in corso il Villaggio per la Terra, celebrazione storica romana organizzata da Earth Day Italia e Movimento dei focolari, che rappresenta la manifestazione ambientale più partecipata del nostro Paese. Da segnalare anche la maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet, il 22 sempre a Roma oltre che online su RaiPlay, la Planet week del Mase dal 20 al 28 aprile e altre manifestazioni a Torino e in altre città. Anche l’ASviS è impegnata in questi giorni per la sensibilizzare e mobilitare la cittadinanza sulla sostenibilità ambientale, non solo partecipando e collaborando con le principali manifestazioni organizzate per l’Earth Day, ma anche attraverso l’organizzazione di laboratori per scuole e famiglie con bambine e bambini tra i cinque e i sette anni nell’ambito del Festival delle scienze all’Auditorium Parco della musica “Ennio Morricone” di Roma. I laboratori didattici ASviS nel weekend del 20 e 21 aprile, rivolti alle famiglie, si concentreranno sull’impronta ecologica, ma tutta questa settimana è stata dedicata ad attività sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile con oltre 300 partecipanti.
Ma torniamo al Rapporto Bes. Oltre alle criticità ambientali va posta l’attenzione sulle disuguaglianze territoriali: il documento evidenzia come le Regioni del Nord-Est si caratterizzino per maggiori livelli di benessere, con oltre la metà degli indicatori nelle due classi di benessere più elevate, mentre quelle del Mezzogiorno presentino una situazione invertita, con oltre il 55% degli indicatori nelle classi bassa e medio-bassa.
Guardando invece alle criticità a livello nazionale, dopo l’ambiente preoccupa particolarmente il tema della sicurezza, che vede peggioramenti per ben 5 indicatori su 7: si deteriorano gli indicatori relativi a omicidi volontari, furti in abitazioni, borseggi e rapine, e aumenta la percezione del rischio di criminalità nella zona in cui si vive (+1,4 punti percentuali rispetto al 2022, arrivando al 23,3% di famiglie che ritengono la propria zona sia molto o abbastanza a rischio).
In tema di salute aumentano le persone (4,5 milioni nel 2023) che rinunciano a visite mediche ed esami per problemi economici, di difficoltà di accesso o di liste d’attesa (in quest’ultimo caso c’è stato un raddoppio di rinunce). Tutte sfide che richiedono un riorientamento del nostro sistema sanitario (qui un editoriale sul tema). Per quel che riguarda la parità di genere, invece, continua ad aumentare il divario tra uomini e donne in termini di soddisfazione per la vita, con il 48,7% della componente maschile che si dichiara “molto soddisfatta”, a fronte del 44,8% di quella femminile. Male le competenze dei giovani: il 38,5% degli studenti del terzo e ultimo anno delle secondarie di primo grado non raggiunge la sufficienza per le competenze in italiano (era il 35,2% nel 2019) e il 44,2% in matematica (39,6% nel 2019). Calano, infine, la partecipazione civica e politica e la lettura di libri e quotidiani.
Sul fronte del benessere economico, che presenta in larga parte miglioramenti rispetto all’anno precedente, troviamo la povertà assoluta in una situazione peggiore di quella pre-pandemica, con una crescita dell’incidenza individuale: scesa al 7,6% nel 2019 “per effetto, in larga parte, dell’introduzione del Reddito di cittadinanza”, sottolinea l’Istat, ha raggiunto nel 2023 il 9,8%. Andando oltre i confini nazionali, proprio di protezione dalla povertà ha parlato recentemente il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, alla "Conferenza di alto livello per un pilastro europeo dei diritti sociali", organizzata dalla presidenza di turno belga del Consiglio dell’Ue a La Hulpe, vicino Bruxelles: “Se l´Ue non viene vista dai cittadini come un´istituzione che non lascia indietro nessuno, è chiaro che non ha futuro”. Ispirati al principio “No one left behind”, nessuno rimanga indietro, motto dell’Agenda 2030 dell’Onu, sono stati tutti i discorsi alla conferenza tenuti dagli italiani chiamati a delineare la strategia futura europea attraverso l’elaborazione di rapporti: insieme a Giovannini, con il suo report incaricato dalla presidenza belga, sono intervenuti Mario Draghi, che ha anticipato alcune linee guida del report sulla competitività europea che presenterà a giugno, chiesto dalla Commissione Ue, ed Enrico Letta, che ha illustrato ai capi di Stato e di governo dell´Unione il suo report sul mercato unico europeo su incarico del Consiglio europeo. Tre relazioni fortemente complementari che guardano molto alla sostenibilità sociale: per Draghi, l’Europa si è occupata troppo di competitività interna e non ha guardato abbastanza al resto del mondo, portando a una competitività al ribasso in termini sociali, e spingendo verso il basso i costi, incluso quello del lavoro, quando invece la competitività passa per gli investimenti e la ricerca; Letta si è soffermato su un diritto sociale, quello di poter restare dove si è nati senza dover emigrare, anche all’interno dell’Ue o di un Paese, e poi sul mercato unico, che deve superare la propria dimensione puramente economica e fornire servizi e una qualità della vita migliore per i cittadini; per Giovannini, senza gli investimenti sociali, come la formazione per il futuro dei giovani o il supporto alle imprese per avere capitale umano adeguato, “l’Ue resta monca” .
