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Dai vaccini alla biotecnologia, ecco le strategie per sconfiggere la malaria
In occasione della Giornata mondiale che si celebra il 25 aprile, l’Oms ha sottolineato che nessuno strumento da solo è in grado di risolvere il problema della malaria. Un podcast di The Economist ha esplorato il ruolo dell’innovazione. 22/4/22
La malaria è una malattia infettiva causata da cinque tipi di parassiti della specie nota come Plasmodium, che si trasmettono all'uomo attraverso la puntura di zanzare di sesso femminile del genere Anopheles. La malattia provoca febbre e altri sintomi simil-influenzali, e per molti risulta fatale. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno la malaria affligge 250 milioni di persone, e ne uccide più di 620mila, di cui l’80% sono bambini al di sotto dei cinque anni: nel mondo ogni minuto un bambino muore di malaria, principalmente nel continente africano.
In occasione della Giornata mondiale contro la malaria, istituita dagli Stati membri dell’Organizzazione mondiale della sanità durante l’Assemblea del 2007 e celebrata il 25 aprile, l’Oms ha sollecitato investimenti sull’innovazione che portino a nuovi approcci di controllo dei vettori, diagnostica e farmaci antimalarici per accelerare i progressi contro la malattia. Un lungo approfondimento sul tema è arrivato dal podcast settimanale su scienza e tecnologia di The Economist dedicato il 5 aprile alla malaria. La puntata, dal titolo “Babbage: How do you solve a problem like malaria?”, ha analizzato i nuovi e più moderni strumenti da impiegare nella lotta alla malattia infettiva, dai vaccini alle zanzare geneticamente modificate.
Per decenni gli scienziati hanno cercato di sconfiggere la malattia infettiva, ma finora la sfida all’eradicazione della malaria è sembrata irraggiungibile: oggi, però, grazie all’avvento delle moderne biotecnologie e agli investimenti sempre più importanti per il controllo e la prevenzione della malattia, si fa strada l’idea di poter costruire un mondo libero dalla malaria. Risale al 1955 il primo tentativo dell'Oms in questo senso, con il lancio del Global malaria eradication program: in realtà, solo dagli anni 2000 si è assistito a un significativo calo dell'incidenza dei casi di malaria, con una drastica riduzione del numero di decessi nel mondo, grazie alle scelte politiche e agli enormi investimenti. Tra il 2015 e il 2016, però, si è osservata una recrudescenza della malattia, soprattutto a causa del problema dello sviluppo della resistenza agli insetticidi.
Ma quali sono i più recenti e promettenti strumenti offerti dalle biotecnologie nella lotta alla malaria?
Il principale strumento farmacologico adottato dall’Oms come trattamento di prima linea per la malaria da Plasmodium è l’Artemisinin-based combination therapy (Act), ovvero la terapia combinata a base di artemisinina, una molecola derivata dalla medicina tradizionale cinese che, nelle regioni endemiche, si è dimostrata la più efficace nel trattamento della malattia. La terapia Act ha come principale vantaggio quello di essere conveniente a livello economico, aspetto cruciale se si pensa alla larga diffusione della malaria. Il problema è che, come ogni trattamento, anche l’artemisinina non funzionerà per sempre: rimane aperta la questione relativa allo sviluppo della resistenza, che si sta osservando già nell'Africa sub-sahariana.
Sebbene possedere una cura sia fondamentale, un aspetto decisivo per eliminare la malattia a livello globale sarà la capacità di sviluppare strumenti di prevenzione. In tal senso si sono rivelati efficaci gli anticorpi monoclonali, che attraverso una singola iniezione prima dell’inizio del periodo di trasmissione possono migliorare l’aderenza alla profilassi nella popolazione. Ma due strumenti fodnamentali nella strada verso l’eliminazione della malattia sono i vaccini e il sistema del gene-drive.
Il primo vaccino contro la malaria. Nell’ottobre 2021 l’Oms ha approvato RTS,S/AS01, noto come Mosquirix, il primo vaccino raccomandato per prevenire la malaria causata da Plasmodium falciparum nei bambini che vivono in paesi ad alto rischio: Jennifer Gardy, epidemiologa della divisione Malaria della Bill and Melinda Gates Foundation, ha evidenziato durante il podcast citato come la notizia sia di portata storica, se si pensa che ci sono voluti 40 anni di ricerca e sviluppo per arrivare a questo punto. Il vaccino ha un’efficacia inferiore al 50%: idealmente, vorremmo avere un vaccino che dia circa l'80% di efficacia, con una protezione di lunga durata, ma raramente il primo vaccino sviluppato per sconfiggere una malattia è il miglior vaccino. Perciò, si dovranno attendere i vaccini di seconda generazione: uno di questi sarà quello sviluppato dallo stesso team dell’Università di Oxford che ha realizzato quello contro il Covid-19, e che negli studi clinici ha già dimostrato un’efficacia superiore al 75%: la fine dei trial è prevista a settembre 2022, quando verrà richiesta l’autorizzazione all’uso in emergenza. Sempre nel campo dei vaccini, una speranza viene dalla moderna tecnologia dell’RNA messaggero, quella utilizzata per la prima volta nella produzione dei vaccini contro il Covid-19: la vera sfida del vaccino a mRNA contro la malaria risiede nella ricerca del giusto antigene che sappia insegnare al sistema immunitario come appare la malaria, per poterla sconfiggere. Sebbene sia un processo complesso, le speranza in questa tecnologia sono molte.
La speranza dall’ingegneria genetica. Una delle più avveniristiche tecniche che si stanno studiando contro la malaria è quella che prevede la modifica del Dna delle zanzare per determinare la loro sterilità. Questa tecnica è realizzabile grazie al sistema chiamato gene drive, ovvero una sistema che garantisce una eredità superiore a quella mendeliana e porta il transgene a diffondersi nella popolazione di zanzare. Come ha spiegato a The Economist Federica Bernardini, ricercatrice nel laboratorio del professor Andrea Crisanti presso l’Imperial College of London, la tecnologia gene drive ha l’obiettivo di accelerare la diffusione di una determinata caratteristica genetica all’interno di una popolazione: “Nel caso delle zanzare, gli scienziati sono intervenuti su un gene coinvolto nella determinazione del sesso della zanzara, e ne hanno alterato una regione deputata allo sviluppo del genere femminile. Questa modifica genetica si propaga di generazione in generazione, producendo uno squilibrio fra maschi e femmine, con la progressiva scomparsa delle seconde e quindi il collasso della popolazione di zanzare”.
Sarà mai possibile nei prossimi due o tre decenni eradicare la malaria dal globo? Gli strumenti che a oggi sono stati sviluppati rappresentano una grande promessa per la realizzazione di un mondo libero da una malattia che affligge l’umanità da sempre. Sondre Ulvund Solstad, data journalist di The Economist, ha sottolineato che ridurre l’incidenza dei casi di malaria del 75% significherebbe, in tre decenni, salvare fino a 20 milioni di vite. Tutte gli strumenti introdotti grazie al progresso scientifico fanno sperare nella reale possibilità di sconfiggere una delle malattie più letali della storia dell’umanità. Sarà tuttavia necessaria una forte azione politica a livello globale che, nei prossimi decenni, sappia guidare gli investimenti nella direzione di nuove tecniche di eradicazione e contenimento della malattia.
di Giulia Gallo