FOCUS. Pochi, ansiosi, in fuga ma preziosi: ritratto della nuova generazione italiana
I giovani tra i 15 e i 34 anni stanno affrontando sfide enormi: precarietà, disagio mentale e poche opportunità. Molti talenti cercano fortuna all'estero, mentre in patria cresce la sfiducia nel futuro. Si sentono trascurati e chiedono maggiore attenzione e investimenti. [Da FUTURAnetwork] 3/6/25
In Italia, i giovani – definiti come coloro che hanno un'età compresa tra i 15 e i 34 anni – costituiscono una percentuale sempre più ridotta della popolazione. Questo fenomeno è principalmente il risultato del costante calo delle nascite registrato negli ultimi decenni, che ha portato a una diminuzione progressiva del numero di giovani nel Paese. Di conseguenza, l'Italia deve affrontare un evidente invecchiamento demografico: la popolazione anziana continua a crescere, mentre quella giovane si riduce, trasformando i giovani in una vera e propria minoranza demografica nella società italiana. Questo squilibrio ha importanti ripercussioni non solo sul piano economico e lavorativo, ma anche su quello sociale e culturale.
Secondo i dati dell'Istat, a gennaio 2024 il numero di giovani è di poco superiore a 5,8 milioni di maschi e 6,3 milioni di femmine, corrispondenti rispettivamente al 21,8% e al 19,3% della popolazione totale di ciascun sesso. Le proiezioni demografiche (ipotesi mediana) offrono un quadro ancora più preoccupante: nel 2050, si prevede che i ragazzi di età compresa tra 15 e 34 anni saranno 4,5 milioni, mentre il numero delle ragazze supererà appena i cinque milioni.
Individui residenti in Italia in età 15 -34 anni per ripartizione e genere. 1 gennaio 2024. Fonte: Istatdata
Previsione di individui residenti in Italia in età 15 -34 anni per ripartizione e genere. 1 gennaio 2050 (ipotesi mediana) Fonte: Istatdata
I giovani costituiscono una parte fondamentale della società italiana, ma sono anche tra i più vulnerabili. Oggi, i giovani italiani devono affrontare una serie di sfide economiche, sociali e culturali che influenzano in modo significativo il loro presente e, soprattutto, il loro futuro. Dalla formazione all'accesso al mercato del lavoro, fino al loro ruolo nella società e al fenomeno dell'emigrazione, il panorama che si delinea è complesso e, in molti casi, preoccupante.
Istruzione: opportunità e limiti
Oggi, l'istruzione è un elemento fondamentale nella vita dei giovani italiani, anche se il sistema educativo deve affrontare sfide strutturali importanti. Da un lato, si nota un crescente interesse per l'istruzione universitaria: sempre più ragazzi e ragazze scelgono di continuare gli studi dopo il diploma, riconoscendo l'importanza di una formazione avanzata in un mercato del lavoro sempre più competitivo. Tuttavia, nonostante questo entusiasmo, l'Italia è ancora al di sotto della media europea per quanto riguarda il numero di laureati, indicando che ci sono ancora ostacoli significativi nel percorso formativo.
Molti studenti si trovano ad affrontare difficoltà economiche, mancanza di orientamento e un'offerta formativa che, in alcuni casi, non riesce ad adattarsi alle reali esigenze del mercato del lavoro. Il sistema educativo italiano mostra ancora una certa rigidità e lentezza nell'adeguarsi ai cambiamenti della società e dell'economia, in particolare per quanto riguarda le competenze digitali e trasversali, sempre più richieste oggi.
In questo scenario, la dimensione internazionale si rivela una risorsa fondamentale: sempre più giovani partecipano a programmi di mobilità come l’Erasmus o si iscrivono a master e corsi di laurea all'estero, cercando esperienze formative più dinamiche e proiettate verso il futuro. Questa apertura verso l'estero, da un lato, arricchisce il percorso educativo degli studenti, ma dall'altro evidenzia anche una certa sfiducia nella capacità del sistema italiano di fornire opportunità concrete e competitive.
L’alfabetizzazione digitale tra i giovani è cresciuta negli ultimi anni: molti di loro dimostrano familiarità con le tecnologie, con l’uso di strumenti digitali e piattaforme online, anche se questa competenza viene spesso sviluppata in modo autonomo, più che all’interno della scuola.
Nel 2023, la percentuale di ragazze e ragazzi con competenze digitali almeno di base raggiunge il 58,5%, mentre la media dell'Unione europea è del 70,7%. L'Italia si posiziona al terzultimo posto tra i vari Paesi, seguita solo da Bulgaria (52,3%) e Romania (46%), che presentano dati ancora più bassi. Questo scenario solleva preoccupazioni riguardo alla capacità del sistema educativo di valorizzare e sviluppare adeguatamente queste competenze, rischiando di creare un divario tra la formazione scolastica e le abilità richieste dal mercato del lavoro.
L’alternanza scuola-lavoro e i tirocini sono strumenti ancora poco strutturati e spesso vissuti come esperienze di sfruttamento più che di formazione.
