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Rapporto Pendolaria 2024: che fatica spostarsi in treno in Italia

Convogli vecchi, ritardi, tratte ferroviarie chiuse. E un divario evidente tra Nord e Sud: nel Mezzogiorno quattro tra le dodici peggiori linee ferroviarie. Non mancano però le buone notizie. Legambiente: recuperare risorse da sussidi ai fossili.  6/3/24

mercoledì 6 marzo 2024
Tempo di lettura: min

Il trasporto ferroviario rimane imbrigliato tra i soliti e arcinoti problemi: mezzi vecchi, ritardi e opere incompiute. In Italia, sottolinea il Rapporto “Pendolaria 2024” di Legambiente, presentato a febbraio, i servizi ferroviari regionali e il trasporto pubblico sono un tema secondario. Mentre il numero dei viaggiatori torna a salire, il governo risponde con tagli e rimodulazioni.

Nel 2023 i passeggeri sui treni nazionali e regionali sono continuati a crescere rispetto agli anni delle restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19:  Trenitalia ha chiuso i primi 10 mesi dell’anno con il 20% in più di passeggeri rispetto allo stesso periodo del 2022.

Per la prima volta dal 2017, nell’ultima legge di bilancio non sono stati previsti fondi per il trasporto rapido legato a metro, tramvie e filovie, così come per la ciclabilità e la mobilità dolce. Se il nostro Paese vuole migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2 come previsto dall’Accordo di Parigi, continua il Rapporto, bisogna aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno.

Treni vecchi, lenti e tratte dimenticate

 I problemi del trasporto su ferro sono rimasti irrisolti. Grande dimenticato è il Mezzogiorno: qui le corse dei treni regionali e l’età media dei convogli sono distanti dai livelli del resto d’Italia. Al Sud l’età media dei convogli è di 18,1 anni, molto lontana dai 14,6 anni del nord. Due i casi record di “anzianità” dei parchi rotabili: in Molise l’età media è di 22,6 anni, in Calabria 21,4 anni. Quattro delle dodici linee ferroviarie peggiori, segnalate da Legambiente nel 2024, si concentrano al Sud: le ex linee circumvesuviane (142 km, ripartiti su 6 linee e 96 stazioni, che si sviluppano intorno al Vesuvio), la linea Catania-Caltagirone-Gela, e come new entry la linea Jonica che collega Taranto e Reggio Calabria, la linea adriatica nel tratto pugliese Barletta-Trani-Bari. Sono al Centro, però, le due ferrovie peggiori del Paese: la Roma-Lido e la Roma-Viterbo.

Legambiente: “misure di riduzione dell’inquinamento inesistenti o troppo lente”

Lotta allo smog ancora in salita: se fossimo nel 2030, sarebbe fuorilegge l’84% di città italiane per il PM2.5, il 69% per PM10 e il 50% per NO2. Rapporto Mal’aria 2024: agire su mobilità, riscaldamento e agricoltura.  [VIDEO12/2/24 

Altra nota dolente riguarda le linee ferroviarie chiuse e sospese ormai da anni: la Palermo-Trapani via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), la Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) o quelle delle linee a scartamento ridotto che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 11 anni e dove non esiste un progetto concreto di riattivazione. In Sicilia sono 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale. Imbarazzanti i tempi di percorrenza: ad esempio per andare da Trapani a Ragusa si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando quattro treni regionali.

“Esistono tantissimi investimenti e opere pubbliche da fare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente del Ponte sullo Stretto di Messina”, è l’analisi di Legambiente.

Buone notizie

Un segnale incoraggiante per il Sud arriva dalla linea Bari-Bitritto, con il recente affidamento diretto del servizio a Trenitalia. Legambiente auspica che la tratta sia potenziata fino a raggiungere pieni standard da metropolitana ferroviaria. Continua anche il piano di elettrificazioni di RFI, con l’ultima tratta realizzata, in ordine di tempo, la Roccaravindola-Isernia in Molise, e la previsione di attivare circa 1.200 km di linea entro il 2026 e 54,6 km oltre il 2026, per un investimento complessivo che supera i 2 miliardi di euro.

Le buone pratiche arrivano dal Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Basilicata. Si va ad esempio dall’ “Alto Adige Pass”, una carta elettronica che ha una durata di 365 giorni, valida su tutti i mezzi di trasporto pubblico e con un tetto massimo di spesa di 640 euro, alla riapertura delle linee Casale-Mortara e Asti-Alba, della nuova stazione Ferrovie Appulo Lucane ad Avigliano (PZ) per arrivare al progetto “Mi muovo in Emilia-Romagna” con biglietti e abbonamenti a integrazione tariffaria su scala regionale.

Lo scenario futuro

 Se l’Italia vuole rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, dice Legambiente, sarà necessario prevedere nuovi finanziamenti. Occorreranno 500 milioni l’anno fino al 2030 per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto e il revamping dei treni. A questo si aggiungono 200 milioni l’anno per migliorare il servizio Intercity o l’aumento di almeno 1 miliardo del Fondo Nazionale Trasporti (che finanzia il trasporto su ferro e quello su gomma). Si tratta di una spesa alla portata del Paese, recuperabile attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti europei, italiani e regionali. Le risorse, osserva l’associazione, si possono recuperare dai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, oltre che ripensando a progetti stradali e autostradali dannosi per l’ambiente e per l’economia. In ultimo, continua il Rapporto, gli investimenti più importanti riguardano il servizio: senza finanziare in conto corrente la presenza (e frequenza) di treni, metro, tram e autobus, non è possibile pensare di far fruttare il costo in conto capitale speso per la costruzione di infrastrutture che rimangono vuote. L’estensione della rete è secondaria alla scelta del servizio necessario agli abitanti in un dato territorio, cercando innanzitutto di sfruttare al meglio quella esistente, aumentando la frequenza dei convogli che in alcuni casi è davvero molto distante dagli standard europei. Sono necessarie più corse per aumentare l’offerta di servizio in particolare nelle aree urbane nelle ore di punta. Non bastano il rinnovo del parco circolante e il miglioramento dell’infrastruttura, se il servizio non è strutturato sulle esigenze dei cittadini.


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