Il focus dei tre esponenti italiani riflette anche il tema a cui le cittadine e i cittadini europei vorrebbero fosse data maggiore priorità nella campagna elettorale in corso. Secondo l’ultimo Eurobarometro, infatti, le quattro principali istanze sono: lotta alla povertà e all'esclusione sociale (33%), salute pubblica (32%), sostegno all'economia e alla creazione di nuovi posti di lavoro (31%) e la difesa e la sicurezza dell'Ue (31%). Seguono l'azione contro il cambiamento climatico (27%), il futuro dell'Europa (26), la migrazione e l'asilo (24), la democrazia e lo stato di diritto (23) e la politica agricola (23).
Si muoveranno in questa direzione le forze politiche alle elezioni di giugno? Noi abbiamo pensato di scoprirlo attraverso “Europa 2030: speciale elezioni”, la nuova rubrica ASviS su Radio Radicale per conoscere, attraverso un ciclo di interviste che durerà fino al 9 giugno, la visione dei partiti sul futuro dell’Ue, dalla governance alla transizione ecologica, dalle politiche migratorie a salute e istruzione. Ma anche per presentare le proposte politiche dell’Alleanza, dal momento che l’esito di queste elezioni sarà cruciale per il futuro della democrazia e per il percorso di sviluppo sostenibile del mondo.
Intanto, in questi giorni (19 e 20 aprile) si tiene alla Camera dei Deputati la Beyond Growth Conference Italia 2024, per discutere con partiti e gruppi parlamentari di lavoro, sviluppo sostenibile e welfare. Ma ancora più importante, a Palermo dal 4 al 6 novembre, sarà la settima edizione del Forum mondiale dell’Ocse sul benessere, un incontro per riflettere sui meccanismi del sistema, nel solco di un ciclo avviato vent’anni fa da Giovannini, all’epoca chief statistician dell’Ocse, quando organizzò sempre a Palermo il primo Forum internazionale su “Statistics, knowledge and policy”, che diede un importante impulso agli studi sulle misure di benessere collettivo “oltre il Pil”. Un traguardo importante per l’Italia non solo per l’evoluzione della misurazione del benessere, ma anche per le scelte economiche e politiche (si veda in proposito l’editoriale di Donato Speroni). Anche il segretario generale dell’Onu António Guterres, in vista del “Summit sul futuro”, ha divulgato un policy brief per ribadire l’importanza di “misurare ciò che conta davvero”. Il comunicato di Mef e Istat sul Forum dell’Ocse, invece, ci ricorda che:
L’Italia è il primo fra i membri della Ue e del G7 ad aver incluso dal 2017, nei propri Documenti di programmazione economico-finanziaria (Def e Nadef), dodici indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes). In questo modo assicura un monitoraggio di alto livello delle condizioni di benessere della popolazione italiana, attraverso i dati forniti periodicamente dall’Istat, nonché la valutazione dell’impatto delle misure adottate in vista del raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030.
Tuttavia, è un peccato notare come la relazione di marzo del Mef sugli effetti della Legge di Bilancio sugli indicatori Bes abbia rivelato un impatto quasi nullo, di cui tra l’altro non si è discusso sui media. È importante dunque non solo elaborare dati, ma anche portarli nel dibattito pubblico. Solo discutendo dati come quelli offerti dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile potremo promuovere l’adozione di politiche complete per il benessere, la sostenibilità e la riduzione delle disuguaglianze. È proprio con questo spirito che l’ASviS presenterà un rapporto all’evento di apertura del Festival dello Sviluppo Sostenibile il 7 maggio a Ivrea: per sollecitare una seria discussione sull’Italia e l’Europa che vogliamo e promuovere la costruzione di un futuro migliore.