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Biodivercities: investire in natura conviene alle città, anche in termini economici
Lo studio del World economic forum indica la strada per rendere le realtà urbane più vivibili e resilienti. Un processo in grado di creare più di 59 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo entro il 2030. 8/2/22
Le città sono il motore dell'economia, basti pensare che contribuiscono a circa l'80% del Pil globale, tuttavia la vertiginosa crescita a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni ha messo in seria difficoltà un’importante fattore da cui dipende la vita umana sul Pianeta: la natura. A ribadirlo è lo studio “Biodivercities by 2030: transforming cities’relationship with nature” pubblicato il 22 gennaio dal World economic forum (Wef), che indaga il modello di sviluppo più adatto a favorire sia il benessere cittadino sia quello degli ecosistemi.
Sono due i dati che aiutano a comprendere in che modo il contesto urbano abbia accelerato il degrado ambientale: le città sono oggi responsabili di oltre il 75% delle emissioni climalteranti; negli ultimi 12 anni sono cresciute di due terzi le strutture artificiali che lo studio definisce come “ambiente edificato” (edifici in cui viviamo, infrastrutture che forniscono acqua ed elettricità, ecc…).
“I leader urbani di tutto il mondo hanno il potere e la responsabilità di trasformare le città per affrontare al meglio i temi della biodiversità interconnessa e della crisi climatica”, sostiene lo studio che “fornisce una visione delle città del futuro e dei cambiamenti sistemici necessari per sviluppare ‘Biodivercities’ che mettano la natura al centro del processo decisionale e degli investimenti infrastrutturali. Il rapporto illustra anche come utilizzare la natura per ridurre l'impatto dei contesti urbani sulla biodiversità, aumentare la loro resilienza e garantire significativi benefici economici”.
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Biodivercities: i vantaggi economici. Il Wef evidenzia come gli investimenti "positivi per la natura", ne sono un esempio le “Nature based solutions” (Nbs) applicate alle infrastrutture e ai processi di rigenerazione, siano in grado di portare enormi benefici.
In generale, con una spesa di 583 miliardi di dollari in interventi volti a migliorare la qualità della natura, potremmo vivere in città più resilienti, vivibili e competitive. Un processo che porterebbe alla creazione di più di 59 milioni di posti di lavoro nelle città di tutto il mondo e, al tempo stesso, genererebbe oltre 1,5 mila miliardi di dollari annui (in termini di valore di mercato) entro il 2030.
Se parliamo solo di infrastrutture, l’investimento in Nbs finalizzato per esempio a mitigare gli effetti delle ondate di calore e delle inondazioni renderebbe tutto più conveniente, dato che le “costruzioni verdi” sono del 50% più economiche rispetto alle alternative “grigie” create dall’uomo negli ultimi decenni. Attualmente solo lo 0,3% della spesa va in questa direzione, un dato che se da una parte è negativo, dall’altra ci suggerisce le enormi potenzialità e opportunità che il settore può avere nello sviluppo delle realtà urbane.
Per quanto riguarda invece la restituzione di spazio alla natura, gli "interventi di risparmio del territorio" potrebbero generare ulteriori 469 miliardi di dollari in vantaggi annuali, entrate aggiuntive che arriverebbero via via che le città diventano sempre più attraenti, e a misura d’uomo, per residenti e turisti.
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I tre step per città meno impattanti. Realizzare la visione di BiodiverCities entro il 2030 richiede tre cambiamenti nei modelli di sviluppo urbano, e il contributo di tutte le parti della società. C’è innanzitutto bisogno di una stretta collaborazione tra decisori pubblici e privati, serve un approccio sistemico alla governance urbana che tenga conto delle esigenze di tutte le parti interessate e del valore degli ecosistemi naturali. Un cambiamento che richiede l’impegno “dei massimi livelli di governo”, unito a un “forte coordinamento e una politica che promuova l'innovazione e che ritenga il settore privato responsabile del suo impatto sulla natura”.
In secondo luogo, le città devono reinserire la natura nel processo decisionale di pianificazione territoriale e fare del ripristino degli ecosistemi la loro missione principale. Ciò significa preservare gli habitat naturali all'interno e intorno alle città, riqualificare i terreni degradati e incorporare la natura in infrastrutture nuove o migliorate, come corridoi verdi lungo le strade principali e tetti verdi sugli edifici.
Infine, occorre fare uso di una serie di strumenti in grado di rendere la natura un investimento attraente per i mercati finanziari. Un processo che per essere efficiente deve includere l'adozione di dati standardizzati sulla biodiversità, in modo da informare su come ridurre il rischio degli investimenti privati sul capitale naturale.
di Ivan Manzo