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Per salvare la barriera corallina si sperimentano alternative biotecnologiche
Con economie e culture locali a forte rischio, la scienza propone soluzioni: dagli allevamenti di coralli alle larve di corallo, fino alla creazione di razze coralline geneticamente elastiche per far fronte ai cambiamenti climatici.
“Gli ecosistemi della barriera corallina si stanno erodendo a causa dei danni catastrofici degli agenti atmosferici. L'innalzamento delle temperature superficiali del mare e l'acidificazione degli oceani dovrebbe distruggere più del 90% delle barriere coralline entro il 2050”. Queste le dichiarazioni di Bartlomiej Kolodziejczyk ed Edward Perello, studiosi rispettivamente di nanotecnologia alla Carnegie Mellon University e biologia sintetica alla George Mason University, autori dell’articolo “Catastrophic risk to ecosystems puts biotechnology fixes on the table”. L’articolo, pubblicato dalla Brookings Institution, importante centro di ricerca americano, si concentra sulle dinamiche di erosione della barriera corallina e sulle possibili soluzioni al problema.
“Le barriere coralline sono tra gli ecosistemi più preziosi del pianeta”, affermano i due ricercatori. “Non solo sono importanti siti di eredità e tradizioni culturali, ma forniscono anche servizi ecosistemici cruciali: proteggono le comunità dall'erosione costiera, forniscono milioni di posti di lavoro nel campo della pesca e del turismo e calorie incalcolabili a 500 milioni di persone a livello globale”.
Inoltre, le economie e le culture locali sono fortemente dipendenti da questa risorsa. “Le infrastrutture naturali contribuiscono fino a 145 miliardi di dollari all'anno, ma non sono infinite”, dichiara l’articolo. Di conseguenza, drammatici cambiamenti negli ecosistemi potrebbero portare anche a pesanti turbolenze nel tessuto sociale ed economico degli stati precedentemente bio-abbondanti e delle economie regionali che si sostengono tramite queste risorse.
Date le premesse, scienziati di tutto il mondo stanno valutando una serie di piani di sviluppo tecnologico per acquisire tempo in vista di un adattamento o manipolazione futuri, “almeno fino a quando i modelli di comportamento umano non si riprenderanno”. Le opzioni sul piatto oscillano dagli allevamenti di coralli alla semina di barriere coralline con larve di corallo.
Tra le opzioni sul tavolo c'è anche la biotecnologia, con proposte per lo sviluppo di razze coralline geneticamente elastiche. Potenziali progetti comportano l'identificazione dei geni di tolleranza termica e l'utilizzo di tali conoscenze in programmi di selezione selettiva.
Questi approcci sono stati definiti come biologia sintetica. “La biologia sintetica”, spiegano i due ricercatori, “può essere vista come un grande contenitore di strumenti e principi high-tech che hanno permesso alla biologia del 21esimo secolo di diventare una disciplina ingegneristica al di sopra del suo ruolo tradizionale di campo che studia la vita”. Infatti, combinando modelli predittivi al computer, con una profonda comprensione della genetica (tramite il sequenziamento del Dna), gli ecosistemi potrebbero essere "modificati" aggiornando le abilità degli organismi per far fronte a catastrofi e stress.
L’Ong Revive & Restore sta navigando in questa direzione, promuovendo l'applicazione di strumenti genetici in risposta a problemi di conservazione. Tom Maloney, direttore della sezione “Scienza della conservazione” di Revive & Restore, spiega: "La biologia sintetica offre nuove prospettive per fermare il declino piuttosto che rallentarlo. Un kit di strumenti genetici può trasformare alcuni elementi del campo, aiutando tecniche di conservazione più tradizionali come la selezione selettiva, o può condurre a progetti più ambiziosi come la de-estinzione".
Innumerevoli specie ed ecosistemi potrebbero beneficiare della biologia sintetica oltre alle barriere coralline. Revive & Restore sta lanciando con successo compagnie farmaceutiche per adottare un'alternativa sintetica al sangue di granchio attualmente utilizzato nella ricerca biomedica; oppure, il “Progetto americano di ricerca e restauro della castagna” ha sviluppato alberi tolleranti la ruggine per ripristinare un habitat una volta comune nelle foreste nordamericane.
Queste soluzioni suggeriscono che gli strumenti biotecnologici possono avere successo in contesti di conservazione, aprendo la strada affinché i paesi utilizzino tecniche di biologia sintetica per prevenire la trasformazione irreversibile dell'ecosistema.
Numerose sono però le sfide legislative da affrontare. La gamma ampia di applicazioni per la biotecnologia e i grandi guadagni connessi ha portato a una battaglia senza frontiere tra agenzie di regolamentazione per possedere il dominio sul campo: il risultato è un insieme molto frammentato e sempre crescente di regimi di governance nazionale che spesso ostacolano un uso ragionevole della tecnologia. "La comunità normativa non dispone ancora di framework per valutare l'implementazione di questi strumenti", afferma Tom Maloney; inoltre, “ci sono standard molto alti da dover rispettare". Ad esempio, negli Stati Uniti, il Dipartimento dell'Agricoltura, la Food and Drug Administration e l'Environmental Protection Agency valutano ogni nuova biotecnologia tramite numerose prove sul campo.
Un processo di implementazione legislativa è necessario tanto quanto quello tecnologico. Infatti, conclude il documento, “Per distribuire utilmente le biotecnologie, i responsabili delle politiche devono imparare a navigare attentamente su un ecosistema completamente diverso, uno interamente costituito da persone, società, leggi e storia, che è forse persino più difficile della scienza stessa”.
di Flavio Natale