Approfondimenti
Senza acqua non c’è vita: riflessioni per la giornata mondiale dell’acqua 2021
di Luigi Di Marco, referente del Segretariato ASviS per il Gruppo di Lavoro sui Goal 6-14-15
L’acqua è un diritto fondamentale da cui dipende la vita sulla terra, il benessere umano e la prosperità economica. Lo si può garantire a condizione di comprendere che è un dono della natura, il cui ciclo va salvaguardato dalla stessa economia umana.
22 marzo 2021
Il diritto all’acqua è stato riconosciuto come diritto fondamentale dall’assemblea generale dell’Onu nel 2010, discendendo di fatto e prioritariamente dall’art.3 della dichiarazione universale dei diritti umani del 1948: ciascuno ha il diritto alla vita.
Come indica il preambolo della stessa dichiarazione del 1948, il rispetto dei diritti umani è la base della libertà, della giustizia, della pace nel mondo.
Se vogliamo la pace nel mondo, dobbiamo dunque preoccuparci che a nessuno manchi mai l’acqua.
Ma l’acqua da dove viene? Aprendo il rubinetto dell’acqua, si è più spesso abituati a pensare che questa sia un bene che ci viene messo a disposizione dagli acquedotti, da opere ingegneristiche, da un servizio idrico chiamato a garantire che l’acqua arrivi in quantità e qualità adeguata a soddisfare i nostri bisogni.
Se non ci fidiamo a bere l’acqua che arriva dal rubinetto (in Italia siamo il 29% - secondo i dati Istat 2020), per convinzione che possa in qualche modo nuocere alla salute o per questione di gusto, compriamo l’acqua in bottiglia. Che non arriva dal rubinetto, ma dal supermercato o dal nostro negozio di vicinato.
Sfugge spesso dalla percezione di molti di noi, almeno nella nostra quotidianità, che l’acqua è prima di tutto un dono della natura, di cui noi usufruiamo non solo direttamente per bere e lavarci, ma anche per nutrirci, perché sempre grazie all’acqua viene coltivato il cibo che percorre l’intera catena alimentare di cui noi siamo regolatori e primi beneficiari, vengono coltivate le piante dalle cui fibre sono tessuti i nostri vestiti, e sempre e comunque tutti i processi industriali, fin dall’estrazione delle materie prime, per poter funzionare richiedono acqua. Tutti beni di cui disponiamo, l’intera economia umana dipende dall’acqua.
Un’economia umana che rischia però di pregiudicare i processi naturali di cui l’acqua è protagonista, così compromettendo la nostra vita e il nostro benessere, la vita e il benessere dei nostri simili e delle generazioni che verranno dopo di noi. Per cui è fondamentale considerare l’acqua come bene che la natura ci mette a disposizione, comprendere il ciclo dell’acqua nei delicati e complessi meccanismi della natura, assumere i comportamenti necessari affinché l’acqua preservi e rigeneri la vita sul pianeta. Fare in modo che l’acqua rigeneri la vita è una nostra assoluta priorità economica.
Uno dei danni più gravi che l’economia umana sta commettendo contro il ciclo dell’acqua sono i cambiamenti climatici generati dai gas-serra di origine antropogenica, prodotti da tutte le nostre attività.
Il fenomeno sappiamo che interessa l’intero pianeta. Ma guardando, a titolo esemplificativo, anche già solo ai dati che riguardano l’Italia, il recente studio del Centro Euro Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc) del settembre 2020, avverte in particolare che aumenteranno i fenomeni di siccità e le alluvioni, dunque avremo periodi dove l’acqua rischia di mancare e altri momenti dove ci sarà troppa acqua. Le alluvioni creeranno danni alle nostre città, ai nostri raccolti, nei corpi idrici aumenterà l’inquinamento, alzandosi il livello del mare avremo possibili intrusioni di acqua salata nelle nostre riserve di acqua dolce nelle zone costiere. Oltre ovviamente ad aumentare il rischio idro-geologico. I cambiamenti climatici sono una grande minaccia, soprattutto per l’acqua. Le temperature medie più alte (siamo nella direzione di ben oltre i 3 gradi rispetto alla temperatura media terrestre pre-industriale) comportano il fatto che l’acqua evapora più velocemente, e complessivamente si valuta che di acqua ce ne sarà meno: nel 2080, sempre il Cmcc valuta che i corsi d’acqua ridurranno la loro portata fino al 40%.
Il 2080 sembra oggi lontano, ma gli effetti sono già qui e ora: rispetto al valore medio del periodo 1971-2000 l’Istat indica negli ultimi 19 anni (dal 2001 al 2019) un’importante riduzione dei volumi d’acqua defluiti a mare, meno 15% per il Tevere e meno 11% per il Po (Istat 2020).