Disoccupazione e lavoro precario
Uno dei principali problemi è senza dubbio il mercato del lavoro. Secondo i dati Eurostat, l'Italia si posiziona tra i Paesi europei con il più alto tasso di disoccupazione giovanile. Nel 2024, il tasso di disoccupazione per la fascia di età 15-24 anni è del 20%, mentre per i 25-34enni si attesta intorno al 9%. Questi dati assumono un significato ancora maggiore se considerati insieme al fenomeno dei Neet (Not in Education, Employment or Training), ovvero quei giovani che non studiano, non lavorano e non sono coinvolti in percorsi di formazione. In Italia, i Neet rappresentano circa il 12% dei giovani tra i 15 e i 24 anni e il 17% dei 25-34enni. Sebbene questo indicatore sia in diminuzione negli ultimi anni, rimane comunque ben al di sopra della media europea.
Anche per chi lavora, la situazione non è semplice: il precariato, i contratti a termine e il lavoro sottopagato sono molto diffusi. Il passaggio da un’occupazione all’altra, spesso non scelta ma necessaria, è diventato la norma, con scarse garanzie e possibilità di pianificazione del futuro. Questa instabilità ha un impatto diretto sulla possibilità di rendersi autonomi dalla famiglia d’origine, acquistare una casa o costruire una famiglia.
La fuga delle competenze
Il sistema universitario italiano si trova in una situazione contraddittoria: da un lato, presenta eccellenze riconosciute a livello internazionale, mentre dall'altro continua a perdere studenti e laureati che si trasferiscono in Paesi con migliori opportunità lavorative e retributive. Questo fenomeno, noto come "fuga dei cervelli", rappresenta una delle sfide più gravi per l'economia e lo sviluppo culturale del Paese.
Nel periodo 2014-2023, si è registrato un aumento costante dei giovani italiani che decidono di trasferirsi all'estero, mentre i rientri in Italia sono stati notevolmente inferiori. Hanno deciso di espatriare 367 mila giovani tra i 25 e i 34 anni, tra i quali quasi 146 mila laureati (39,7%). Al contrario, i rimpatri di giovani della stessa fascia di età nello stesso periodo sono stati circa 113 mila, di cui poco più di 49 mila laureati. Il saldo migratorio dei giovani laureati è rimasto costantemente negativo, con una perdita netta di circa 97 mila unità nel corso del decennio, evidenziando un significativo deficit di capitale umano qualificato. Le principali destinazioni sono Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi, ma crescono anche le partenze verso Canada e Australia.

Il documento ASviS su giovani e futuro: così la scuola può prepararli al cambiamento
Una riflessione sulla condizione giovanile, tra disuguaglianze attuali e sfide per il domani, con una panoramica di strumenti e buone pratiche che gli istituti scolastici possono mettere in campo per formare cittadini attivi. 21/5/25
Disagio sociale e salute mentale
Negli ultimi anni si è assistito a un crescente allarme legato al disagio sociale e alla salute mentale tra i giovani, in particolare nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 34 anni. Si tratta di un fenomeno complesso, influenzato da molteplici fattori che vanno dall’ambiente familiare alle condizioni economiche, dalle dinamiche scolastiche e lavorative fino al peso delle aspettative sociali.
Molti ragazzi si trovano ad affrontare una forte pressione, sia nel percorso scolastico che nella ricerca di un lavoro stabile. La precarietà economica, l’instabilità professionale e la difficoltà a costruire un futuro solido generano spesso sentimenti di ansia, inadeguatezza e frustrazione. A questo si aggiunge il senso di isolamento che può derivare dalla mancanza di relazioni significative, un problema accentuato anche dall’uso massiccio dei social media, che spesso sostituiscono i contatti umani reali.
Secondo il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese nel 2024, il 51,8% dei giovani (18-34 anni) riporta di soffrire di ansia o depressione. Inoltre, il 32,7% dei giovani tra i 18 e i 34 anni afferma di avere attacchi di panico, il 18,3% segnala disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia. Il rapporto evidenzia che un giovane su tre (il 29,6% del totale) ha cercato aiuto da uno psicologo, mentre tra gli adulti questa percentuale scende al 17,9%. Infine, il 16,8% dei giovani fa uso di sonniferi o psicofarmaci per migliorare il proprio stato di salute.
È fondamentale che la società nel suo insieme prenda coscienza di quanto sia urgente investire nella salute mentale dei giovani. Bisogna abbattere lo stigma che ancora oggi circonda questi temi, e offrire spazi di ascolto, educazione emotiva e supporto concreto, sia nelle scuole che nei luoghi di lavoro. Solo così si può davvero contribuire al benessere delle nuove generazioni, aiutandole a vivere con maggiore serenità e fiducia nel futuro.
