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Ocse: +40% degli over 50 a rischio esclusione dalla forza lavoro nel 2050
Incentivi al pensionamento posticipato, sostegno alle aziende, apprendimento permanente: sono le basi per l’impiego lavorativo di una popolazione che invecchia. L’Ocse delinea la strada, ma alcuni Paesi, tra cui l’Italia, restano indietro 6/9/2019
“I governi devono intraprendere azioni significative per incrementare le opportunità di lavoro in età avanzata”, afferma l’Ocse. “Di fronte al rapido invecchiamento della popolazione, gli Stati dovranno promuovere migliori opportunità di lavoro per proteggere gli standard di vita e la sostenibilità delle finanze pubbliche”. Il rapporto “Working Better With Age”, pubblicato dall’Ocse il 30 agosto, affronta la delicata questione dell’invecchiamento generale della popolazione ed elabora le linee politiche per trasformare questa sfida in un’opportunità.
“Bisogna sviluppare una crescita inclusiva estendendo la vita lavorativa e facendo un uso migliore delle conoscenze e abilità degli anziani”, dichiara il documento. Infatti, grazie all'aumento dell'aspettativa di vita e ad alcune efficienti riforme politiche, le persone di età compresa tra 55 e 64 anni sono, al giorno d’oggi, più attive che mai. Negli ultimi dieci anni, la loro partecipazione alla forza lavoro è aumentata di otto punti percentuali per raggiungere il 64% nella media Ocse nel 2018. “Allo stesso tempo si prevede però che l'età media della popolazione aumenterà da 40 anni nel 2018 a 45 nel 2050” avverte l’Ocse, e il rapporto tra gli anziani di età pari o superiore a 65 anni e le persone in età lavorativa (15-64 anni) potrebbe passare da uno su quattro, come accade oggi, a due su cinque nel 2050. Ciò potrebbe causare un aumento del 40% del numero di persone oltre i 50 anni al di fuori della forza lavoro. Paesi come l’Italia, la Grecia e la Polonia, che non hanno attuato riforme significative in questo senso, potrebbero avere una percentuale anche maggiore di persone anziane al di fuori della forza lavoro nel prossimo futuro.
Per queste ragioni, la riduzione degli incentivi alla pensione anticipata e la gratificazione dell'occupazione in età avanzata sono state al centro dell'agenda politica di molti Paesi. "Il fatto che le persone vivano più a lungo e in una salute migliore è un risultato da celebrare", ha affermato Stefano Scarpetta, direttore dell'Ocse per l'Occupazione, il lavoro e gli affari sociali, in occasione del lancio del Rapporto a Tokyo. Ritardando infatti l'età media in cui i lavoratori più anziani vanno in pensione e riducendo il divario di genere, l’aumento medio delle persone fuori dalla forza lavoro potrebbe essere ridotto al 9%.
La relazione sottolinea che sono stati compiuti molti progressi significativi per incoraggiare i lavoratori più anziani a proseguire l’attività fino a 65 anni. Tuttavia, in quasi tutti i Paesi Ocse, l'età effettiva in cui gli anziani escono dal mercato del lavoro è più bassa rispetto a 30 anni fa, nonostante un’aspettativa di vita più alta. Ciò può essere spiegato da una combinazione di scarsi incentivi, riluttanza dei datori di lavoro ad assumere e trattenere dipendenti più anziani e investimenti insufficienti.
Le norme sull'occupazione e le retribuzioni per anzianità devono dunque essere implementate, in modo da aumentare la domanda per le fasce più anziane e scoraggiare il ricorso a forme precarie di occupazione dopo una certa età. Sono inoltre necessarie maggiori flessibilità e migliori condizioni. Ad esempio, turni di molte ore consecutive possono dissuadere una percentuale di persone anziane dal lavorare più a lungo e impedire ad alcune donne, di ritorno da periodi di maternità, a perseguire carriere lavorative longeve. Inoltre, cattive condizioni lavorative in giovane età possono portare a problemi di salute e al pensionamento anticipato.
“È molto importante investire nelle competenze” aggiunge l'Ocse. Infatti, tra le difficoltà di integrazione tra fasce d’età differenti spicca sicuramente il gap digitale (allargatosi negli ultimi anni) tra anziani e nuove generazioni. "Un fattore chiave che impedisce ai lavoratori over 50 di colmare il divario di competenze sta nel fatto che i datori non vedono i vantaggi di investire nella loro formazione", ha affermato Stefano Scarpetta. "Fornire opportunità per migliorare queste competenze è un requisito fondamentale per favorire una vita lavorativa più lunga".
L'Ocse, sulla base delle raccomandazioni del Consiglio Ocse per le politiche sull’occupazione e l’invecchiamento, ha dunque richiesto ai governi di intraprendere azioni in tre grandi aree:
- premiare il lavoro in età avanzata, garantendo che il sistema pensionistico incoraggi e ricompensi il pensionamento successivo, limitando l'uso di piani di prepensionamento e scoraggiando il pensionamento obbligatorio;
- incentivare i datori di lavoro a trattenere e assumere lavoratori più anziani, cercando una migliore corrispondenza tra costi e produttività;
- promuovere l'occupabilità durante la vita lavorativa, migliorando l'accesso all'apprendimento permanente e al riconoscimento delle competenze.
“In questo modo”, conclude l’Ocse, “verrà inoltre garantito che le prestazioni previdenziali siano utilizzate per fornire sostegno al reddito per coloro che non sono in grado di lavorare o cercano attivamente lavoro, e non per onerosi piani di prepensionamento, come accade oggi”.
di Flavio Natale