Approfondimenti
La solitudine e le relazioni sostenibili. Emozioni e consapevolezza
di Silvia Ruggiero, dirigente psicologa dell’Asl di Taranto
Siamo in bilico tra la calma apparente delle solitudini e le destabilizzazioni delle relazioni complicate. Persi nelle nostre paure e nelle nostre ferite e sedotti dalla solitudine.
23 luglio 2025
Siamo in bilico tra la calma apparente delle solitudini e le destabilizzazioni delle relazioni complicate. Persi nelle nostre paure e nelle nostre ferite. Sedotti dalla solitudine e senza strumenti per costruire relazioni sostenibili, significative e costruttive. Trascinati in conflitti inutili dove tutti perdiamo qualcosa e nessuno guadagna. Possiamo coltivare la nostra solitudine o instaurare relazioni significative e sostenibili orientate alla ricerca di equilibri dinamici tra dimensione personale, economica, sociale e ambientale.
È indispensabile una lettura dei meccanismi personali e sociali alla base delle nostre scelte, al fine di restituire lo spazio alle emozioni e riportarle alla consapevolezza, per dare un senso e una spiegazione ai nostri comportamenti e alle nostre relazioni.
Se non siamo in pace con noi stessi non possiamo portare pace. Educarci al benessere emotivo, all’equilibrio personale, alla comprensione delle ragioni degli altri è alla base di società non violente, collaborative, inclusive e quindi sostenibili così come si prefigge l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Poiché il nostro modello attuale di sviluppo risulta insostenibile non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale, secondo l’Agenda 2030, lo sviluppo sostenibile passa inevitabilmente attraverso tre dimensioni: economica, sociale ed ecologica.
Il fine ultimo è proprio quello di porre fine alla povertà, di lottare contro l‘ineguaglianza, e di affrontare i cambiamenti climatici, per costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani.
Talvolta diamo per scontato il tema della sopravvivenza e viviamo come se dovessimo vivere per sempre, come esseri umani e come specie, qualunque cosa accada e invece dobbiamo essere più consapevoli e coltivare relazioni sostenibili per comunità umane sostenibili.
E per raggiungere tali obiettivi occorre passare attraverso la parte più profonda di noi al fine di attivare un cambiamento personale e comportamentale significativo, un cambiamento che veda coinvolta la nostra capacità di instaurare e mantenere relazioni significative, costruttive e sostenibili, superando le solitudini immense che questo mondo spesso ci porta a vivere. Tale percorso passa inevitabilmente attraverso le emozioni e l'autoconsapevolezza senza le quali la comunicazione non piò essere comprensibile, credibile, efficace e costruttiva. Abbiamo bisogno di essere in relazione con gli altri, di sentirci capiti, visti, accettati.
Ma cos’è la solitudine? “Una condizione psicologica”, come la definisce il prof. Galimberti nel suo Dizionario di psicologia, che nasce dalla mancanza di significativi rapporti personali o dall’averne meno o meno profondi di quanto si desideri.
Ma possiamo definirla anche un’emozione immediata e transitoria o un sentimento, se perdura nel tempo.
Di fatto, la solitudine la sentiamo con il corpo e ci sono diversi studi che la mettono in relazione con altri problemi di natura sociale ma anche di natura sanitaria. Diverse ricerche, infatti, l’hanno correlata con un aumento del rischio dell’ipertensione e del rischio per malattie cardiovascolari, per obesità e colesterolo, per demenza e per il Parkinson. È stato dimostrato che la sensazione costante di solitudine incide sullo stile di vita complessivo e sull’aspettativa di vita.
Vediamo invece ora il lato positivo: la solitudine è una sensazione potentissima che ha salvato la specie umana perché ha spinto gli uomini e le donne a ricercare la vicinanza dell’altro, non solo per una funzione strumentale concreta e momentanea ma proprio per un profondo benessere personale complessivo.
Già la teoria dell’attaccamento di Bowlby ci spiega il meccanismo biologico e quindi sociale per cui il bambino piccolo preferisce stare vicino ad un altro essere che offra calore anziché un essere che offra cibo.
Successivamente Mary Ainsworth ha identificato diversi stili di attaccamento che influenzano, anche a distanza di tempo, il modo in cui vengono instaurate e mantenute le relazioni sociali.
La sensazione di solitudine ci spinge verso un comportamento prosociale ma quando è profondissima, probabilmente quando è il frutto di uno stile di attaccamento risultante da interazioni negative, diventa dolore e chiusura al mondo e può portare a comportamenti disfunzionali fino a gesti autolesionistici estremi. Di fatto, se nessuno si è preso adeguatamente cura di noi, noi non impariamo a farlo e quindi difficilmente riusciremo ad avere cura per noi stessi. E questo non solo per un’incapacità materiale ma anche per quella dolorosissima sensazione di non sentirci adeguati e degni di cure.
Possiamo coltivare la nostra solitudine o instaurare relazioni significative e sostenibili. La ricerca della maggiore sostenibilità possibile del nostro agire è imprescindibile.
Ma come possiamo lavorare per un equilibrio sociale se siamo in difficoltà con noi stessi e con le decisioni che riguardano il nostro agire quotidiano?
La psicologia dovrebbe aiutarci a rendere sostenibili le nostre relazioni. L’uomo è un essere “relazionale”: senza relazioni sostenibili non può mantenersi in vita.
Una prima regola per instaurare e mantenere relazioni sostenibili potrebbe essere: non giudicare, non perdonare, non accettare ma comprendere. Comprendere il punto di vista degli altri, la loro realtà.
