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FOCUS.Biomimetica: l’imitazione della natura ha il potenziale per risolvere le sfide del futuro
Dai plantoidi alla robotica soft, dalle tele di ragno ai nuovi vetri, dai banchi di pesce alle turbine eoliche, ecco le ricerche che si ispirano al mondo naturale per affrontare alcune grandi questioni della società. 7/01/21
Un treno proiettile con un muso modellato sul becco del martin pescatore per contenere l’inquinamento acustico. Un vetro protettivo ispirato ai fili di seta delle ragnatele per evitare l’impatto degli uccelli. Un dispositivo di raffreddamento che riproduce il guscio dello scarafaggio e raccoglie l’acqua dolce in un deserto. Sono solo alcuni esempi di biomimetica, metodo che imita i meccanismi che governano la natura per risolvere le sfide della nostra civiltà. Si tratta di un approccio scientifico definito come “innovazione ispirata dalla natura” dalla biologa Janine Benyus nel libro “Biomimicry” (1997), il testo chiave della biomimetica contemporanea.
Beynus ha articolato la sua idea di biomimetica intorno a tre funzioni attribuite al mondo naturale: “la natura come modello”, da imitare per risolvere i problemi tecnologici; “la natura come mentore”, da cui l'uomo dovrebbe imparare anziché considerarla come una miniera di risorse; “la natura come misura”, che propone di valutare la rilevanza e la validità delle innovazioni umane rispetto ai sistemi naturali. La biomimetica prevede un approccio multidisciplinare (include tra l’altro biologia, architettura, ingegneria, robotica) e si sta affermando particolarmente negli ultimi anni, dopo che una vasta gamma di società e organizzazioni hanno abbracciato questa disciplina nella loro ricerca di sostenibilità ed efficienza.
Biomimetica e cambiamento climatico
I bioarchitetti costruiscono case utilizzando le tecniche degli alveari o dei formicai. L'Eastgate Center di Harare, nello Zimbabwe, è uno dei migliori esempi di biomimetica in architettura. Progettato dall’architetto Mick Pierce, un guru di questa disciplina, si ispira ai tumuli auto-raffreddanti delle termiti africane ed è in grado di mantenere al suo interno una temperatura costante e ottimale tutto l’anno, nonostante le forti oscillazioni esterne. In questo modo utilizza circa il 35% in meno di energia rispetto agli edifici convenzionali. Altri palazzi progettati da Pearce a Melbourne arrivano a impiegare fino al 70-80% in meno di energia rispetto alla media.
Altre applicazioni della biomimetica si basano sull’utilizzo dell’intelligenza collettiva dello sciame d’api (Swarm intelligence), come nel caso della società Encycle che ha creato un servizio chiamato Swarm logic, un sistema di piccoli controller wireless che comunicano tra loro, accendendo e spegnendo i dispositivi che consumano molta energia negli edifici.
Al Caltech (California institute of technology) hanno sviluppato delle turbine eoliche allineate verticalmente osservando la formazione dei banchi di pesce. Questi impianti, con pale simili ad alette, funzionano in modo più efficiente grazie al loro posizionamento. Il ricercatore capo, John Dabiri, ha affermato che, con un ulteriore sviluppo, il progetto potrebbe consentire di avvicinare i parchi eolici ai centri urbani, contribuendo a ridurre i costi di trasmissione dell’energia e producendo dieci volte più dei parchi eolici tradizionali.
Altre aziende hanno creato alberi eolici visivamente ispirati alla natura, in grado ciascuno di alimentare in media una casa di quattro persone o 15 lampioni. Altre, come Smit, hanno lanciato sul mercato panelli solari ispirati alle foglie delle piante, leggeri e fluttuanti, che si piegano al sole mentre convertono l’energia solare.
Una società di energia rinnovabile con sede a Sydney, Bps, ha invece creato un sistema chiamato Biowave per catturare l’energia delle onde convertendola in elettricità. Il meccanismo imita il movimento delle alghe sott’acqua per generare energia. Poiché le onde dell’oceano sono un fenomeno costante, i ricercatori prevedono che l’energia proveniente da Biowave sarà più stabile rispetto ad altre fonti come l’eolico o il solare.