Dunque ridurre il più possibile le nostre emissioni di gas serra aiuta a preservare il più possibile l’equilibrio del ciclo dell’acqua, quelle condizioni di stabilità climatica che ci hanno consentito negli ultimi 10mila anni d’inventare l’agricoltura, di costruire le nostre città, di far prosperare le nostre civiltà. É la ricchezza della natura, di cui il nostro ingegno umano ne è parte attiva, che ci ha consentito di crescere e moltiplicarci fino a 7,8 miliardi di individui sul pianeta.
Il ciclo dell’acqua lo salvaguardiamo anche rinaturalizzando le nostre città e i nostri territori. Dove ci sono alberi e foreste, quando cade la pioggia, l’acqua viene trattenuta più a lungo sulle fronde e sulle foglie degli alberi, e le radici aiutano l’acqua in eccesso a infiltrarsi nel sottosuolo per ricaricare le falde che costituiscono le nostre riserve di acqua. L’acqua invece fa danni dove manca la vegetazione, soprattutto le precipitazioni più violente e intense, sui terreni agricoli nudi dilavano il terreno asportando via il sottile strato fertile in cui sorge la vita.
Il rapporto degli esperti della Commissione europea sulla salute dei suoli indica che il 23% dei suoli ha un livello di compattazione la cui densità ostacola il naturale assorbimento dell’acqua - non favorisce la ricarica degli acquiferi, aumenta il rischio di erosione del suolo e di alluvioni.
Il 23% è un numero enorme! Consideriamo che le aree artificiali coprono già il 4,2% del territorio dell’Ue e di queste il 50% è impermeabilizzato. In Italia abbiamo superato il 7%.
Il problema dunque non è solo rappresentato dal consumo di suolo con superfici artificiali, dall’espansione delle città e dalle infrastrutture, ma anche dalle pratiche agronomiche.
L’agricoltura è già riconosciuta come prima causa d’inquinamento diffuso dell’acqua per l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi (cfr. Commissione europea SWD(2019) 439 final per sintesi valutazione d’impatto sulle risorse idriche europee e nazionali - Agenzia europea per l’ambiente, Water and Agriculture). Abbiamo bisogno di un’agricoltura che consenta ai suoli di trattenere l’acqua il più a lungo possibile con il ripristino della loro porosità naturale, con copertura di vegetazione che trattenga nella sua massa più a lungo possibile acqua e umidità e che attraverso le radici l’aiuti a infiltrarsi nel sottosuolo, apportando benefici alla fertilità dei terreni, aumento di sostanza organica e biodiversità, stoccaggio di carbonio, prevenendo fenomeni di erosione e desertificazione: pratiche qualificabili anche come agro-ecologiche e soluzioni basate sulla natura per la mitigazione e l'adattamento ai cambiamenti climatici (in coerenza alle prescrizioni riportate nelle schede della Tassonomia Ue delle attività sostenibili). Oltre a proteggere e ripristinare aree verdi tampone lungo fiumi e corsi d’acqua per contenere l’impatto delle alluvioni.
Salvare dunque il ciclo dell’acqua ripristinando la natura: il diritto all’acqua e dunque alla vita lo rendiamo possibile con un’economia che lavora per la natura, non contro. Riflettere sul ciclo dell’acqua ci dimostra come diritti, ambiente ed economia sono strettamente interdipendenti, e possiamo considerarli quasi un’unica entità. Chi non ha la capacità di vedere quest’unità, vive di fatto in uno stato d’ignoranza, che genera inevitabilmente incomprensione e conflitti. La mancanza di visione di sistema è prodotta anche da carenze culturali, da parte di coloro che pensano che bisogna guardare al proprio interesse e disinteressarsi di tutto il resto. Mentre solo l’interesse generale consente di avere una visione di futuro su cui costruire dialogo per una transizione convergente al bene di tutti, alla pace e alla cooperazione.
I “numeri” dell’acqua
Il 1 marzo 2021 Un Water ha pubblicato il suo rapporto Summary Progress Update 2021: SDG 6 — water and sanitation for all. La situazione non è confortante.
Dall’introduzione del Presidente Gilbert F. Houngbo, leggiamo:
Il nostro pianeta è sotto grande pressione e gli ecosistemi che forniscono acqua stanno scomparendo. Il fenomeno più grave è che il cambiamento climatico sta rendendo l'acqua più scarsa e imprevedibile ne è la disponibilità, provocando disordine sociale e sfollamento di milioni di persone.
