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Come affrontare l’invecchiamento della popolazione globale nell’era degli SDGs
Nel 2100 il 61% della popolazione mondiale sarà rappresentato dagli anziani di oltre 65 anni. Serve un piano di riforme che azzeri le discriminazioni di età sul lavoro e promuova l’apprendimento continuo, dice l’Onu. 13/11/2019
In un mondo destinato a invecchiare sempre di più - con una popolazione anziana che raggiungerà il miliardo e mezzo entro il 2050, contro i 703 milioni del 2019 - è necessario adeguare le misure nazionali al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030.
A lanciare l’appello è il dossier World Population Ageing 2019: Highlights pubblicato il 10 ottobre dalla Divisione sulla Popolazione del Dipartimento delle Nazioni unite per gli affari economici e sociali dell’Onu (Undesa), che analizza la popolazione mondiale e il suo invecchiamento in relazione all’Agenda 2030.
Secondo il Rapporto, oggi gli anziani di 65 anni e oltre di età rappresentano un quinto della popolazione in 17 Paesi ed è previsto che nel 2100 questo fenomeno riguardi altri 155 Paesi, raggiungendo nel 2100 il 61% della popolazione mondiale.
Finora, l’invecchiamento della popolazione, dovuto al miglioramento delle aspettative di vita e al declino significativo della fertilità, è stato particolarmente rapido in Asia orientale e in Asia sud-orientale, dove risiede il maggior numero di anziani del mondo con 260 milioni di individui, Europa e America del nord, con oltre 200 milioni, e America Latina e Caraibi, dove è previsto un aumento del fenomeno nei prossimi decenni, insieme all’area dell’Africa settentrionale.
L’aumento dell’invecchiamento, afferma il dossier, è legato a doppio nodo con i modelli di produzione e di consumo, tanto da richiedere un bilanciamento dei fondi pensionistici laddove le persone anziane fanno affidamento quasi esclusivamente sui finanziamenti pubblici per vivere, come in America Latina e in Europa.
In questi casi, l’incremento di popolazione anziana potrebbe aumentare la pressione fiscale sul settore pubblico, diversamente da dove il sostentamento degli anziani ricade prevalentemente sugli individui e sulle famiglie, come in Asia meridionale e sud-orientale, o sull’unione di redditi privati e fondi pubblici come Australia, Messico, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, Giamaica e Singapore, o infine su un bilanciamento tra i diversi fondi come in Asia orientale.
Con politiche oculate, però, afferma il Rapporto, questo fenomeno non conduce inevitabilmente al declino macro-economico, anzi, grazie a politiche scelte ad hoc, può accadere esattamente il contrario.
Dare la possibilità alla popolazione anziana di provvedere al proprio mantenimento anche con fondi privati e soprattutto con guadagni e salari è una delle raccomandazioni del Rapporto in linea con il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Grazie a un piano di riforme, che azzera le discriminazioni di età sul lavoro, favorisce il benessere della popolazione e promuove l’apprendimento continuo, infatti, sarà possibile favorire lo sradicamento della povertà (SDG 1), garantire una vita sana e benessere a tutte le età (SDG 3), raggiungere la parità di genere (SDG 5), offrire un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti (SDG 8) indipendentemente dall’età, incentivare la riduzione della disuguaglianze all’interno dei Paesi (SDG 10) e favorire la creazione di città e di insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili (SDG 11), con il risultato di rendere la popolazione anziana, sia maschile che femminile, in buona salute e autonoma economicamente, perché in grado di procurarsi dei guadagni, in una società che la valorizza e la include nei processi produttivi, politici e sociali.
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di Viola Brancatella