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La crisi climatica impatta fortemente sulla salute di noi italiani
Lo studio Iiph ricorda che il riscaldamento globale fa aumentare le malattie infettive e le malattie mentali, incentiva le migrazioni e intensifica gli eventi estremi. Le soluzioni ci sono ma servono misure urgenti. 28/7/22
Il cambiamento climatico incide pesantemente sulla salute di noi esseri umani. La connessione è sempre più oggetto del lavoro di ricerca, si amplia così la letteratura scientifica disponibile sul tema.
Questa volta è toccato all’Italian institute for planetary health (Iiph) fare un passo in avanti sull’argomento. Grazie infatti alla pubblicazione del 22 luglio “Il cambiamento climatico in Italia: l’impatto sulla salute umana e i processi di adattamento” l’istituto ha esaminato cause ed effetti dell’aumento della temperatura nel nostro Paese. Partendo dalla seconda parte dell’ultimo report Ipcc, quella dedicata proprio all’adattamento e a quanto siamo vulnerabili di fronte alla crisi climatica, il documento dell’Iiph dimostra chiaramente che il cambiamento climatico sta già danneggiando la salute delle persone.
Il benessere umano viene influenzato in vari modi, per esempio il riscaldamento globale: aggrava le patologie; provoca lesioni e morti per via degli eventi estremi come inondazioni, incendi e ondate di calore; aumenta la diffusione di malattie e il rischio di sviluppare malattie mentali (per esempio si parla di “ecoansia”, sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare); senza dimenticare che provoca effetti anche sui mezzi di sussistenza a disposizione e incide sul fenomeno migratorio e sui conflitti. La crisi climatica è già qui e colpirà sempre più duramente.
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Clima e salute: in tutto il mondo si registrano perdite di benessere
Una stima al 2019 dell’Ipcc evidenzia che le malattie di tipo dirette (eventi estremi) e indirette (inquinamento) associabili al clima si collegano al 69,9% dei decessi globali, con le malattie cardiovascolari a essere quelle con la percentuale maggiore, al 32,8%.
In molte regioni del mondo sono stati già raggiunti i limiti della tolleranza fisiologica umana al calore, inoltre temperature più calde sono associate a una riduzione stimata del 5% della produttività del lavoro negli ultimi 15 anni, del 10% nei Paesi a basso reddito.
“La gravità dei rischi per la salute legati al clima dipende fortemente da quanto i sistemi sanitari pubblici riescono a proteggere le persone – sottolinea l’Iiph -. Il cambiamento climatico minerà la capacità dei sistemi sanitari pubblici di fronteggiare le malattie, in particolare nelle regioni povere di risorse. La tensione sui sistemi sanitari ed economici continuerà a crescere man mano che gli eventi climatici estremi diventeranno più frequenti e intensi”.
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In aumento le malattie infettive
Il Covid-19 insegna: la pandemia ha mostrato sia quanto siamo vulnerabili, in qualità di “specie” umana, e sia quanto lo sono i nostri sistemi sanitari. Ma la diffusione del virus è soltanto l’ennesima dimostrazione di come tutto è connesso e di come tutto parta dall’alterazione degli ambienti naturali da parte dell’uomo. Sono in aumento, infatti, le malattie infettive “emergenti” a causa di una serie di fattori, tra cui: lo spostamento di animali selvatici e dei loro parassiti in nuove aree a causa del cambiamento climatico, del commercio globale e dei viaggi; l’intrusione umana e la riconversione di aree naturali a scopo agricoli o per l’estrazione di materie prime; l’aumento del commercio e del consumo di specie selvatiche; l’aumento della mobilità umana derivante dal commercio globale, dalla guerra, dai conflitti e dal fenomeno migratorio; l’uso diffuso di antimicrobici, che possono promuovere infezioni resistenti agli antibiotici.
“Abbiamo le soluzioni a portata di mano per ridurre il rischio di pandemie, affrontare il cambiamento climatico, migliorare la giustizia sociale e proteggere la biodiversità. I Paesi possono affrontare contemporaneamente l'attuale pandemia ed aumentare la resilienza ai cambiamenti climatici. Ci sono tanti altri modi per affrontare le vulnerabilità e le ingiustizie sociali nelle società e per far fronte a una serie di shock e stress”.
Spostamenti e migrazioni
È ormai noto che la crisi climatica alimenta il flusso migratorio, sul tema l’Ipcc identifica quattro categorie: migrazione adattativa (quando lo spostamento da un sito a un altro è il risultato di una scelta individuale o familiare); sfollamento involontario (quando le persone hanno poche o nessuna opzione se non quella di spostarsi); trasferimento organizzato di popolazioni da siti altamente esposti ai rischi climatici; immobilità (l'impossibilità di spostarsi da aree ad alta esposizione per ragioni culturali, economiche o sociali).
