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Il cambiamento climatico è responsabile del 98% degli sfollamenti del 2020
Conflitti ed eventi metereologici estremi hanno portato all’ondata di migrazione più alta registrata in dieci anni. Oltre a un’azione umanitaria globale, serve un cambiamento nei tradizionali approcci di gestione del rischio. 9/6/21
“La portata degli sfollamenti in tutto il mondo è in aumento e la maggior parte di essi avviene all'interno dei confini dei Paesi”. Il “Global report on internal displacement”, pubblicato ad aprile dall’Internal displacement monitoring centre (Idmc), ha fornito dati significativi sulla portata e gli impatti dello sfollamento in diverse regioni del mondo, andandone a rintracciare cause e conseguenze a livello globale e suggerendo vie di uscita per sviluppare politiche più efficaci.
“Ogni anno milioni di persone sono costrette a fuggire dalle proprie case a causa di conflitti e violenze”, avverte il Rapporto, che ricorda anche che i disastri e gli effetti del cambiamento climatico stanno innescando i nuovi sfollamenti, minando la sicurezza e il benessere delle persone. Sebbene le risposte debbano essere guidate dai governi e dalle comunità, le implicazioni delle migrazioni richiedono una risposta globale e una cooperazione internazionale – tema ancora più caldo, data la legge recentemente approvata in Danimarca sulla questione.
Secondo l’Idmc, la maggior parte degli sfollati interni (Idp) vive in Paesi a basso e medio reddito che soffrono gli effetti della disuguaglianza globale, del significativo aumento degli eventi meteorologici estremi e delle pratiche di sviluppo insostenibili. Il numero di persone in tutto il mondo che vive come “sfollati interni” ha infatti raggiunto il record di 55 milioni al 31 dicembre 2020. Oltre l'85% è fuggito da conflitti e violenze. Circa sette milioni sono stati sradicati dai disastri climatici, ma “i dati sono incompleti, ed è probabile che si tratti di una sottostima significativa”. Nel 2020 sono stati inoltre registrati circa 40,5 milioni di nuovi spostamenti, il dato più alto registrato in dieci anni. Gli eventi climatici disastrosi hanno provocato uno sfollamento tre volte maggiore rispetto ai conflitti e alle violenze. La pandemia, sottolinea il Rapporto, ha anche aumentato i bisogni e le vulnerabilità degli sfollati interni, ritardando la ricerca di soluzioni durevoli.
Il segretario generale delle Nazioni unite aveva anche richiesto un cessate il fuoco globale per unire le forze contro la pandemia, ma i conflitti sono proseguiti senza sosta, in particolare nell'Africa subsahariana, nel Medio Oriente e nel Nord Africa, costringendo le persone a fuggire nella Repubblica Democratica del Congo, in Siria e in Afghanistan, mentre l'escalation della violenza e l'espansione dei gruppi estremisti in Etiopia, Mozambico e Burkina Faso ha alimentato alcune delle crisi di sfollamento in più rapida crescita nel mondo.
“Gli eventi legati alle condizioni meteorologiche sono stati responsabili del 98% di tutti gli sfollamenti registrati nel 2020”, dichiara l’Idmc. Cicloni intensi, piogge monsoniche e inondazioni hanno colpito aree altamente esposte e densamente popolate in Asia meridionale, Asia orientale e Pacifico, tra cui Cina, Filippine e Bangladesh. La stagione degli uragani atlantici è stata la più attiva mai registrata e le lunghe stagioni delle piogge in tutto il Medio Oriente e l'Africa sub-sahariana hanno sradicato dalla loro terra milioni di persone.
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“Lo sfollamento interno costituisce anche un onere economico significativo per gli individui, le comunità e le economie”, ricorda il Rapporto. “Il costo globale di un anno di sfollamento è stato di quasi 20,5 miliardi di dollari nel 2020, una cifra che include il sostegno alle esigenze di alloggio, istruzione, salute e sicurezza degli sfollati interni, rappresentando anche la loro perdita di reddito”.
Inoltre, sottolinea l’Idmc, “lo spostamento in caso di catastrofe non è quasi mai a breve termine”. Quando gli impatti del cambiamento climatico sono significativi, infatti, il mutamento dell’assetto ambientale e l’uso insostenibile del suolo rendono le aree inabitabili, e “tornare dopo un disastro non è un'opzione”. Le due alternative per gli sfollati sono l'integrazione locale o il trasferimento pianificato, ma “entrambe le soluzioni richiedono una forte governance nazionale”.
Sebbene una risposta umanitaria efficace rimanga fondamentale, dunque, non è sufficiente: “dobbiamo affrontare i fattori alla base dello sfollamento sfidando i nostri tradizionali approcci di gestione delle catastrofi”. Affrontare lo sfollamento interno in un clima che cambia è uno sforzo di sviluppo che richiede una maggiore volontà politica, finanziamenti strategici e una migliore collaborazione tra le parti che lavorano alla riduzione del rischio di catastrofi, allo sviluppo sostenibile e all'azione per il clima. “I disastri e gli impatti climatici sono essenzialmente fenomeni locali”, aggiunge l’Idmc, “quindi le autorità e i governi nazionali hanno un ruolo chiave da svolgere”.
di Flavio Natale