E prosegue: dobbiamo essere sicuri che chi ha il potere decisionale abbia le idee chiare riguardo all’impatto che l’acqua ha sull’economia: quando investiamo per l’acqua otteniamo un effetto catalizzatore su altri ambiti come salute, istruzione, agricoltura e creazione di posti di lavoro.
Perché l'azione nazionale sia efficace, è necessario coinvolgere tutte le parti della società. Tutti hanno un proprio ruolo da svolgere […] Investire per proteggere e ripristinare gli ecosistemi legati all’acqua significa investire per la nostra prosperità, per garantire un futuro alle nostre figlie/figli e nipoti, preservando la vita sulla terra.
Tutti gli SDGs sono interconnessi. Il Goal 6 riguarda la linfa vitale della società e del pianeta, il progresso verso i suoi otto target ha un’influenza determinante sull'intera Agenda 2030.
Il Rapporta si sintetizza in questi numeri per il mondo:
- 2,2 miliardi di persone (29% della popolazione mondiale) non dispone di un accesso sicuro all’acqua potabile (dati 2017);
- 4,2 miliardi di persone (55% della popolazione) manca di sicuri servizi igienico-sanitari, di cui 673 milioni ne hanno totale assenza;
- meno del 50% dell’acqua a uso civile è trattata in maniera adeguata in 24 Paesi su 75 - di questi 75 buona parte sono Paesi ricchi;
- oltre 3 miliardi di persone sono a rischio poiché è sconosciuta la salute dei loro fiumi, laghi, e acque sotterranee;
- un dato positivo: dal 2015 l’efficienza delle reti idriche è migliorata del 4% (l'Italia però in controtendenza);
- 2,3 miliardi di persone sul pianeta vive in Paesi in condizione di stress idrico (di cui 721 milioni in stato di alto stress idrico);
- 129 Paesi non sono in linea con il conseguimento del Goal 6 al 2030;
- solo 22 Paesi hanno attivato rapporti di cooperazione nella gestione delle risorse idriche transfrontaliere.
I numeri dell’Italia li riprendiamo dai rapporti Istat (Bes 2020 - SDGs 2020 - statistiche sull’acqua 2020):
- 8,6% delle famiglie lamentano l’irregolarità del servizio idrico;
- 29% è la quota delle famiglie che non si fida a bere l’acqua del rubinetto (in miglioramento: era il 40% nel 2002);
- 42% la dispersione dalle reti idriche (37,3% dai comuni capoluogo) - in peggioramento, nel 2008 erano al 32,1%;
- 60% circa è la quota dei carichi inquinanti confluiti in impianti secondari o avanzati rispetto ai carichi complessivi urbani generati;
- 40 Comuni senza allaccio alla rete fognaria comunale;
- 93,5% delle acque marine monitorate (pari al 67,3% del totale della zona costiera) hanno una qualità eccellente - 32,1% hanno divieto permanente di utilizzo a fini balneari;
È dunque assolutamente urgente che la dispersione dalla reti idriche sia portata entro limiti fisiologici (dal 42% ad almeno il 10%) e che il 100% delle acque sia adeguatamente depurato rispettando i limiti delle direttive europee.
Inoltre, come base di riflessione per il futuro dei cambiamenti climatici, riportiamo i seguenti dati di riflessione sull’acqua (fonte Cmcc 2020 e Istat):
- 241 miliardi di mc/anno (è l’afflusso meteorico medio del periodo 1971-2000);
- 116 miliardi di mc/anno confluiscono al mare;
- 55 miliardi di mc/anno ricaricano gli acquiferi;
- 116 miliardi di mc sono contenuti nei ghiacciai;
- 9,2 miliardi di mc/anno - a uso potabile (419 litri/abitante/giorno - uso giornaliero 237 litri/abitante/giorno);
- 18,5 miliardi di mc/anno - a uso industriale ed energetico;
- 11,6 miliardi di mc/anno - a uso agricolo (20% della superficie agricola irrigata);
Il citato riferimento attesa riduzione fino a 40% d’acqua nei nostri fiumi al 2080, è un dato di tendenza che ci fa capire che in futuro disporremo complessivamente di meno acqua.
Dunque ridurre il fabbisogno di acqua il più possibile per tutti i settori, in vista di futuri stress climatici e siccità, consente di preparare il nostro sistema economico a una maggior resilienza. Teniamo conto che in futuro la riserva d’acqua contenuta nei ghiacciai è destinata a ridursi, e finanche a scomparire.
Consideriamo che già per il solo uso potabile, ai 155 circa mc pro-capite/anno consumati in Italia, corrispondono poco più di 100 mc pro-capite per la Spagna, meno di 80 mc pro-capite per la Francia, poco più di 60 mc per la Germania.
Dunque risparmiare acqua, se vogliamo, è possibile. Dipende da noi.
Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.