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VITA SOTT'ACQUA

Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile

Oltre tre miliardi di persone nel mondo dipendono dalla biodiversità marina e costiera per il loro sostentamento. Secondo gli ultimi dati 2021, risulta che di questo passo entro il 2050 avremo più plastica che pesci nei nostri mari. A fronte di una media europea del 77,8%, in Italia gli stock ittici sono sovrastruttati al 91,4%. 

Notizie

Dalle balene ai pipistrelli, con il declino delle specie non c’è futuro per gli umani

Un’analisi del Wwf evidenzia i rischi dell’estinzione accelerata a cui stiamo andando incontro. Anche in ambito sanitario, con la possibile scomparsa di preziosi farmaci di origine naturale. [VIDEO21/2/24

mercoledì 21 febbraio 2024
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Secondo gli scienziati stiamo assistendo alla sesta estinzione di massa. La differenza rispetto al passato è la velocità con cui sta accadendo, mille volte più veloce. Talmente veloce da provocare un declino della biodiversità. Lo afferma il rapporto del Wwf Italia “Effetto domino: salvare le specie per non estinguerci” lanciato in occasione del Darwin Day, lo scorso 12 febbraio, insieme alla campagna “Our Nature". L’estinzione è un fenomeno ricorrente, ma molto lento. Si stima che il 99,9% delle specie viventi che hanno abitato la Terra oggi non esistano più. Ogni specie si evolve, sottolinea lo studio, si adatta all’ambiente e al clima nel quale vive, e prima o poi (normalmente dopo milioni di anni) lascia spazio ad altre forme di vita, che meglio sanno adattarsi ai cambiamenti ambientali in corso.

Effetto domino

La rivoluzione industriale, la crescita della popolazione umana l’espansione delle città hanno accelerato gli impatti sulla biodiversità. La perdita di una specie causa un effetto “domino”, che favorisce l’estinzione di altre specie, con ripercussioni che non riguardano solo gli ecosistemi. È evidente che la nostra salute dipende dalla natura ma non tutti hanno ancora capito perché la perdita di biodiversità può, letteralmente, farci ammalare. Si pensi ad esempio alla diffusione della pandemia da Covid-19 o di altre malattie trasmesse da patogeni che hanno colpito l’uomo come conseguenza della distruzione degli ecosistemi. Man mano che perdiamo specie animali, gli ecosistemi si degradano perdendo il loro effetto barriera permettendo agli organismi patogeni di diffondersi più velocemente e di colpire la nostra specie.

Natura e sopravvivenza della specie umana

Il deterioramento della natura e la perdita di biodiversità hanno impatti sulla nostra salute, sul cibo e sul clima. Non tutti sanno che numerosi farmaci, tra cui i trattamenti per le malattie cardiache, il morbo di Parkinson e vari tipi di cancro, devono i loro principi a molecole di origine naturale, sintetizzate a partire da piante, funghi o organismi marini. L’estinzione di queste specie minaccia la produzione di molti dei nostri medicinali, oltre alla possibile produzione di nuovi farmaci. Numerosi studi mettono in relazione la scomparsa delle foreste con l’aumento dei casi di malattie come il colera e la dissenteria tra le popolazioni che non hanno più accesso all’acqua potabile. Ecosistemi forestali ben funzionanti regolano il deflusso delle piogge, raccolgono e filtrano l’acqua delle precipitazioni, riducendo il carico di inquinanti e fornendo acqua potabile. Quando le capacità ecologiche delle foreste si esauriscono, l’acqua diventa una pericolosa portatrice di patogeni. Molte specie di organismi filtratori, come ad esempio le cozze di acqua dolce, che contribuiscono alla qualità dell’acqua che beviamo, sono già estinte o sono sul baratro dell’estinzione.

Uno degli esempi più noti di perdita di natura negli ultimi anni è stato il declino degli impollinatori come api, pipistrelli e farfalle. Le piante che dipendono dall’impollinazione rappresentano il 35% del volume della produzione agricola globale e il continuo declino di queste specie, causato principalmente dalla distruzione degli habitat, rappresenta una grave minaccia per il benessere umano globale. Dal 1950 ad oggi, oltre il 35% dei terreni adatti alle colture è stato degradato dalle attività umane. Una situazione che pone all’umanità serie sfide per la futura sicurezza alimentare. A questo si aggiunge la perdita di capacità del suolo, privato dei suoi organismi, di svolgere un’importante funzione di assorbimento della CO2.

Per evitare future pandemie occorre tutelare il benessere animale e la natura

Il 75% delle nuove malattie infettive è di origine zoonotica: si generano per il distruttivo rapporto che l’essere umano ha con il mondo naturale. Necessari un approccio “One health” e anche una riduzione del consumo di carne.  11/10/23

Un equilibrio delicato

Anche il sistema climatico del nostro Pianeta è collegato a quello naturale. Ogni pianta, ogni animale, ogni organismo, ogni habitat grande o piccolo che viene cancellato per opera dell’azione umana contribuisce a destabilizzare il clima su scala locale e mondiale. Questo perché ogni organismo ha un ruolo importante nel suo ecosistema, e ogni ecosistema ha un ruolo importante nel sistema climatico. Una recente ricerca pubblicata su Science da un team di ricercatori di Yale e citata dal Wwf ha confermato che la presenza e l’abbondanza di animali selvatici in un certo habitat influisce sulla capacità degli ecosistemi di immagazzinare o scambiare carbonio. In alcuni casi, la riduzione o la scomparsa di alcune specie può determinare il passaggio di alcuni ecosistemi da “serbatoi” di carbonio a “sorgenti” di CO2.

Quando una balena muore, il carbonio contenuto nel suo corpo va a stoccarsi sul fondo degli oceani: si calcola che ogni grande balena sia capace di “sequestrare” in media 33 tonnellate di CO2. Oggi vivono solo un quarto delle balene una volta presenti sul pianeta. Stessa funzione per il fitoplancton, la base dell’intero sistema alimentare degli oceani che fornisce almeno il 50% di tutto l’ossigeno in atmosfera: questo insieme di microscopiche creature è in grado di sequestrare circa 37 miliardi di metri cubi di CO2 l’anno, circa il 40% di tutta quella prodotta, equivalente a quella catturata da 1.700 miliardi di alberi (più o meno l’equivalente di quattro foreste amazzoniche).

Proteggere la biodiversità. Alla luce di questi numeri, conclude il Rapporto, e secondo la Convenzione sulla Diversità Biologica, dobbiamo proteggere, entro il 2030, almeno il 30% delle terre emerse, delle acque dolci e dei mari e restaurare almeno il 30% degli ecosistemi degradati. Un traguardo raggiungibile attraverso due strade: potenziare la protezione e il restauro degli habitat e rafforzare la protezione e il ripristino di specie chiave.

Scarica il Rapporto

 

di Tommaso Tautonico

 

Fonte copertina: katarinagondova, da 123rf.com

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