Le migrazioni legate al clima che cambia interessano, per il momento, soprattutto i Paesi più poveri “dove spesso manca una rete di solidarietà che sostenga le popolazioni quando avvengono disastri climatici”. Tuttavia nessuno è immune, basti pensare che “negli ultimi cinquant'anni, in Europa, le vittime registrate legate ai disastri climatici sono state moltissime: 65 mila persone uccise dalla siccità, 577mila dalle tempeste, 58mila dalle inondazioni, 55mila dalle temperature estreme”.
Un fenomeno che interessa da vicino anche l’Italia: in “alcune realtà locali, quali la città di Venezia” la crisi climatica “sta già causando la migrazione delle popolazioni residenti verso comuni e paesi dell'entroterra. Inoltre, alcune regioni del Sud Italia, tra cui Sicilia, Puglia e Calabria, condividono il rischio di desertificazione con oltre il 25% della popolazione mondiale. In queste aree, a causa del riscaldamento globale crescente, la scarsità di risorse idriche rappresenta un problema reale e la domanda di risorse idriche rischia di eccedere a breve le disponibilità”.
Incendi, caldo estremo e siccità: l’Italia nel mirino della crisi climatica
Nel 2021 il nostro Paese ha subito il maggior numero di incendi (1422) in Europa, mentre è secondo dietro la Turchia se analizziamo la superficie boschiva “andata in fumo” (il 90% degli incendi si è registrato nei mesi di luglio e agosto).
Nel 2020, invece, l’Italia ha fatto registrare uno dei maggiori incrementi di temperatura in Europa: +1.54°C rispetto alla media del periodo 1961-1990. Viene poi confermato il fatto che il nostro Paese continua a “surriscaldarsi” più della media globale e che diminuiscono le precipitazioni sul suolo nazionale, soprattutto in primavera. Di pari passo, cresce il numero di eventi climatici estremi, come mostrato nel seguente grafico (figura 3 dello studio).
Se parliamo di ondate di calore, queste “possono avere gravi implicazioni per la salute: dalla disidratazione ad episodi di ischemia, alla diminuzione del benessere mentale, all'aggravamento delle condizioni di salute di persone con patologie croniche preesistenti, fino alla morte”.
Inoltre “il caldo estremo aggrava i problemi nell'Italia urbana, dove il calore urbano è sovrapposto al riscaldamento regionale. Ciò colpisce in particolare i gruppi svantaggiati dal punto di vista socio-economico. I dati del 2019 confermano una tendenza al riscaldamento in tutte le aree urbane prese in considerazione, con aumenti record a Perugia di +2,4°C, seguita da Milano e Roma con +2,1°C e da Torino con +1,9°C. A Roma, la mortalità giornaliera dovuta alle ondate di calore estive è maggiore del 22% nella popolazione over 50 nei periodi estivi” rispetto alla media 1971-2000.
Tenderanno poi a diminuire le risorse idriche a nostra disposizione, con una situazione peggiore per il sud Italia. Già oggi comunque esistono criticità e abbiamo esempi di stress idrico, con profonde implicazioni per i settori dell’agricoltura, del turismo, dell’energia e della produzione industriale.
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Le soluzioni ci sono ma servono misure urgenti
Il rapporto ricorda che, nonostante tutto, non stiamo affrontando una battaglia a mani nude. Le soluzioni per costruire un vero One health ci sono, ma vanno messe in pratica il prima possibile per evitare l’ingigantirsi di effetti “dolorosi” per la salute umana. “Rendere la salute umana resiliente richiede di prevenire gli impatti del cambiamento climatico stesso, identificando le popolazioni vulnerabili e migliorando le misure di protezione della salute. Tra queste, la riduzione delle disuguaglianze socioeconomiche può attenuare, inoltre, anche la vulnerabilità delle persone nei confronti dei rischi per la salute legati al clima.”
Lo studio infine sottolinea come agire sul tema sia la cosa più conveniente da fare, anche in termini economici, dato che “i benefici per la salute superano di gran lunga i costi” da sostenere per far fronte alla crisi climatica.
Strategie resilienti e di riduzione delle emissioni di gas serra ricadono positivamente anche sulla qualità delle nostre acque, dell’aria e del suolo, e migliorano la salute mentale. Insieme alla promozione di una stile di vita più dinamico e attento all’alimentazione, queste strategie vengono considerate tutte di tipo “win win” per tutelare la salute di tutti e tutte.
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