Capirsi, vale a dire capire e farsi capire, sono obiettivi che dovremmo avere sempre presenti se vogliamo che la nostra vita possa essere significativamente positiva per gli altri o almeno significativamente accettabile per noi stessi. Viviamo vite spesso così frammentate e isolate, anche se connesse, in cui l’altro diventa tanto incomprensibile da rappresentare una minaccia. E anche noi possiamo essere visti come “l’altro minaccioso”, anche se stentiamo a crederlo.
Dovremmo comprendere quali sono le emozioni di base che ci animano, quale la nostra musica di sottofondo, ovvero quali emozioni ci direzionano, di cosa abbiamo paura, quale tipo di appagamento cerchiamo, da cosa fuggiamo, quali sono le ferite che portiamo con noi in giro per il mondo e quali meccanismi di difesa utilizziamo prevalentemente per proteggerci dal dolore, per evitare di sentire la sofferenza che ci procurano.
Non giudicare ci permette di avvicinarci all'altro e di diradare la nebbia della solitudine.
La ragione, la razionalità, il pensiero logico e le emozioni e i sentimenti sono facoltà tipicamente umane che non dovrebbero vicendevolmente escludersi ma integrarsi. L’intelligenza emotiva ci ha salvato, le emozioni quali ad esempio la paura e il disgusto ci hanno aiutato a sopravvivere ai pericoli, l’empatia ci ha aiutato a collaborare e a fornire le basi alle varie forme sociali umane.
In epoche storiche diverse abbiamo posto l’accento sul pensiero logico piuttosto che sulle emozioni o sulla contrapposizione tra le due categorie. Il mondo attuale è ipercomplesso e ogni risorsa di cui disponiamo dovrebbe essere utilizzata al meglio anche solo per consentirci la mera sopravvivenza. Ma mentre il pensiero logico è stato indagato approfonditamente fino ad arrivare alla creazione dell’intelligenza artificiale e degli umanoidi, il mondo emotivo è ancora poco esplorato e sconosciuto ai più e le informazioni condivise sono scarse e spesso fuorvianti.
La scarsità di consapevolezza e quindi la difficoltà di comunicare le questioni attinenti al mondo emotivo creano un ostacolo allo sviluppo di relazioni sufficientemente sostenibili e significative. Se non siamo in sintonia con noi stessi, con il nostro mondo interno, con le nostre emozioni, non riusciamo ad essere sufficientemente empatici con gli altri e aumentiamo il rischio di incomprensioni, fraintendimenti, conflitti, distanze e solitudini.
La nostra cultura occidentale ci ha insegnato a dare molto credito alla nostra ragione, al pensiero logico matematico. Ci basti pensare a come sono impostati i programmi scolastici. Matematica, scienze, geografia, storia della letteratura, la storia dell’uomo vista attraverso le battaglie per possedere i territori e le cose materiali. Il patimento, le emozioni, i dubbi sulla nostra vita, le delusioni relazionali, gli slanci emotivi e gli affetti: nulla di tutto ciò è dato come materia di insegnamento se non condensato nello studio della poesia (che spesso è antica e trattata evidenziando la metrica o il contenuto storico piuttosto che l’aspetto emotivo).
Le emozioni sono relegate e associate alle punizioni: a scuola impari molto presto che non puoi esprimere la rabbia, che la gelosia e l’invidia sono negative, che la felicità va contenuta, che la tristezza è inutile, che la vergogna è una leva utilizzata per i ricatti degli insegnanti o dei compagni, che la paura è per i deboli, che non si piange, che gli slanci emotivi verso qualcuno vanno nascosti.
Si impara presto a camuffare le emozioni, a non esprimerle, a nasconderle, a non assecondarle.
È difficile vivere in un mondo in cui le emozioni vengono relegate a orpelli negativi e con la convinzione che vadano eliminate quanto prima perché interferiscono con l’organizzare e pianificare una vita adeguata alle richieste sociali. Infatti, parte del malessere che avvertiamo spesso arriva proprio da questo meccanismo perverso di evitamento e occultamento delle emozioni.
Il problema è che le emozioni ci sono e fanno parte di noi, di come funzioniamo, negarle è inutile e controproducente. Molti scritti si sono prodotti su come gestire le emozioni con la mente, con la razionalità, molti studiosi si sono impegnati a trovare strategie di controllo delle emozioni.
Così, mentre da un lato ci rendono inconsapevoli e inabili emotivamente, dall’altro poi sfruttano questa nostra ignoranza emotiva riuscendo e mercificare l’emozione in previsione dell’azione successiva. L’emozione è diventata un oggetto di mercato del quale gli specialisti del nostro tempo libero calcolano accuratamente l’impatto, la stessa cosa probabilmente fanno i politici, animando dibattiti su un argomento piuttosto che un altro, una paura piuttosto che un’altra, spostando opinioni, voti o capitali, in funzione del tema scelto per l’impatto emotivo con il pubblico e per la reazione comportamentale successiva.
Spesso ci sfugge che l’azione segue l’emozione, l’azione è conseguenza dell’emozione più che del pensiero logico.
Nella sezione “approfondimenti” offriamo ai lettori analisi di esperti su argomenti specifici, spunti di riflessione, testimonianze, racconti di nuove iniziative inerenti agli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Gli articoli riflettono le opinioni degli autori e non impegnano l’Alleanza. Per proporre articoli scrivere a redazioneweb@asvis.it. I testi, tra le 4mila e le 10mila battute circa più grafici e tabelle (salvo eccezioni concordate preventivamente), devono essere inediti.