Il ritardo per costruire un futuro
Uno dei paradossi più evidenti riguardanti la condizione giovanile in Italia è l'autonomia abitativa. I giovani italiani lasciano la casa dei genitori molto più tardi rispetto ai loro coetanei europei, con un'età media di circa 30 anni. Le cause di questo fenomeno sono molteplici, ma tra le principali si evidenzia la difficoltà di ottenere un reddito stabile e sufficiente a coprire le spese per l'affitto o l'acquisto di un'abitazione. Il mercato immobiliare nelle grandi città è diventato sempre più inaccessibile, soprattutto per chi ha contratti precari o lavora in settori poco tutelati. Inoltre, l'assenza di politiche pubbliche adeguate per l'edilizia giovanile e la mancanza di soluzioni abitative flessibili e sostenibili contribuiscono a creare un ciclo vizioso di dipendenza economica e frustrazione personale
Il ritardo nell'abbandonare la casa dei genitori e nella realizzazione di un progetto di vita personale si colloca in un contesto demografico preoccupante: l'Italia è uno dei paesi più anziani al mondo, con uno dei tassi di natalità più bassi d'Europa. Questo calo della natalità è influenzato, oltre che da fattori culturali, anche da una profonda instabilità esistenziale: senza certezze riguardo a casa e lavoro, diventa difficile pensare di avere figli. Nel Mezzogiorno, i giovani affrontano un percorso verso l'età adulta più "lungo e complesso". I tempi per lasciare la casa dei genitori, formare una famiglia e avere il primo figlio si allungano notevolmente. Nel 2022, il 71,5% dei giovani tra i 18 e i 34 anni nel Mezzogiorno viveva ancora con la famiglia, rispetto al 64,3% nel Nord Italia e al 49,4% nell'Unione europea a 27, con un significativo aumento rispetto al 2001, quando la percentuale era del 62,2%.

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Partecipazione e impegno sociale
La rappresentazione dei giovani nei media alimenta l'immagine di una generazione "problematica" o "pigra", spesso più vittima di stereotipi che oggetto di autentica comprensione. Vengono descritti alternativamente come apatici o eccessivamente idealisti, troppo dipendenti dalla tecnologia o disinteressati alla politica. Tuttavia, questa generazione è in realtà molto eterogenea, con competenze avanzate, una notevole capacità di adattamento e una sensibilità verso questioni sociali e ambientali che spesso supera quella delle generazioni precedenti.
Le nuove generazioni si stanno allontanando dalle forme tradizionali di partecipazione, optando per azioni più informali e orizzontali. Questo cambiamento sembra derivare non solo dalla mancanza di spazio offerto dalla politica, ma anche dal desiderio di esplorare modalità e spazi di partecipazione alternativi.
Oltre l'82% dei giovani ha affermato di aver discusso, negli ultimi 12 mesi, di problemi locali (riguardanti il proprio quartiere o comune) o di temi di attualità con la propria rete sociale, composta da familiari, amici e colleghi. È particolarmente significativo il fatto che il 63,6% dei giovani segua influencer che trattano questioni politiche o di interesse pubblico (cfr. Istituto Toniolo, Giovani democrazia e partecipazione politica, 2024)
Le future strategie possibili
La nuova generazione italiana è intrinsecamente europea e globale, parla diverse lingue, si sposta per motivi di studio e lavoro, e vive internet come un ambiente culturale e sociale. Questo la rende un potenziale ponte tra l’Italia e il resto del mondo, capace di promuovere innovazione, dialogo interculturale e apertura. In un periodo caratterizzato da polarizzazioni e chiusure, i giovani possono rappresentare la soluzione più efficace.
I giovani italiani non sono una generazione fragile da assistere, ma una base fondamentale su cui costruire l’Italia del futuro. Per raggiungere questo obiettivo, è necessaria una visione condivisa, investimenti audaci e una fiducia concreta. Dare spazio ai giovani è una strategia indispensabile per un Paese che desidera tornare a crescere in modo giusto, innovativo e pieno di speranza.
A questo proposito, è importante menzionare il progetto GIFT (Giovani, Impegno, Futuro, Territorio), un'iniziativa promossa da Save the Children e cofinanziata dall'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), con la collaborazione di ASviS, Edi Onlus e Fondazione Mondo Digitale. L'obiettivo principale del progetto è coinvolgere e mobilitare i giovani riguardo all'Agenda 2030 e agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. GIFT si basa sulla convinzione che i giovani debbano essere protagonisti attivi, non solo beneficiari passivi delle politiche, nella definizione e attuazione di interventi e iniziative che li riguardano, contribuendo così al dibattito pubblico sullo sviluppo sostenibile.
Le politiche giovanili, in passato spesso marginali o frammentarie, necessitano di una visione sistemica: investimenti nell’istruzione di qualità, nella ricerca, nel lavoro dignitoso, nella casa, nella salute mentale, nella partecipazione attiva.
La società italiana è chiamata a riconoscere il valore dei suoi giovani come protagonisti del cambiamento. Senza una loro piena integrazione nella vita economica e sociale, sarà difficile affrontare le grandi sfide del futuro: transizione ecologica, innovazione digitale, sostenibilità demografica e coesione sociale.
In conclusione, la situazione dei giovani in Italia tra i 15 e i 34 anni è complessa, segnata da difficoltà strutturali ma anche da una resilienza significativa. Sostenere questa generazione significa investire nel presente per costruire un futuro più giusto, inclusivo e sostenibile.
di Giuliana Coccia
Copertina: Vytautas Markunas/unsplash