I nuovi materiali
Mentre alcuni ricercatori stanno studiando modi più efficienti per produrre acciaio e cemento, o per produrne meno, altri stanno creando nuovi materiali da costruzione che siano resistenti, sostenibili e che si ispirino alla natura. Negli ultimi anni i bioingegneri hanno realizzato campioni di gusci d’uovo e ossa artificiali.
Michelle Oyen, bioingegnere del Dipartimento di Ingegneria di Cambridge, ha illustrato così il lavoro del suo team al sito dell’ateneo inglese: “Quello che stiamo cercando di fare è ripensare al modo in cui realizziamo le cose. Gli ingegneri tendono a buttare energie sui problemi, mentre la natura offre informazioni: questa è la differenza fondamentale”.
Compositi di proteine e minerali realizzati in laboratorio che imitano le strutture dell'osso umano sono attualmente utilizzati per gli impianti medici, ma l'idea è che presto possano essere utilizzati come materiale da costruzione. Nella produzione dell'osso artificiale e del guscio d'uovo, i componenti minerali vengono modellati direttamente sul collagene, che è la proteina più abbondante nel mondo animale.
Un altro concetto che si sta fortemente sviluppando negli ultimi anni ed è di origine naturale è quella dell’auto-riparazione (self-healing) dei materiali, che risulta interessante in applicazioni infrastrutturali (strade, gallerie, edifici) ma anche per ovvi motivi nell’industria aerospaziale.
Robot bio-ispirati
Uno dei campi di ricerca emergenti della robotica, la Soft robotics, si concentra su macchine fabbricate con componenti soffici, flessibili e sempre più modellati sugli esseri viventi. Le potenziali applicazioni variano in tutti i settori, ma gli scienziati ritengono che le missioni di ricerca e soccorso, in cui la velocità è assolutamente essenziale, potranno trarre grandi vantaggi da questi nuovi tipi di macchine. Ispirati dalla biomeccanica dei ghepardi, i ricercatori del Mit hanno creato Cheetah, il primo robot in grado di correre e saltare gli ostacoli in modo autonomo.
Barbara Mazzolai, direttrice del centro di Micro-biorobotica dell’Istituto italiano di Tecnologie di Pontedera, insieme alla collega Cecilia Laschi della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, è considerata una delle pioniere della Soft robotics. Mazzolai e il suo team hanno realizzato i primi robot che replicano la capacità sensoriale delle piante, i plantoidi. Questi automi potranno essere utilizzati per il monitoraggio del suolo e, come le piante, cambiano la propria morfologia sulla base degli stimoli ambientali percepiti. In prospettiva futura Mazzolai sta lavorando ad altri progetti, come i gro-bot ispirati alle rampicanti, o gli algoritmi modellati sulla base dei principi di comunicazione delle piante.
“In un futuro, spero prossimo, i plantoidi potrebbero rappresentare macchine dotate di una propria forma di intelligenza ispirata alle capacità di adattamento ed esplorazione delle affascinanti creature verdi che da milioni di anni ci circondano in silenzio, e dalle quali dipende la nostra vita. Il mondo della robotica bio-ispirata annovera tra i suoi modelli un vero e proprio zoo”, ha scritto la biologa, lo scorso 17 luglio, sulle colonne del Sole 24 Ore.
Le innovazioni fondate sui principi della Soft robotics hanno il potenziale per essere veramente dirompenti e secondo molti osservatori, in caso di ulteriori sviluppi, potranno essere combinate con l’ingegneria dei tessuti per creare sistemi ibridi con applicazioni mediche. La sfida si giocherà sull’evoluzione verso materiali sempre più flessibili ma che abbiano una meccanica che consenta al robot di andare contro la gravità.
Non mancano ovviamente limitazioni di natura tecnologica, perché alcune idee della biomimetica non si traducono in pratica e altre si rivelano alla lunga troppo complicate. Questo può accadere quando ci sono tematiche scientifiche che non suscitano sufficiente interesse o su cui non confluiscono investimenti adeguati. A tutto questo va aggiunto che gli ecosistemi sono chiaramente complessi e l’uomo non dispone ancora di molte conoscenze. La natura, però, può aiutarci a capire come trovare soluzioni sostenibili a problemi estremamente complessi.
di Andrea De Tommasi